WAGNER
Filippo Facci per “Libero Quotidiano”
Richard Wagner fu un vero figlio di buona donna. Non terminò gli studi,musicalmente fu un mezzo autodidatta per niente precoce, si atteggiò ad anarchico rivoluzionario e poi a conservatore appena ebbe un tallero in tasca. Fu rissoso, mezzo ubriacone, di casa in bische e bordelli, si giocò l’intera pensione della madre, finì anche in galera.
Prima della fama conobbe la fame, a furia di indebitarsi si ridusse più volte a mendicare, scialacquava cifre incredibili in vacue sciocchezze (arredi, drappeggi, velluti, vestaglie, pavoni,pappagalli) salvo fuggire da città e nazioni perché ricercato dalla polizia e dai creditori furibondi.
In Germania figurò latitante per undici anni. Fu persino ladro: a Dresda,dov’era direttore del teatro, se la diede a gambe con il fondo pensioni dei dipendenti. Wagner fu anche questo: visse a scrocco per una vita intera ed esercitò il suo magnetismo sugli uomini ma soprattutto sulle loro donne.
Sposò Minna Planer, un’attrice bellissima che abbandonò il palcoscenico per dedicarsi a lui, ma poi perfezionò la sua vera specialità: scucire soldi a mecenati che erano innamorati della sua arte salvo infilarsi, lesto, nel letto delle loro mogli; in seconda battuta, poi, metteva in scena l’adulterio davanti agli occhi dei cornuti che l’avevano pure pagato.
Capitò a Parigi con Eugène Laussot, moglie di un commerciante che versava al musicista anche una rendita mensile: si sfiorò la sparatoria. Capitò a Zurigo con Mathilde Wesendonck, moglie del mecenate Otto che finanziò Wagner in tutti i modi e gli comprò anche una casa accanto alla sua.
WAGNER TRISTANO E ISOTTA
Pur restando amabilmente sposato con Minna Planer, il compositore frequentava anche la nobile Henriette von Bissing (per denaro) oltre alla figlia di un macellaio, certa Mariechen (probabilmente non per denaro) più una schiera di gran dame e contesse e granduchesse.
Poi si avvicinò alla famiglia di Franz Listz, noto pianista e naturalmente lauto finanziatore. Wagner cominciò a corteggiarne la figlia illegittima, Cosima, donna non bella ma forte di carattere, sposata col direttore d’orchestra Hans von Bulow che di Richard era amico e collaboratore.
Nell’attesa, però, sedusse sua sorella Blandine. La successiva tresca con Cosima divenne lo zimbello di tutta la Baviera, anche perché von Bulow resse il bordone per tutto il tempo anche se acconsentì al divorzio solo nel 1870. Nello stesso anno Cosima e Richard si sposarono, anche perché Minna Planer era morta quattro anni prima senza che lui andasse neppure al suo funerale.
Manca all’appello solo l’infatuazione wagneriana che catturò Luigi II di Baviera, in arte Ludwig: noto omosessuale, passò al Wagner un appannaggio annuale da capogiro - che dissanguò seriamente le finanze reali - e soprattutto gli finanziò la costruzione del teatro di Bayreuth, cittadella fatata in cui i coniugi Wagner si trasferirono nel 1872.
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Questo non prima di aver preteso, da Ludwig e da mecenati vari, la costruzione di una casa monumentale e bellissima in cui potesse trovare adeguata ispirazione: ed ecco villa Wahnfried, dove il compositore volteggiava agghindato con vestaglie imbarazzanti e palandrane foderate di raso.
Eppure, nella storia dell'arte, nessuno ha richiamato più attenzione di lui, nessuno ha meritato più scritti di lui, nessuno ha influenzato e diviso più di lui. E non sono modi di dire. Wagner è stato uno dei più importanti musicisti di tutte le epoche, ma è stato anche librettista, direttore d’orchestra, sceneggiatore, regista, saggista, soprattutto il principale precursore del linguaggio musicale moderno.
Ebbe e mantiene un’incredibile influenza su tutta la musica che fu suonata prima e dopo di allora, in pratica reinventò l’orchestrazione e plasmò da capo l’interpretazione musicale: ignorare le sue idee è impossibile ancor oggi, si sappia o meno che furono elaborate da lui. Insomma una specie di mostro, un moloch che nel bene o nel male lasciava impietriti i compositori del suo tempo.
Non c'è artista o letterato che non abbia dovuto farci i conti, divenne quasi una moda. Riuscì persino a perforare l’accademismo snobistico dei francesi, lui, uno squallido straniero, addirittura un tedesco: li lasciò tutti in ginocchio, adoranti.Persi nel wagnerismo furono Mallarmé, Verlaine, Baudelaire, Proust, D’Annunzio e Thomas Mann, tra altri.
Friedrich Nietzsche frequentò Richard per molti anni, prima di litigarci mortalmente, e lo paragonò a Omero, Goethe, Eschilo e Pindaro. Insomma, chi era questo Wagner?
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La faccenda è ancora più complicata anche perché, tra cento altri, dobbiamo immaginarcene altri due: uno, dalla nascita nel 1813 sino al 1864, più spiantato e rivoluzionario,ammiratore dell’anarco- socialista Pierre Joseph Proudhon al punto da sottoscrivere che «la proprietà non è altro che un furto»; il secondo Wagner, finalmente affermato e circondato da accoliti e snob, fu invece più reazionario, ma non smise per questo di sognare un teatro popolare e lontano dai trastulli di corte, dove i direttori artistici legati all’aristocrazia la piantassero di maltrattare i compositori con interpretazioni un po’ così, tirate via.
Ambire a un teatro personale non era la visione immodesta di un megalomane, o non solo: era l’aspirazione vagheggiata da tutti i più grandi musicisti a fronte degli umori e del gusto delle diverse corti, abituate a imporre uomini e regole più base al capriccio più che al rispetto dell’opera.
L’anfiteatro per il pubblico, scrisse Wagner, doveva essere accessibile agli amici dell’arte senza distinzione di rango e di condizione, lontano dai teatri tradizionali coi loro palchi occupati per censo: il suo Anello del Nibelungo avrebbe dovuto essere un evento davvero irripetibile,gratuito, aperto a tutti,una «festa democratica » e popolare che in origine prevedeva un incendio finale che mandasse letteralmente a fuoco tutto il teatro, costruito perciò in legno.
Lo dissuasero, diciamo. Pur concependolo sin dal 1840, riuscì a edificare il suo tempio solo trent’anni più tardi e tra l’altro nello scetticismo generale: la mentalità ottocentesca non prevedeva che il genio potesse accompagnarsi a capacità imprenditoriali.
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Fu doppiamente ammirato anche per questo, ma fece una montagna di debiti e la sua «festa democratica» alla fine non l’ebbe mai. Wagner cercò vanamente di spremere fondi dal cancelliere prussiano Otto von Bismarck,organizzò sottoscrizioni e «Società Wagneriane» a Lipsia e Berlino e Vienna:ma avrebbe combinato poco se non gli fosse venuto in soccorso ancora una volta lui, Re Luigi II di Baviera, inorridito all’idea che il Festival potesse ricevere aiuti da Bismarck.
I lavori iniziarono in un giorno di pioggia,nel 1874, e proseguirono tra mille peripezie. Dovevano impiegarci un anno e ce ne misero due: uno scandalo, da quelle parti. Complicò le cose che la testa del drago di Sigfrido, elemento essenziale della scenografia, fu spedita per sbaglio a Beirut anziché a Bayreuth.
Neppure la mitica apertura del Festival nel 1876 ebbe granché di popolare. Fu un grande fenomeno socio-culturale con ospiti illustri e decisamente abbienti: il Kaiser Guglielmo I, l’imperatore del Brasile, naturalmente re Luigi II, politici e parlamentari, nobili e artisti, compositori come Anton Bruckner, Edvard Grieg, Pëtr Il' ic Cajkovskij e Franz Liszt.
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C’era anche Friedrich Nietzsche, che però aveva già cominciato ad allontanarsi. Qualche defezione clamorosa fece parte del gioco. L'organizzazione fu un disastro, come notò Cajkovskij: mancavano alberghi e alloggi, non c’erano mezzi per raggiungere la collina del Festpielehaus in abito lungo, non si sapeva come occupare i tempi morti, soprattutto non c’era un accidente da mangiare negli intervalli di un’ora secca che Wagner aveva previsto tra un atto e l’altro.
Tutto il resto fu un successo epocale, come si dice. Ma fu epocale anche il collasso finanziario: il proposito di tenere un Festival ogni estate fu subito abbandonato. Wagner cominciò a dirigere concerti in tutta Europa per recuperare soldi e saldare i debiti, così il teatro rimase chiuso per ben sei anni.
La seconda edizione dell’Anello fu organizzata solo nel 1882 quando ci fu anche la prima del Parsifal, capolavoro intriso di un misticismo a lungo incompreso: l’opera dovrà aspettare sino al 1914 per essere rappresentata in altri teatri europei.
A complicare le cose, caso unico nella storia della musica, fu che Wagner aveva composto il Parsifal in funzione dell’acustica particolare del Festspielhaus, rendendo difficilissimo dirigerlo altrove.
Passò alle cronache quando Wagner si alzò in piedi, alla fine del primo atto, per zittire un applauso che a suo dire turbava l’atmosfera religiosa:da allora, alla fine del Parsifal, un silenzio tombale sostituisce ogni ovazione. Wagner non vedrà altri Festival perché morirà nel1883 a Venezia, che non è una città: è il più grande teatro d’opera del mondo.
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