NICOLA ZINGARETTI E GIUSEPPE CONTE
1 – Il governo s' incarta sul Mes: scatta l'allarme casse vuote
Laura Cesaretti per “il Giornale”
M es, Mes, Mes: ormai il bombardamento su Giuseppe Conte è quotidiano. Il leader del Pd Nicola Zingaretti ha precettato tutti, a cominciare dai ministri e dai presidenti di Regione. E ogni giorno arriva una raffica di messaggi pressanti, per non dire ultimatum, diretti al Sor Tentenna di Palazzo Chigi. Solo ieri, per dire, si sono fatti sentire i ministri Provenzano e Boccia (considerati, soprattutto il secondo, assai filo-grillini) e anche il governatore dell' Emilia Romagna Stefano Bonaccini.
giuseppe provenzano foto di bacco
«Ma come si fa a rinunciare a 36 miliardi aggiuntivi per ricostruire la sanità?», si chiede quest' ultimo. Boccia invita i Cinque Stelle a «mettere da parte le ideologie» e incalza: «Il Mes va richiesto entro la fine dell' anno». E Provenzano, ministro del Mezzogiorno, insiste: «Deve prevalere il buon senso: gli investimenti in ambito sanitario sono indifferibili, ne abbiamo assoluto bisogno».
La pressione si è fatta ancora più urgente da quando ha iniziato ad essere chiaro che l' arrivo dei fondi europei previsti dal Recovery plan rischia di slittare pericolosamente, grazie agli ostacoli posti dai paesi «sovranisti», a cominciare dall' Ungheria. Si calcola addirittura che il varo del programma potrebbe non essere sbloccato fino all' autunno del 2021.
ROBERTO GUALTIERI GIUSEPPE CONTE
L' alibi dietro cui si è coperto finora il presidente del Consiglio, insomma («Con tutti i soldi che ci arriveranno dal Recovery Fund il Mes non ci serve») si sta dileguando come neve al sole: i soldi del prestito sanitario servono, e in fretta. Anche perché - come fa notare ad ogni occasione il ministro dell' Economia Gualtieri a Conte - il costo di quel debito è assai inferiore a quello del debito ordinario, e comporterebbe un risparmio di diverse centinaia di milioni di euro all' anno.
E per un paese ormai oberato da un debito schiacciante (arrivato al 160%) e reso sostenibile solo dai continui acquisti della Bce, e con le casse pericolosamente vuote, l' accesso a una linea di credito così conveniente è irrinunciabile. Lo stesso messaggio è arrivato ieri anche dal governatore della Banca d' Italia Visco, con soddisfazione del Nazareno.
CONTE E RUTTE
Peraltro, fanno notare in casa Dem, il no pentastellato al Mes non ha alcun fondamento: le «condizionalità» agitate come spettro non esistono, mentre esistono e assai pesanti per il Recovery Fund. Non a caso Conte, per venire incontro alle richieste della Ue, ha dovuto annunciare (senza un fiato da parte dei grillini) l' azzeramento di Quota 100, devastante per i conti previdenziali e anche la revisione del fallimentare Reddito di cittadinanza: le uniche due «riforme» del suo primo governo, entrambe bocciate in sede europea.
Il premier non lo ignora, sa che come dicono gli anglosassoni «beggars can' t be choosers» (i pezzenti non possono fare gli schizzinosi) e fosse per lui avrebbe già chiesto l' accesso al Mes. Ma per tenere buoni i suoi sponsor grillini, non ancora fiaccati dall' estinzione elettorale, si è ficcato da solo in trappola annunciando che qualsiasi scelta sul Mes sarebbe passata per il Parlamento.
conte rutte merkel michel
E ora teme che in un eventuale voto parlamentare saltino per aria i numeri e gli equilibri della maggioranza. In casa dem sono scettici: «Ovviamente qualche voto di bandiera contro una risoluzione pro-Mes ci sarà - spiega chi al Senato ha fatto i conti - ma state certi: nessuno in casa M5s si sognerebbe di correre il rischio di far saltare il governo e mettere a rischio la legislatura, e soprattutto il proprio stipendio. E con i voti in arrivo dal centrodestra le defezioni grilline sarebbero ampiamente coperte.
Ma Conte teme anche la propria ombra».
2 – IL PD INCALZA CONTE: "ENTRO UN MESE SI DECIDA" NEL MIRINO ANCHE SPERANZA: PRESENTI I PROGETTI
ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO
Carlo Bertini per “la Stampa”
Lo stato maggiore del Pd, dopo un consiglio di guerra, ha scelto la tattica del carciofo, una foglia dopo l' altra: Zingaretti, Franceschini e Orlando puntano a portare a casa nel giro di due settimane i nuovi decreti sicurezza e poi, entro fine ottobre, il voto in Parlamento sul Mes, il prestito per spese sanitarie. Quindi c' è tempo un mese. Ma se come dice il governatore Visco, sotto il profilo economico il Mes darebbe solo vantaggi, sotto il profilo politico non sembra vederla così Giuseppe Conte.
Che esita nello sciogliere il nodo tra Pd e 5stelle, per paura che in Senato possa rompersi l' equilibrio tra grillini governisti e ortodossi, facendo mancare i numeri al governo.
beppe grillo giuseppe conte luigi di maio
Tocca al premier Il tempo stringe però. Il leader Pd già l' 8 settembre aveva avvertito che «sul Mes ora tocca a Conte». E al punto in cui si è arrivati, entro ottobre - a sentire le campane delle torri più alte del Pd - l' avvocato del popolo dovrà riuscire a portare in Parlamento il voto sui 37 miliardi di prestito per le spese sanitarie.
Senza termini ultimativi (Zingaretti ripete spesso che quelli del Pd al premier non sono ultimatum) e senza fretta dunque. Ma con una deadline imposta dai numeri: quelli della manovra che il governo dovrà sfornare entro fine ottobre. «Con la nota di aggiornamento al Def (Nadef) che sarà pronta in settimana - spiega il ministro Boccia, autore dell' ultima riforma della legge di bilancio - sarà chiaro il perimetro (e i saldi) della manovra 2021-2023.
Paragone Di Battista
Lì si capirà quali sono i limiti che abbiamo per presentare entro il 15 ottobre la legge di stabilità». Tradotto: lì sarà chiaro ai grillini che l' unico modo per dare risorse aggiuntive alla sanità, per i programmi già previsti e per potenziare le reti territoriali, è il Mes.
Dunque, la spiegazione dei tecnici del governo è che «utilizzare il Mes presto potrebbe liberare risorse, oggi bloccate in bilancio, per destinarle ad altre politiche sociali, garantendo alla sanità la massima copertura e il potenziamento». La discussione vera sui numeri potrà quindi essere fatta solo dopo il varo della Nadef a fine settimana e con la presentazione della manovra triennale in parlamento entro fine ottobre.
giuseppe conte roberto speranza
Seguendo questo filo rosso steso dai Dem, spunta una tensione sotterranea, finora rimasta sottotraccia, con il ministro della Salute, Roberto Speranza: reo di non aver ancora tirato fuori dai cassetti il piano dettagliato delle risorse da spendere per la sanità. «Noi stiamo lavorando per un' intesa - spiegano i parlamentari Pd - e siamo più forti se si costruisce una base di merito che venga dal ministero della Sanità, anche con un' indicazione chiara sul modello da seguire: perché i fondi del Mes non possono essere presi per finanziare qualsiasi cosa e serviranno per una correzione di alcuni modelli regionali».
Conte Zingaretti
Sanità, potere dei governatori La questione è centrale, perché si può continuare a finanziare le convenzioni di privati o, viceversa, superare le esternalizzazioni, fare case della salute invece che chiudere ospedali. E il ritardo di Speranza nello scodellare il suo piano (già pronto e anticipato anche da La Stampa) per il Pd è dovuto a due fattori: la volontà di tenersi buoni i rapporti con i governatori, gelosi della loro autonomia di spesa; e l' urgenza di tenere a bada una fronda interna alla sinistra di Leu, contraria all' uso del Mes.
ANDREA ORLANDO
«Certo, oltre che chiedere l' attivazione del prestito salva stati - conferma il numero due del Pd, Andrea Orlando - bisogna stabilire le priorità per spendere queste risorse, sulla base delle quali si può avere più forza in questa battaglia».
Il partito di Zingaretti non ha intenzione di spendere miliardi per rifinanziare la sanità privata in Lombardia, «ma per rafforzare la sanità pubblica nelle regioni e la sua dimensione territoriale». Dunque il Pd, mentre incalza i grillini («alzi la mano chi conosce un prestito per cui in 7 anni restituisci meno di quello che prendi», provoca Stefano Bonaccini) stringe all' angolo Speranza: per fargli tirar fuori «una cornice d' insieme che dimostri quanti soldi servono a finanziare un piano strutturale».