Leonardo Martinelli per “la Stampa”
È il più atteso sul banco degli imputati, nel megaprocesso che inizia oggi a Parigi contro France Télécom (diventata Orange nel 2013), multinazionale francese della telefonia. Sì, Didier Lombard, che divenne presidente dell' azienda nel 2005, un anno dopo la privatizzazione (nel 2004 lo Stato era sceso sotto il 50% del capitale). France Télécom doveva ridurre il suo ciclopico debito, snellirsi e trasformare dipendenti pubblici in efficienti lavoratori del privato.
DIDIER LOMBARD
Proprio Lombard annunciò la soppressione di 22mila posti sui 110mila totali. Nel 2006 disse che avrebbe messo fuori migliaia di lavoratori «dalla porta o dalla finestra». Dopo che nel gruppo iniziarono a togliersi la vita a ripetizione (35 solo nel 2008-2009), il manager osò dire che «da noi questa moda del suicidio deve finire».
Ecco, proprio lui dovrà spiegare come venne provocato quel malessere in France Télécom. E se, come sospettano i giudici istruttori che hanno chiesto il rinvio a giudizio, non furono casi puntuali di mobbing ma un sistema istituzionalizzato, generalizzato e «pensato» per realizzare nel concreto il piano Lombard.
Oltre a lui, che è rimasto presidente fino al 2011 (ma operativo solo fino al 2010), vanno a processo anche due suoi ex collaboratori (Louis-Pierre Wenes, che era il numero due, e Olivier Barberot, già responsabile delle risorse umane) e altri quattro dirigenti di livello inferiore. Rischiano multe di 15mila euro e un anno di prigione.
Anche Orange viene giudicata per «molestie morali» (possibile una multa di 75mila euro). Ma soprattutto l' azienda rischia di dover creare un fondo d' indennizzo per tutti i «mobbizzati», che, secondo quanto dichiarato ieri da Patrick Ackermann, sindacalista di Sud, «potrebbero essere centinaia o anche migliaia di persone».
SUICIDI FRANCE TELECOM ORANGE
Il processo verte su 39 casi specifici: 19 lavoratori che si sono tolte la vita e 12 che tentarono il suicidio, senza riuscirvi, oltre a otto caduti in forte depressione. Come Yves Minguy, già tecnico informatico di France Télécom nel Nord del Paese. «Mi sono salvato solo grazie al sostegno di mia moglie», ha detto. Gestiva un servizio con una ventina di persone ma gliele tolsero una dopo l' altra, finché fu mandato al call-center. Quanto a Yonnel Dervin, ingegnere declassato, si presentò l' 8 settembre 2008 nella sede dove lavorava, a Troyes, e si piantò un coltello nello stomaco davanti a tutti: fortunatamente si salvò.
Un anno dopo, invece, Stéphanie, 32 anni, vittima di una girandola di trasferimenti, morì lanciandosi da uno degli edifici di France Télécom a Parigi, al 23 di rue Médéric.
SUICIDI A FRANCE TELECOM ORANGE
Per quei 22mila posti da sopprimere si volevano evitare licenziamenti secchi. E così a Cachan, alle porte di Parigi, venne addirittura creato un centro di formazione dove i dirigenti imparavano «a far accettare il cambiamento ai dipendenti». Intanto, Lombard, che oggi ha 77 anni, alle spalle una carriera di alto boiardo di Stato, in costante pingpong fra i ministeri e le aziende pubbliche, premeva perché si sposassero una volta per tutte i principi dell' industria privata. «L' azienda non nega la sofferenza dei salariati - sottolinea oggi una fonte vicina alla difesa di Orange - ma contesta di aver messo in piedi una politica destinata a destabilizzare i team lavorativi».
Quanto a Stéphane Richard, attuale presidente di Orange, non comparirà sul banco degli imputati, perché ha preso il posto di Lombard solo nel 2011. Assicura che «oggi mille persone lavorano nel gruppo per prevenire i rischi di tipo psicosociale». Richard, comunque, è imputato nel processo su Bernard Tapie, che sarebbe stato favorito per un rimborso miliardario dello Stato nel 2008 dalla ministra dell' Economia di allora, Christine Lagarde, di cui Richard era il braccio destro. Rischia tre anni di carcere. Il verdetto è previsto il 9 luglio. Negli stessi giorni dovrebbe concludersi anche il processo sui suicidi di France Télécom.
Stéphane Richard - France Télécom - Copyright AFP - Franck Fife FRANCE TELECOM