Nabokov
Antonio D’Orrico per “La Lettura - Corriere della Sera”
A un certo punto, mentre descrive Anna Karenina e il conte Vronskij che giocano a tennis, Vladimir Nabokov ha un sussulto telecronistico degno del grande Gianni Clerici e lamenta che i colpi al tempo (1875) erano praticamente quasi tutti banali pallonetti. Se volete capire come si legge un romanzo, Lezioni di letteratura russa è il manuale perfetto.
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Incredibilmente, visto il livello medio dei bestseller, qualche settimana fa i corsi che Nabokov tenne nelle università americane sono passati come una cometa nella classifica dei più venduti. Nabokov si muove nei romanzi degli altri come un tecnico della scientifica in Csi.
Disegna piantine (la vettura letto in cui Anna Karenina ha il sogno premonitore), scopre indizi sfuggiti agli occhi degli altri detective (due ufficiali del reggimento di Vronskij rappresentano il primo coming out omosessuale della letteratura moderna), effettua un confronto all' americana tra Anna Karenina e Emma Bovary (le due first lady della letteratura mondiale: Nabokov ama di più Anna; un altro grande scrittore, Vargas Llosa, ha invece sempre preferito Emma).
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È paradossale, quasi beffarda, la storia di questo esule scappato dall' incubo sovietico e approdato al sogno statunitense, emigrato nella terra dove si inseguiva il miraggio del Grande Romanzo Americano, del libro che sarebbe stato l' inno letterario yankee. Era un concorso che aveva visto sfidarsi capolavori come La lettera scarlatta , Addio alle armi , Il grande Gatsby , L' urlo e il furore . Alla fine, avrebbe vinto lui, il russo Vladimir scrivendo Lolita , il vero, unico e solo Grande Romanzo Americano (non seguono dibattiti o polemiche #MeToo ).
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Avrebbe vinto lo scrittore che da bambino passeggiava con il padre (un politico ucciso, come un Kennedy) a Pietroburgo. Un giorno il padre si fermò per stringere la mano a un tale con la barba. Ripresa la passeggiata, il padre disse al piccolo Vladimir: «Quello era Tolstoj». Era il passaggio del testimone.
ANTONIO D'ORRICO
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