Irene Soave per il “Corriere della Sera”
gina chua prima e dopo
«Serve coraggio per mutare in chi si è veramente»: con questa frase, a fine 2020, Gina Chua, oggi 60 anni, annunciava la transizione da maschio a femmina.
Giornalista di rilievo internazionale allora già in forza all'agenzia Reuters, dopo 16 anni al Wall Street Journal e circa due alla direzione del quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, è oggi protagonista di un altro cambiamento: la neo-direttrice di Reuters Alessandra Galloni l'ha nominata executive editor, cioè sua seconda, facendone la giornalista transgender più in alto nella carriera.
alessandra galloni nuovo direttore di reuters
«Sono un esempio di come dopo avere cambiato sesso non per forza ti licenziano», ha commentato lei, con una battuta, la sua promozione. Che è arrivata sulla scorta di un'altra epocale: Alessandra Galloni, italiana laureata a Harvard, 47 anni, è la prima donna in 170 anni a dirigere l'agenzia di stampa Reuters.
alessandra galloni
Il ruolo di «executive editor», a capo dei 2.500 giornalisti che Reuters ha in 200 città del mondo, è stato creato ad personam da Galloni. E prevede tra l'altro che Chua dovrà trovare per l'agenzia più grande al mondo «nuovi pubblici e nuovi modi di raccontare storie».
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Laureata in matematica e poi specializzata in giornalismo alla Columbia University, Gina Chua cura da molti anni un blog intitolato (Re)Structuring Journalism, «(ri)strutturare il giornalismo», che è un laboratorio di idee - firmate fino al 2020 col nome maschile ora deposto - su come far convergere le regole tradizionali della professione con il digitale.
gina chua prima e dopo il cambio di sesso
Proprio sul blog Gina Chua ha annunciato la sua transizione in un post intitolato «Cambiamenti», simile alla mail che ha inoltrato, il 18 dicembre, ai colleghi. Durante i mesi dei lockdown e del lavoro da casa, ha scritto loro, «mi sono adattata a questa nuova pelle. Da tempo sono in viaggio: un viaggio privato che è ora di far diventare una svolta. Sono transgender e da oggi vivrò e mi presenterò secondo la mia identità autentica il 100% del tempo».
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«Ho reso pubblico questo passaggio», spiega ora al New York Times, «perché ci sono ragazzini di 14 anni che devono sapere che la transizione non è una condanna a morte».
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Nata a Singapore in una famiglia cattolica, Chua racconta «di non avere capito per molto tempo che mi identificavo come donna, perché se non hai Internet, non conosci nessuno come te, come fai?».
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Anni di «inquietudine e incertezza» risolti con la transizione: «Mi sembra di avere liberato il 20% dello spazio nel mio cervello», dice ora.
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Chua tornerà in ufficio a luglio. Portando cambiamenti non solo nella struttura dell'agenzia - il cui sito, per esempio, sarà presto a pagamento - ma anche nel suo linguaggio. Le persone transgender «non saranno più dipinte come vittime», scrive. Un cambio epocale, in cui c'è molto di personale.
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