DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Andrea Ossino e Giuseppe Scarpa per roma.repubblica.it - Estratti
«Qui ci prendiamo il sugo e qui ci prendiamo la pancetta». Un post-it che la Finanza ha trovato a casa di Mirko Pellegrini rappresenta bene l’idea che l’imprenditore aveva degli appalti adesso finiti nel mirino della procura di Roma.
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Con quella frase Pellegrini, al centro di 16 aziende che hanno ricevuto appalti sospetti per circa 100 milioni di euro, intendeva una cosa molto semplice, si riferiva allo spessore dell’asfalto per realizzare il manto stradale, ai materiali da tagliare sottobanco per guadagnare maggiormente e rispettare il principio del massimo ribasso grazie al quale ha ottenuto almeno 75 appalti.
Secondo il sostituto procuratore Lorenzo Del Giudice e i procuratori aggiunti Paolo Ielo e Giuseppe Cascini si tratta di «75 procedure per un valore totale di 92.246.545 euro, di cui 46 con Roma Capitale per un valore di 72.263.013 euro», come si legge negli atti.
Per questo motivo due giorni fa i militari del nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Roma hanno bussato alla porta del Campidoglio e dell’Astral sequestrando centinaia di documenti, determine con cui sono stati affidati appalti, anche relativi ai lavori in vista del Giubileo: marciapiedi o banchine del Tevere che vedono come soggetto attuatore il Campidoglio o la Regione Lazio, ma realizzate anche con i soldi dello Stato, del Pnrr e del Giubileo.
Non solo. Gli appetiti di Pellegrini erano arrivati a toccare anche appalti di Atac, ministeri, Anas per il Grande raccordo anulare e municipi per quanto riguarda la segnaletica.
In alcuni casi, è il sospetto della procura tornando ai bandi del Campidoglio, si erano aggiudicati bandi di gara grazie a 5 funzionari pubblici, a libro paga di Pellegrini. Li ricompensava dispensando orologi preziosi, soldi e assunzioni. Spesso donati in un locale alla Magliana dove l’imprenditore e i suoi uomini pensavano di essere al riparo da occhi indiscreti. Si sbagliavano.
Cosi gli investigatori hanno scoperto che in alcuni casi, quando i lavori riguardavano le strade, gli indagati guadagnavano non rispettando i capitolati d’appalto, usando cemento in quantità inferiori a quelle previste, sottraendo “il sugo” e “la pancetta”.
Così facendo hanno messo le mani su un fiume di denaro. Pellegrini in casa al momento della perquisizione aveva 15.000 euro in contanti. E poi 170 conti correnti intestati a diverse persone. All’interno c’erano circa 10 milioni di euro a lui riconducibili. Li spostava da un conto a un altro con una telefonata. Anche se i conti correnti erano intestati ad altri.
Per questo motivo il nome di un alto funzionario della Blu Banca è finito nell’inchiesta. Ha consentito l’apertura di 170 conti e che questi venissero movimentati da Pellegrini anche se a lui non intestati. Il tutto senza segnalare le operazioni sospette all’Uif della Banca d’Italia. Quando la finanza ha perquisito la banca ha ammesso ogni cosa.
Nuove accuse che si aggiungo alla lista di reati già contestati all’associazione: dalla corruzione al riciclaggio.
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