Simone Canettieri per “il Messaggero”
renzi zingaretti
Le elezioni regionali come una partita di risiko. Da una parte infatti c'è Matteo Renzi che piano piano sta posizionando tutti i suoi carri armati nelle regioni che andranno al voto in primavera: Veneto, Puglia e forse anche Toscana e Campania. Sfide che Italia Viva è pronta a giocare da sola: con un proprio candidato. Costi che quel costi, anche se il conto alla fine lo pagherà il Pd, o meglio ancora, un'alleanza tra dem e 5 Stelle. Il primo strappo è avvenuto in Puglia, ben prima delle tensioni di questi giorni in seno alla maggioranza.
L'ex premier, infatti, ha detto «no» alla ricandidatura del dem Michele Emiliano. Di più: ha messo sul tavolo, a nome anche di Azione di Carlo Calenda e di +Europa, il ministro Teresa Bellanova. Poi c'è stata l'escalation sulla prescrizione e quindi il secondo strappo, sempre annunciato dai renziani.
TERESA BELLANOVA
In Veneto, dove c'è da contrastare un avversario temibile come il presidente uscente della Lega Luca Zaia, Ettore Rosato, a nome di Italia Viva, ha annunciato al Gazzettino l'intenzione di non sostenere l'aspirante governatore Arturo Lorenzoni, scelto dal segretario del Pd Nicola Zingaretti per la complicata impresa. Dopo le parole del coordinatore renziano sono fioccati gli appelli all'unità (qui il M5S è ancora molto diviso sul da farsi). «Nelle prossime ore sarò pronto a tutti gli sforzi necessari per evitare di rompere un fronte dell'alternativa che tutti vogliono il più ampio possibile», promette il civico Lorenzoni, che è anche il vicesindaco di Padova. Il caos veneto ha prodotto un altro effetto, proprio in laguna: a Venezia il Pd deve registrare la rinuncia di Gabriella Chiellino a sfidare il sindaco uscente Luigi Brugnaro.
zingaretti renzi
Renzi gioca su diversi tavoli. Compreso quello della sua natìa Toscana: se non dovesse rientrare lo scontro con il premier Giuseppe Conte potrebbe decidere di arrivare a una scelta abbastanza clamorosa. Ovvero: non sostenere Eugenio Giani alla corsa per la presidenza. Una mossa che riporterebbe in bilico l'esito della sfida, in un territorio dove il Pd, sulla carta, parte favorito.
Si arriva così anche a un'altra giunta regionale: quella del Lazio governata da Nicola Zingaretti. Qui i consiglieri di Iv sono due: quanti bastano, in caso di rottura, per non garantire più la maggioranza al presidente-segretario. Che a quel punto però avrebbe la sponda di almeno metà (5) del gruppo grillino del M5S (capitanato da Roberta Lombardi, da sempre in campo per un'alleanza riformista con i dem).
LO SCONTRO
E poi ecco la Campania dove lo scenario nelle ultime ore è totalmente cambiato: i vertici del M5S propongono al Pd il ministro dell'ambiente Sergio Costa. Ovviamente in mezzo all'intesa c'è il governatore uscente dei dem Vincenzo De Luca.
VINCENZO DE LUCA SERGIO COSTA
La candidatura - con il ministro in India per una missione istituzionale - è partita ieri mattina dalla consigliera regionale grillina Valeria Ciarambino che, dopo essersi incontrata con il braccio destro di Luigi Di Maio, Dario De Falco, ha fatto un passo indietro: «Sergio è più capace di me a parlare a tutti». A ruota sono usciti i big del Movimento. A partire appunto dal ministro degli Esteri:
«Costa è per cambiare, ora la scelta è tra il passato e il futuro». Come dire: caro Pd, guardiamo avanti e fai ritirare De Luca. Il primo sostenitore di questa linea rimane Roberto Fico, napoletano e presidente della Camera, pronto a benedire l'ipotesi del ministro «per un progetto comune con i dem». Un'idea che ha ricevuto il plauso dei ministri riformisti come Federico D'Incà, ma anche dei teorizzatori della «terza via» come Vincenzo Spadafora, che molto si spese però per la nascita di questo esecutivo.
I militanti campani sono divisi, il deputato Luigi Iovino insiste: «Ora va archiviata l'era De Luca». Il problema, non da poco, riguarda proprio il governatore uscente. Ieri sera il Pd regionale si è espresso «unitariamente e con forza» per la sua ricandidatura. Su Costa invece c'è anche il via libera del sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Il Nazareno tace.
NICOLA ZINGARETTI E MATTEO RENZI
O meglio tratta e cerca di capire se esistano i margini per un accordo. Zingaretti, nei giorni scorsi, era stato informato della mossa grillina. Ma aspetta l'evolversi della situazione. In attesa di un faccia a faccia con il governatore. Che a sorpresa potrebbe fare un passo indietro, ma per un nome terzo: Gaetano Manfredi, ministro dell'Università, ed ex rettore della Federico II. I giochi sono aperti, la strada rimane stretta.