mahmood a sanremo 2019
MAURO PAGANI A CIRCO MASSIMO: "ULTIMO DEVE IMPARARE A PERDERE, L'ANNO SCORSO HA VINTO CON LO STESSO REGOLAMENTO. NESSUN DUBBIO SU MAHMOOD, È LA CANZONE MEGLIO REALIZZATA. PIU' COINVOLGENTE DI QUELLO DI BERTE. GIURIA CON ALTO TASSO DI COMPETENZA, È UN PERIODO IN CUI QUALUNQUE PARERE CHE NON SIA POPOLARE È VISTO CON SOSPETTO"
Da “Circo Massimo - Radio Capital”
Finito il festival della canzone, è cominciato quello delle polemiche. Ultimo si scaglia contro la giuria, polemizza Loredana Bertè che non è arrivata tra i primi tre. E, ovviamente, si muove anche il governo, prima con Salvini, critico per la vittoria di Mahmood, e poi Di Maio, per cui Sanremo "ha evidenziato la distanza tra popolo ed élite".
mauro pagani
"È un periodo nel quale pare che qualunque parere che non sia il parere popolare tout court è visto con sospetto. E c'è la tendenza, secondo me non bellissima, secondo cui proprio il parere popolare deve vincere su tutto", commenta a Circo Massimo, su Radio Capital, il presidente della giuria d'onore del Festival Mauro Pagani, che alle spalle ha cinquant'anni di lavoro come polistrumentista, produttore e arrangiatore, "in qualunque forma d'arte, soprattutto per le novità, il parere degli esperti è fondamentale per lo sviluppo della storia di quell'arte stessa. Pensate a cosa sarebbe stato, nella storia della pittura, senza le segnalazioni dei critici. Il parere di uno che dice provate ad ascoltare questo o quello è fondamentale".
"Le reazioni da parte dei cantanti", chiarisce l'ex polistrumentista della PFM, "sono comprensibili: perdere non piace a nessuno, e dietro a Sanremo ci sono tanto lavoro e tante aspettative, e le delusioni sono cocenti, bruciano". Pagani respinge le critiche alla giuria, rimarcando come ci fosse "un tasso di competenza più alto di quello sospettabile", e ne rivendica il giudizio: "I pezzi ci erano stati mandati, la scelta di ognuno di noi è stata consigliata da un ascolto ponderato e ripetitivo di ognuna delle canzoni.
mauro pagani 8
Da subito, non c'è stato dubbio né tentennamento nel dare la vittoria a Mahmood. Per noi, e per me personalmente, 'Soldi' è la canzone più moderna, meglio realizzata e più interessante del festival. È stata premiata la modernità ma anche la qualità. Io faccio l'arrangiatore, e quello di 'Soldi' è di gran lunga l'arrangiamento più moderno e interessante. In più, ed è un dato che ho scoperto dopo perché non sono un grande frequentatore delle radio commerciali da giovedì, quindi dopo le prime due serate", aggiunge, "il pezzo di Mahmood è il più ascoltato per distacco nell'airplay.
loredana berte e irene grandi
Negli ultimi anni si è detto che bisogna uscire dalla gabbia dei pezzi sanremesi e che bisogna ringiovanire, e questo mi sembra un caso di felice combinazione delle due cose". Il brano del cantante di origini iniziate ha fatto storcere il naso anche per le citazioni in arabo nel testo: "Sanremo è una gara, con un regolamento. E il regolamento prevede che ci possono essere citazioni in lingue straniere", spiega Pagani, "Cos'è, in inglese va bene e in arabo no? Lo trovo un atteggiamento provinciale".
ultimo
Alle polemiche su Loredana Berte, il collaboratore storico di Fabrizio De Andrè precisa: "È il festival della canzone, non dei cantanti. Sono i brani ad essere in gara. L'interpretazione conta ai fini dell'esposizione del brano, però chi sosteneva la Bertè, ad esempio, parlava della canzone o della Bertè? Il confronto dovrebbe essere fra 'Soldi' e 'Cosa ti aspetti da me'. Pur avendo grande stima di Gaetano Curreri e di un certo tipo di rock, ho trovato molto più coinvolgente il pezzo di Mahmood che quello di Loredana". A Ultimo, che si è lamentato per la decisione della giuria nonostante il televoto, Pagani risponde che "il meccanismo di voto è spiegato nel regolamento. L'anno scorso Ultimo è arrivato primo (nella categoria Nuove Proposte, ndr) con lo stesso regolamento. Se va bene quando si vince, va bene anche quando si perde.
mauro pagani 7
Lui è giovane, e nella vita bisogna anche imparare a perdere. Altrimenti non si concorre, si fanno altre cose, ed è una scelta rispettabile". Nonostante tutto, il presidente della giuria del Festival vede il lato positivo anche nelle polemiche: "In un paese in cui si fa poca musica, il fatto che ci sia una settimana all'anno in cui il Paese si appassiona alla musica, ascolta, sceglie, si divide, con questa passione quasi da stadio, è un dato fondamentale che non dobbiamo perdere".
ultimo
SCHIAFFO RADICAL CHIC ALLA GIURIA POPOLARE
Luigi Mascheroni per “il Giornale”
A Sanremo è successo quello che in campi diversi, ma allo stesso livello, accade in tutto il Paese. Sanremo è Sanremo, che è l'Italia. E succede che a Sanremo, Italia, una minoranza, non chiamatela neppure élite, è una pseudo élite, sovverte il (tele)voto del pubblico. Altri Paesi sono esperti di golpe, noi ci accontentiamo per fortuna di ribaltoni, in politica e non solo.
ultimo
E così il giovane Mahmood, trionfatore finale, per il televoto era solo terzo con il 14,1% delle preferenze, mentre il vincitore sarebbe stato Ultimo, con il 46,5%. Praticamente quattro volte di più. Poi sono arrivati i voti della sala stampa e della Giuria di qualità, e tutto è cambiato. E mai come in questo caso i social sono insorti, ritenendo ingiusta l'inversione della decisione del pubblico sovrano.
beppe severgnini
Cioè: tu per 69 anni mi vendi il Festival della canzone italiana come l'evento «nazionalpopolare» per eccellenza, poi però del «popolare» te ne freghi e affidi la decisione più importante, quella del vincitore, a una ristrettissima cerchia di addetti ai lavori. Come se si trattasse di una Mostra dell'arte cinematografica di Venezia qualunque... Lì sì che devono votare e decidere registi, attori, produttori, sceneggiatori. Ma a Sanremo, se è «nazionalpopolare», sceglie il popolo. O no?
No. Sceglie, alla fine, una numero ristretto di giornalisti della sala stampa (la casta più ideologizzata che esista oggi in Italia) e un numero ancora più ridotto di intellettuali (otto; in numeri arabi: 8), espressione di una Giuria d'onore presieduta da Mauro Pagani, e va benissimo, e composta da Ferzan Ozpetek, Camila Raznovich, Claudia Pandolfi, Elena Sofia Ricci, Beppe Severgnini e Serena Dandini, lasciando perdere Joe Bastianich, nomi che letti in fila uno dopo l'altro - mancavano solo Saviano, Gad Lerner e la Boldrini - pensi subito al congresso ombra, commissione Cultura, del Pd.
joe bastianich
Ecco, è esattamente questo ciò che infastidisce. Non che abbia vinto un (bravissimo) ragazzo italiano il cui padre solo per caso è egiziano. Ma che ciò lo abbia deciso non il pubblico pagante (0,50 centesimi per ogni chiamata da telefono fisso) ma una pseudo élite completamente scollegata dal Paese (come lo sono mediamente i giornalisti, di qualsiasi cosa si occupino: politica, economia, cinema, musica e libri non ne azzeccano una) e un salottino pariolino, o Solferino, cultural-chic.
MAHMOOD
«Noi siamo noi, e voi non siete un...». Per farla breve. Circa duecento giornalisti e otto giurati hanno praticamente annullato i desiderata di due milioni di telespettatori (circa), negando la democrazia. Festivaliera, si intende. Un bel problema. Tanto che lo stesso direttore artistico del Festival, Claudio Baglioni, durante la conferenza stampa conclusiva ha ammesso che forse è meglio cambiare la formula della votazione: «Se il Festival volesse essere una manifestazione popolare potrebbe anche essere gestita solo dal televoto».
bastianich e serena dandini
Ma va? Da parte sua il Codacons, l'associazione dei consumatori, oggi presenterà un formale esposto all'«Autorità per la concorrenza»: «Il voto del pubblico da casa è stato di fatto umiliato, con conseguenze enormi sul fronte economico, considerato che gli spettatori hanno speso soldi attraverso il televoto, reso inutile dalle decisioni di altre giurie».
ULTIMO
La domanda è legittima. Ma è corretto far vincere un cantante che ha appena il 14% del voto delle persone da casa solo perché Severgnini non sopporta Salvini? Si chiamano capricci. Poi non dite: «Ma Mahmood meritava comunque...». Il voto da casa si paga. Se non serve a niente, meglio toglierlo.
«Cosa c'entra Salvini?», dite. C'entra. Perché la politicizzazione della vittoria di Sanremo (in un'edizione che ha strumentalizzato da subito il tema dell'immigrazione) c'è stata, eccome, e da entrambe le parti. Lo ha fatto chi, da destra, si domanda ironicamente se sia una coincidenza che a vincere a Sanremo al tempo di Salvini e dei migranti sia un italo-egiziano che canta con tono arabo il marocco-pop... E lo ha fatto chi, da sinistra, ha twittato di godere per una vittoria che andrà di traverso al Capitano.
matteo salvini e elisa isoardi su mahmood
Comunque ne riparliamo alle elezioni europee, quando non ci sarà una Giuria di qualità per ribaltare il voto popolare (e sovrano, più che sovranista) come accade in Riviera. Ve lo immaginate? Il risultato delle urne passato al vaglio di una giuria composta da Eugenio Scalfari, Gustavo Zagrebelsky e Michela Murgia... Non diciamolo a voce alta. Il Pd potrebbe prenderla come una buona idea.
salvini