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    ROMA, POZZO SENZA FINE – MARINO FA PULIZIA NEI BILANCI E SPALMA FINO AL 2044 BEN 853 MILIONI DI CREDITI MARCI – C’ERANO ANCORA DA ESIGERE 227 MILIONI DI TASSA SUI RIFIUTI, MA NE SONO STATI DEPENNATI IL 59% – E LO STESSO È STATO FATTO PER IL 62% DELLA VECCHIA ICI NON PAGATA


     
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    Di Fabio Pavesi per “Il Sole 24 Ore

     

    L’hanno chiamato con una sorta di eufemismo disavanzo “tecnico” di amministrazione. Puoi chiamarlo anche così ma sempre di buco si tratta. E quel buco non è cosa da poco. Sono 853 milioni e spiccioli che verranno spalmati  in 30 anni per 28,4 milioni di rata da assorbire  ogni anno. Il sindaco che nel 2044 governerà Roma Capitale sarà l’ultimo a pagare l’onere.  Quel buco tecnico è figlio di un’operazione chiesta a gran voce da tempo dai revisori del Comune e imposta  tra l’altro dalla legge.

    IGNAZIO MARINO AUTOBUS ATAC IGNAZIO MARINO AUTOBUS ATAC

     

    L’operazione è quella di pulitura dalle incrostazioni del bilancio. In gergo è il riaccertamento dei residui attivi, cioè le entrate mai incassate nel corso degli anni passati e scritte a bilancio ancora fine 2014 come se fossero esigibili.  Si pulisce quindi il bilancio accantonando somme in un fondo di crediti dubbi che difficilmente verranno mai incassati.

     

    A Roma l’operazione è stata una immensa potatura. Su 2,4 miliardi di residui, ben 1,72 miliardi sono stati inseriti nel fondo svalutazioni.  Da qui nasce il nuovo disavanzo “tecnico” esploso nell’assestamento di bilancio in discussione in Campidoglio. 

     

    Un’operazione verità che non solo Roma ha fatto e che rivela, come per la gran parte dei Comuni italiani, i buchi nascosti nelle entrate.  E dall’elenco degli accantonamenti emerge tutta l’inanità delle Giunte che si sono succedute a guidare la Capitale.

     

    La Tares, il tributo sui rifiuti aveva ben 227 milioni scritti a bilancio 2014. Ne sono stati depennati ben 135 milioni (il 59%). Ma anche la vecchia tassa sui rifiuti ha visto svalutazioni per 115 milioni. Il dato eclatante è quello delle multe stradali: il Comune di Roma aveva a fine 2014 incassi messi a bilancio ma mai riscossi per 960 milioni. La Giunta Marino con un tratto di penna ne ha svalutato l’81% per  la bellezza di 782 milioni finito nel fondo crediti di dubbia esigibilità.

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    Per non parlare della vecchia Ici, tagliata di ben il 62% per la somma di 67 milioni spariti dalle entrate future. Ma il Comune di Roma negli anni non era in grado neppure di farsi pagare  le imposte sulla pubblicità. Anche qui taglio secco nell’ordine dell’80-90%.  L’elenco è lungo. Questi solo i casi più eclatanti.

     

    L’operazione pulizia è ovviamente benvenuta, rende più veritieri e attendibili i bilanci e ha avuto il disco verde dell’Organo di revisione. Che però ha continuato a esprimere pareri (come fa da anni) con «riserva ed eccezioni» anche sul riaccertamento dei residui. La perplessità dei revisori è su un credito per 404 milioni vantato dal Comune nei confronti della agonizzante Atac. Per i  revisori quel credito viste le condizioni di Atac non è certo garantito.

     

    ignazio marino spazzino 568187 ignazio marino spazzino 568187

    Ma anche per il bilancio previsivo del 2015 i revisori avevano inanellato tutte le criticità dei conti che storicamente pesano sui bilanci capitolini. Basti pensare alla Tari. Prima del riaccertamento la percentuale di riscossione era nel 2014 solo del 19% e la massa di residui era di ben 1,26 miliardi. Sui canoni di locazione dei beni comunali la situazione è ai limiti del grottesco con riscossione di residui per solo l’1,7% nel 2014 cioè 700mila euro su 41 milioni di arretrati. Arretrati non pagati che a fine 2014 erano saliti a 54 milioni.

     

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     Per non parlare del capitolo delle contravvenzioni mai incassate. All’inizio del 2014 erano 966 milioni e il Comune è stato in grado di incassare solo 16 milioni. Nell’anno sono saliti di altri 223 milioni e a fine 2014 il cumulo delle multe non riscosse valeva quasi 1,2 miliardi.

     

    Un cahier di doleances lungo e dolente sull’incapacità degli amministratori succedutisi negli anni di riscuotere tasse e tributi. Senza contare il disastro delle partecipate con Atac in testa che non solo produce  perdite milionarie ma che ogni assorbe trasferimenti dai conti del Comune per 600 milioni. Dulcis in fundo anche le farmacie comunali sono un pozzo senza fondo di perdite. E il Comune, rilevano i revisori, si è ben guardato, anche nel bilancio del 2015, di prevedere fondi per il ripiano delle perdite.  Un modo come un altro per ignorare il problema. Che non per questo sparirà dai conti futuri.

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