EDDIE VAN HALEN
Andrea Laffranchi per Corriere.it
Se ne va un pezzo degli anni Ottanta. Se ne va una delle divinità della chitarra. È morto ieri Eddie van Halen, chitarrista della band hard rock cui aveva dato il cognome. «Non mi sembra vero dover scrivere questo, ma mio padre Edward Lodewijk van Halen ha perso la sua lunga e faticosa battaglia con il cancro», ha annunciato sui social il figlio Wolfgang, che suonava il basso nella band «di famiglia» dal 2006.
La chitarra elettrica non sarà tanto di moda oggi, il rock è sparito dalle classifiche di vendita (non dagli stadi, attenzione), ma fra quelli che ne hanno costruito l’iconografia c’è sicuramente Eddie van Halen.
Il tapping
Un posto nella storia della musica se lo è conquistato con quelle velocissime mani che perfezionarono la tecnica del tapping (suonare delle note anche con la mano destra sulla tastiera dello strumento) e contribuirono a riportare il rock ai vertici della cultura pop americana all’inizio degli anni Ottanta.
EDDIE VAN HALEN
Le mani e quella chitarra a strisce bianche, nere e rosse, che lui aveva ribattezzato Frankenstein, perché costruita con pezzi di altri strumenti. La tecnica di Eddie, un suono fatto di velocità e virtuosismi, lo ha portato all’ottavo posto nella classifica dei chitarristi di tutti i tempi della rivista Rolling Stone.
Le origini olandesi
Eddie era nato nel 1955 ad Amsterdam. La famiglia aveva deciso di emigrare negli Stati Uniti e nel 1962 si stabilì a Pasadena, in California. Una decina di anni dopo, Eddie, il fratello Alex alla batteria, il cantante David Lee Roth e il bassista Michael Anthony formarono i Van Halen. Dopo una gavetta sui locali di Sunset Boulevard a Los Angeles, arrivò il primo e omonimo disco nel 1978. Fu un successo immediato.
Ma l’esplosione arrivò con «1984». Erano gli anni in cui l’hair metal, i capelli vaporosi, gli assoli infuocati e le tamarrissime tutine aderenti conquistavano anche la Mtv generation. «Jump», che divenne la loro unica hit qui da noi in Europa, fu il simbolo di quell’epoca, grazie alla performance chitarristica di Eddie e a quella atletica di David Lee Roth nel video.
VAN HALEN 5
Gli anni 80 e Mtv
Eddie era un simbolo di quella onda hard-heavy, la band infilava un album milionario dietro l’altro. Secondo i dati della Riaa, l’associazione della case discografiche americane, i Van Halen sono al ventesimo posto per vendite nella storia degli stati Uniti.
A questo impressionante successo commerciale per Eddie bisognerebbe aggiungere anche una quota di «Beat It», hit planetaria del re del pop Michael Jackson cui lui fornì uno dei suoi indimenticabili assoli di chitarra. Il successo commerciale dei Van Halen proseguì anche a cavallo fra anni Ottanta e Novanta, quando al posto di David Lee Roth arrivò Sammy Hagar. Poi la band, fra i rientri alternati dei due cantanti e gli anni con Gary Cherone alla voce, perse smalto e direzione. E anche Eddie, troppa confidenza con l’alcool, finì per perdere la lucidità artistica.
EDDIE VAN HALEN
Dal profilo facebook di Andrea Scanzi
EDDIE VAN HALEN
Li avete mai ascoltati i 102 secondi incendiari di “Eruption”? Il virtuosismo puro: la chitarra che divampa e incendia.
Ve lo ricordate l’assolo di “Beat It” di Michael Jackson?
Era sempre lui, Eddie Van Halen. Il maestro del tapping. Uno dei chitarristi più grandi di sempre. Se n’è andato stasera, ed è una notizia tremenda. Aveva 65 anni, e combatteva da tempo con un cancro alla gola.
La sua chitarra, e la band che porta il suo cognome (e del fratello Alex batterista), sono fortemente legate alla fine dei Settanta e agli Ottanta. Negli articoli viene ora ricordato per il brano “Jump”, singolo vendutissimo dell’album “1984”, ma è riduttivo. Ha fatto molto di più. E molto di meglio.
EDDIE VAN HALEN
In casa ho quattro suoi vinili: “Van Halen”, “Van Halen II”, “1984” e “5150”. Per la mia generazione, erano dischi praticamente irrinunciabili. Gli preferisco, ma lì si va a gusti, Hendrix, Page, Clapton, Gilmour, Rory Gallagher, Duane Allman, SRV, Knopfler (etc). E forse il suo sound era profondamente ancorato a quegli anni. Infatti, almeno io, è da un po’ che non lo ascolto.
Ma era un fenomeno. Uno dei più grandi di sempre. Un mostro di tecnica. Un artista capace di creare un suono e di incidere profondamente nel suo tempo.
La sua scomparsa ci rende tutti più orfani e soli. Persino più di quanto già non lo fossimo.
So long, Eddie.
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