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Dal profilo di Alberto Dandolo su Instagram
Ornella Muti e Sabrina Ferilli sono due scelte impeccabili e geniali per aprire e chiudere il Festival di Sanremo. Due icone vere, simbolo di italianità.
Come è intelligente far salire sul palco dell'Ariston anche due attrici giovani e amate da pubblici diversi come Maria Chiara Giannetta e Lorena Cesarini. Trovo invece un filino infelice, seppur mediaticamente efficace, scegliere come personaggio di rottura Drusilla Foer.
Una "signora" dall' aura radical chic che per lavoro fa l'alto borghese progressista e irriverente. Perché non fare allora una cosa più coraggiosa e davvero "eversiva" ? Ossia portare sul palco una una signora con la S maiuscola, una transessuale dei carruggi di Genova che ha vissuto e vive la vita nei suoi angoli più spigolosi e reali? Una di quelle meravigliose e drammatiche creature cantare dall' immenso Fabrizio De André.
DRUSILLA FOER
Simonetta Sciandivasci per “La Stampa”
Siamo un paese che presta attenzione al chi e non al cosa. Ascoltiamo le cariche, le figure, i titoli e naturalmente i generi. Le persone sempre dopo, il più delle volte in ritardo, oppure mai. Ed è per questo che Drusilla Foer a Sanremo è una notizia che fa scrivere a qualche giornale «c'è un travestito tra le vallette di Amadeus» e dire a Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia, che «al festival si collezionano figurine per inculcare la teoria gender».
E così si scaldano i progressisti, che nella sua scelta vedono la rottura di un tabù - Luxuria ha detto: «arriverà una bel messaggio di inclusività» - oppure un tentativo di prevenire le accuse di rappresentazione stereotipata della femminilità. Nella sua appassionante inconcludenza, quest' attorcigliata polemica trascura il dettaglio che la smonta e declassa: Drusilla Foer non esiste.
drusilla foer foto di bacco (1)
È un personaggio di fantasia come Rossella O' Hara, una maschera come Pierrot: non c'è niente di vero, in lei, se non l'attore che se l'è inventata e la interpreta, Gianluca Gori. E quindi stiamo facendo il processo alle intenzioni di un fatto artistico, proprio noi che vogliamo l'arte libera. E quindi, soprattutto, stiamo non vedendo che la presenza di Drusilla Foer sul palco di un festival di canzoni non fa alcuna rivoluzione: se mai, del festival garantisce la vocazione principale. L'intrattenimento. Dopotutto, di sè dice: «Tendo a qualificarmi come un'anziana soubrette».
«L'artista vince quando ha il coraggio di provocare e spaccare il pubblico», dice alla Stampa Piero Chiambretti, che Drusilla è stato il primo a portarla in tv, nella prima edizione della Repubblica delle donne, il programma che Rete4 gli affidò nel 2018, quando tentò di diventare una Rai3 con il senso del frisson.
La vedemmo in quel programma ed era chi sarà anche all'Ariston: un'aristocratica che vorrebbe essere altezzosa ma non ci riesce, una snob mancata, una mitomane che si disinnesca da sé - ieri al TG1, ripresa come sempre al telefono, diceva che cadrà di certo dalle scale, e lo diceva muovendosi con la flessuosità da Totò e la timidezza maliziosa da Charlot che l'hanno resa virale su YouTube.
La provocazione alla quale pensa Chiambretti non è il travestitismo, ma il doppio: il fatto appunto che Drusilla Foer non esiste ma c'è, balla, canta, guadagna, ha scritto anche un libro sulla sua vita, spassoso e arguto, Tu non conosci la vergogna (Mondadori), dove racconta la sua vita tra Cuba, New York, Siena, le navi, e altre vite inventate oltre la sua, quella dei genitori, dei nonni, della tata e scrive che è importante fare molto sesso, incluso quello occasionale, perché «è sempre un'occasione».
A Sanremo con lei arriva il doppio, una figura che divide perché non si sa dove inizia e dove finisce, quando recita e quando no, quali parti siano in debito e quali in credito: non si capisce se Drusilla inizia dove finisce Gianluca, o viceversa. E non si sa se riferirsi a lei al maschile o al femminile non perché sia transessuale o perché sia doppia: è un doppio. Questo è teatro, non c'entra con il travestitismo.
«Spesso gli chiedo, ridendo, se non soffre di uno sdoppiamento della personalità», dice alla Stampa Nunzia De Girolamo, che Foer l'ha voluta nel suo Ciao, maschio!, su Raiuno, dopo essersene innamorata subito, a cena con anche l'autrice del programma, Annalisa Montaldo. A quella cena, Drusilla era Gianluca, vestito come sempre con un lupetto a mezzo collo, come uno chansonnier, e disse a De Girolamo: «Lei piace tanto alla mia mamma». E così chiusero gli affari e principiarono l'amicizia. La scissione tra Gori e Foer l'ha sempre notata anche Chiambretti: «La prima volta che entrai nel suo camerino, pensai di aver sbagliato stanza.
Mi ritrovai davanti a un bellissimo, elegantissimo ragazzo di campagna toscano, interessante e colto. La seconda volta che lo vidi era Drusilla e sembrava Wanda Osiris, con valigette, guanti e piedi da alpino dentro scarpe lustratissime. Sono felice di aver scommesso su di lei dopo averla vista al teatro Colosseo, a Torino, e aver vinto i dubbi degli addetti ai lavori, terrorizzati che il pubblico non capisse chi fosse: cosa fosse».
E allora è a questo che gli italiani si spera siano pronti: a godersi uno spettacolo che non c'entra con l'anagrafe di chi lo fa, ma con la sua vita, che nel caso di un artista è la sua arte, quella cosa che fa mangiare patatine e gin tonic, il menù preferito di Gianluca e pure di Drusilla: su questo concordano, l'ha detto lui a un party dell'ultimoSalone del Libro, fumando una sigaretta in un cortile dove non si poteva, ammaliando il portiere con un siparietto delizioso per non farsi cacciare via.
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