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    QUANDO LA MAFIA MISE NEL MIRINO MAURIZIO COSTANZO – NEL 1992 COSA NOSTRA, CON UN GRUPPO DI FUOCO COMPOSTO DA MAFIOSI DI BRANCACCIO E DELLA PROVINCIA DI TRAPANI (TRA CUI GIUSEPPE GRAVIANO E MATTEO MESSINA DENARO), SI ORGANIZZÒ PER UCCIDERE IL CONDUTTORE CHE, OLTRE A ESSERE AMICO DI FALCONE, SI ESPONEVA SPESSO CONTRO LA MAFIA - IL PRIMO TENTATIVO FU SOSPESO SU ORDINE DI RIINA. L’ANNO SUCCESSIVO MESSINA DENARO SI MIMETIZZO TRA IL PUBBLICO DEL TEATRO PARIOLI PER CAPIRE SE L’ATTENTATO SI POTEVA FARE LÌ – ALLA FINE L’AUTOBOMBA FU PARCHEGGIATA IN VIA FAURO, MA NON ESPLOSE PER… - VIDEO


     
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    1. MATTEO MESSINA DENARO E L’ATTENTATO A MAURIZIO COSTANZO E MARIA DE FILIPPI: “ALLA FINE I PECCATI SI PAGANO”

    Estratto dell’articolo di Elena Del Mastro per www.ilriformista.it

     

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    Il curriculum criminale di Matteo Messina Denaro è molto lungo: stragi, omicidi, rapimenti, estorsioni e anche attentati. Crimini che attraversano oltre 40 anni di storia d’Italia, dalla strage di Capaci a via d’Amelio, fino al rapimento e omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di Santino, collaboratore di giustizia ed ex mafioso. La strategia della mafia degli anni 80 e 90 era quella di eliminare fisicamente chiunque risultasse scomodo per qualche motivo. E tra questi c’era anche Maurizio Costanzo, il conduttore televisivo che spesso in quegli anni dal suo Show si schierò apertamente contro la mafia. E per questo per Messina Denaro e i suoi andava eliminato.

     

    LA FIRMA DI MATTEO MESSINA DENARO SUL DOCUMENTO DEL ROS DOPO LA CATTURA LA FIRMA DI MATTEO MESSINA DENARO SUL DOCUMENTO DEL ROS DOPO LA CATTURA

    A raccontare questo episodio è stato lo stesso Maurizio Costanzo anni dopo. “Mi risulta dai magistrati di Firenze che Matteo Messina Denaro sia venuto al Teatro Parioli durante il ‘Maurizio Costanzo Show’ per vedere se si poteva fare lì l’attentato, sarebbe stata una strage. Hanno deciso di farlo quando uscivo dal teatro”, ha raccontato Costanzo a “Un giorno da pecora”. Era il 1992 quando Messina Denaro fece parte di un gruppo di fuoco inviato a Roma da Riina per pedinare e uccidere Costanzo, Giovanni Falcone e il Ministro Claudio Martelli. L’attentato a Costanzo si sarebbe dovuto svolgere fuori al teatro Parioli a Roma, dopo che il conduttore televisivo aveva registrato una puntata del suo programma.

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    Costanzo insieme a Michele Santoro in quegli anni si esponeva spesso contro la mafia. […] Costanzo non teneva nascosta nemmeno la sua amicizia con il giudice Falcone e così la mafia lo prese di mira. Così un gruppo di fuoco composto da mafiosi di Brancaccio e della provincia di Trapani tra cui Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori, Lorenzo Tinnirello, Cristofaro Cannella e Francesco Geraci si spostò su Roma per mettere in pratica gli ordini.

     

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    Il gruppo per più giorni pedinò Costanzo. Poi quando tutto era pronto il gruppo fu richiamato da Riina in Sicilia e saltò. Ma fu solo rimandato. Nel maggio 1993 un altro gruppo di fuoco composto da mafiosi di Brancaccio e Corso dei Mille in cui però non c’era più Messina Denaro arrivò a Roma per mettere in pratica il piano. […] Venne rubata una Fiat Punto che fu riempita di tritolo e parcheggiata in via Fauro. Secondo quanto ricostruito successivamente dai magistrati, iIl primo giorno l’attentato fallì perché il congengo non esplose per un difetto. Il secondo giorno invece la bomba esplose ma Salvatore Benigno schiacciò il pulsante in ritardo perché con fuse l’auto su cui avrebbe viaggiato Costanzo. Così il presentatore e la moglie Maria de Filippi rimasero illesi, furono ferite invece due guardie del corpo. La paura fu tanta: nell’esplosione crollò il muro di una scuola, sei auto furono distrutte e sessanta danneggiate.

     

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    Nel 2018, Maria De Filippi raccontò, in un’intervista da Fabio Fazio: “Ho avuto paura per almeno due anni. Ero convinta di aver visto la persona che ha azionato la bomba. Vedo questo ragazzo che mi fissa fuori dai Parioli e io fisso lui, magari era un ragazzo qualsiasi”. […]

     

    Messina Denaro, non sarebbe risultato tra i presenti quel giorno ma fu considerato comunque tra i mandanti di quell’attentato. “Una gran bella notizia che si aspettava da 30 anni, alla fine della vita i peccati si pagano. Un evviva ai carabinieri del Ros, una bella soddisfazione”, ha detto Maurizio Costanzo, intervistato da LaPresse nel commentare l’arresto del superlatitante Matteo Messina Denaro dopo 30 anni di ricerche.

     

    2. MAURIZIO COSTANZO SHOW, I 40 ANNI DEL TALK SHOW DEI RECORD
    Estratto da www.repubblica.it – articolo del 27 aprile 2022

    […] Michele Santoro […] ha ripercorso quella giornata. "Sono arrivato a casa sua in una scena di guerra - ha detto - Ho visto Maurizio ancora frastornato, Maria (De Filippi, ndr) sul letto che non riusciva a proferire parola. Quello era un avvertimento alla tv: state esagerando, tornate a fare la televisione". 

     

    ATTENTATO DI VIA FAURO CONTRO MAURIZIO COSTANZO E MARIA DE FILIPPI ATTENTATO DI VIA FAURO CONTRO MAURIZIO COSTANZO E MARIA DE FILIPPI

     

    3. DINAMICA DELL’ATTENTATO A MAURIZIO COSTANZO

    Da www.it.wikipedia.org

     

    Nel febbraio 1992 un gruppo di fuoco composto da mafiosi di Brancaccio e della provincia di Trapani (Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori, Lorenzo Tinnirello, Cristofaro Cannella, Francesco Geraci) si spostò a Roma per uccidere Maurizio Costanzo; le armi e l'esplosivo necessarie per questi attentati vennero nascoste in un'intercapedine ricavata nel camion di Giovanbattista Coniglio (mafioso di Mazara del Vallo) per essere trasportate a Roma, dove vennero scaricate e occultate nello scantinato dell'abitazione di Antonio Scarano (spacciatore di origini calabresi residente a Roma legato a Messina Denaro).

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    Dopo alcuni appostamenti nel centro di Roma, il gruppo di fuoco non rintracciò il giudice Falcone e il ministro Martelli, decidendo quindi di ripiegare su Costanzo, che riuscirono a seguire per alcune sere dopo le registrazioni della trasmissione "Maurizio Costanzo Show". Tuttavia il boss Salvatore Riina ordinò a Sinacori di sospendere tutto e tornare in Sicilia perché “avevano trovato cose più importanti giù”.

     

    Nel maggio 1993 un altro gruppo di fuoco composto da mafiosi di Brancaccio e Corso dei Mille (Cristofaro Cannella, Cosimo Lo Nigro, Salvatore Benigno, Giuseppe Barranca, Francesco Giuliano) si portò nuovamente a Roma per compiere l'attentato a Costanzo e venne ospitato di nuovo da Scarano nell'appartamento di suo figlio.

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    Il gruppo, accompagnato da Scarano con la sua auto, effettuò vari sopralluoghi nella zona dei Parioli per individuare Costanzo e infine rubò una Fiat Uno; Scarano procurò anche un garage presso il centro commerciale "Le Torri" a Tor Bella Monaca, dove Lo Nigro e Benigno portarono l'auto rubata e provvidero a sistemarvi all'interno l'esplosivo, dopo averlo prelevato dallo scantinato di Scarano stesso. Nella stessa sera l'autobomba venne parcheggiata in via Fauro ma non esplose per un difetto del congegno, che venne riparato il giorno successivo sempre da Lo Nigro e Benigno.

     

    Quella sera, l'autobomba venne fatta esplodere ma Benigno schiacciò il pulsante del telecomando con qualche istante di ritardo perché aspettava Costanzo su un'Alfa Romeo 164, mentre comparve una Mercedes blu, non blindata, alla cui guida era l'autista Stefano Degni e al cui interno sedevano il presentatore e la sua compagna Maria De Filippi (che rimasero illesi), seguita da una Lancia Thema con a bordo le due guardie del corpo Fabio De Palo (rimasto ferito) e Aldo Re (che subì lesioni legate allo shock). Nell'esplosione subirono gravi danni i palazzi di via Fauro, della vicina via Boccioni e inoltre crollò il muro di una scuola che si trovava quasi di fronte al luogo della deflagrazione; circa sessanta auto parcheggiate nelle vicinanze rimasero danneggiate e altre sei finirono distrutte nell'esplosione

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    Le indagini ricostruirono l'esecuzione dell'attentato in base alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Vincenzo Sinacori, Francesco Geraci, Salvatore Grigoli, Pietro Romeo e, in particolare, quelle di Antonio Scarano (che aveva partecipato in prima persona all'attentato): nel 1998 Cristofaro Cannella, Salvatore Benigno, Cosimo Lo Nigro, Giuseppe Barranca, Gaspare Spatuzza, Francesco Giuliano e Antonio Scarano furono riconosciuti come esecutori materiali dell'attentato di via Fauro nella sentenza per le stragi del 1993.

     

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    Nel 2008 Spatuzza iniziò a collaborare con la giustizia e negò la sua partecipazione all'attentato di via Fauro, dichiarando che Cosimo Lo Nigro si limitò ad avvertirlo a cose fatte. Nel 2011 nelle motivazioni della sentenza che condannava il boss Francesco Tagliavia per le stragi del 1993 in seguito alle accuse di Spatuzza, si leggeva: «La verità è che Spatuzza in via Fauro e dintorni non c'era [...] perché non gli era stato ordinato di esserci. [...] Della presenza di Spatuzza a Roma per l'attentato a Costanzo parla solo lo Scarano che fu il ricostruttore esclusivo di quella vicenda [...] Grande confusionario Scarano, attendibile nella sostanza e nelle linee generali della vicenda stragista, ma labile di memoria riguardo alle persone, alle date, ai dettagli e alle collocazioni temporali degli avvenimenti».

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