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    SELVAGGIA LUCARELLI SCRIVE A MARK ZUCKERBERG: ''GRAZIE A FACEBOOK HO TROVATO LAVORO, AMICI, LETTORI, SPUNTI. MA ANCHE MOLTI 'PUTTANA', 'MUORI', E LE PAGINE 'SELVAGGIA LUCARELLI PUPAZZO EROTICO DELL'ISIS', 'SELVAGGIA LUCARELLI LAVORA IN TANGENZIALE' - SE SEGNALO IL GRUPPO CHE PUBBLICA LA FOTO DI MIO FIGLIO COL CARTELLO ''MIA MADRE È UNA PUTTANA'', I TUOI SOLERTI CONTROLLORI MI DICONO CHE 'RISPETTA GLI STANDARD'. SE PUBBLICO IL VIDEO DI UNA MAJOR, VIENE RIMOSSO IN 6 SECONDI


     
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    ZUCKERBERG ZUCKERBERG

    1. SELVAGGIA LUCARELLI CONTRO FACEBOOK

    Selvaggia Lucarelli per il “Fatto quotidiano” (pubblicato sulla sua pagina Facebook)

     

    Caro Mark Zuckerberg,

    chi ti scrive è una che ama la tua creatura forse più di te. Una che grazie a Facebook ha trovato lavoro, amici, contenuti illuminanti, una platea di lettori che ha raggiunto il milione, spunti e riflessioni. La premessa è necessaria perché ti sia chiara una cosa: non sono l’ad di Twitter e neanche una che s’è scoperta cornuta controllando il messanger del fidanzato. Sono una che avrebbe solo buoni motivi per tifare per te.

    pagine su selvaggia lucarelli pagine su selvaggia lucarelli

     

    Da un po’ di tempo però, l’amore appassionato che provavo per Facebook s’è sbiadito. Apro la mia pagina, mi faccio un giro sulle altre bacheche, controllo la home e non c’è giorno in cui non mi senta in balia di una violenza senza argini e senza controllo. O che non veda qualcun altro subire la stessa sorte.

     

    Sai Mark, grazie ai potenti mezzi che mi hai messo a disposizione, io ci provo a difendermi. Ieri per esempio ho segnalato al tuo attentissimo, efficientissimo, serissimo team di sentinelle che esiste una pagina pubblica chiamata “Selvaggia Lucarelli lavora in tangenziale”, sottotitolo “uscita della tangenziale scelta, tariffe e orari di Selvaggia Lucarelli”. C’è anche un mio fotomontaggio in tenuta da lavoro serale a corredare il tutto. Dopo poche ore il tuo efficientissimo team mi ha risposto così.

     

    “Grazie, segnalazioni come la tua sono un contributo per rendere Facebook un ambiente sicuro e accogliente. Abbiamo determinato che la pagina che ci hai segnalato rispetta gli Standard della nostra comunità. Non esitare a contattarci se visualizzi altri contenuti che ti preoccupano!”.

     

    pagine su selvaggia lucarelli pagine su selvaggia lucarelli

    Lo stesso messaggio mi è arrivato relativamente alla segnalazione della pagina “Selvaggia Lucarelli pupazzo erotico dell’Isis”, “Rip Selvaggia Lucarelli”, della pagina “Pastorizia never dies” in cui sono stati postati fotomontaggi con l’immagine di mio figlio col cartello “Mia madre è una puttana” o inviti a cercare il mio indirizzo di casa per attendermi davanti al portone. E’ quindi evidente che gli standard della tua comunità sono piuttosto elastici o che le tue sentinelle, anziché fare il loro lavoro, stiano sì su Facebook ma a mettere like alle foto in costume di Belen. O che io sia, effettivamente, una puttana, per cui il dichiararlo non costituisce reato.

     

    ZUCKERBERG CON LA FIGLIA ZUCKERBERG CON LA FIGLIA

    E’ per questo, caro Mark, che la fine di Tiziana Cantone non mi ha stupita, così come non mi stupisce il fatto che la procura di Napoli abbia stabilito che link e sfottò su Tiziana Cantone andavano rimossi da Facebook o che la procura di Monaco ti accusi di incitamento all’odio per la mancata rimozione di post che negavano l’olocausto.

     

    E’ solo l’inizio. E’ l’apertura delle danze. E’ il frutto di una politica menefreghista, irresponsabile e scellerata che sta dando i suoi frutti. Il suicidio della Cantone e delle altre Cantone di cui non sappiamo sparse per il mondo, sono contenuti che presto non potrai più rimuovere dalla tua coscienza.

     

    E tu, caro Mark, dovrai cominciare a decidere cosa fare del mostro che hai creato. Intanto, io vorrei che sapessi una cosa: è finita l’epoca in cui ci potevi prendere per fessi. In cui Facebook ci andava bene così com’era. Il nocciolo della questione comincia ad essere chiaro a tutti: vuoi guadagnare il più possibile, vuoi il maggior numero di utenti possibile, vuoi il minor numero di rotture di coglioni possibili. Ottieni 2 miliardi di profitto in un solo trimestre, hai un miliardo e settecentomila utenti e una politica relativa a sicurezza, tutela degli utenti e controllo dei contenuti che in confronto il forum del Lady Gaga fan club è la Gestapo.

    pagine su selvaggia lucarelli pagine su selvaggia lucarelli

     

    Intanto, basta con la storiella che Facebook non ha dovere di monitoraggio e controllo preventivo di contenuti. Tira fuori le palle e metti mano al portafogli Mark. Non sei un liceale che ha messo incinta la compagna di classe e può scappare dalle sue responsabilità con qualche alibi, tanto più che tu sei già padre. Padre di una bambina che un giorno dovrà difendersi dallo stesso corto circuito che ha ucciso Tiziana Cantone e padre della piattaforma col più alto numero di contenuti del mondo.

     

    E no, non puoi continuare a far finta che quei contenuti non ti riguardino. E’ come se Ferrero dicesse “Sì, faccio cioccolata, la vendo, la distribuisco ma non sono responsabile di quello che i miei operai ci mettono dentro.”. Tanto più, caro Mark, che i miei contenuti ti interessano eccome. Ti interessa sapere cosa mangio, cosa compro, cosa faccio nel tempo libero, se sono sigle, dove vado in vacanza, cosa cerco sul web.

     

    QUELLO CHE SCRIVONO A SELVAGGIA LUCARELLI SU FACEBOOK QUELLO CHE SCRIVONO A SELVAGGIA LUCARELLI SU FACEBOOK

    Ti interessa perché questi contenuti li vendi. I “puttana” “muori” “troia” “pezzo di merda”, i contenuti razzisti, nazisti, i nostri filmini privati invece, sono contenuti che ti interessano meno, a quanto pare. Sono quelli di cui non vuoi sapere nulla perché non ti arricchiscono. E non è un caso che se si cerca un addetto al marketing in Italia sia facile da reperire un dipendente in carne ed ossa, se si cerca un addetto ai contenuti si debba cliccare su “segnala”.

     

    Non è neppure un caso che la sede di Facebook in Italia sia una specie di luogo di ritrovo della carboneria. Un ufficio senza neppure una targhetta fuori, con qualche sparuto dipendente. E’ il tuo modo di ricordarci che siete solo una tech company, mica una media company. E’ il tuo modo di rimanere il più possibile anonimo, di restare grigio come una della tue magliette. Di startene defilato e non accollarsi responsabilità. Mica come Google o Yahoo con le loro insegne fighe e visibili da due isolati. Ah già. Voi un team addetto al controllo di quello che accade su fb lo avete.

    mac zuckerberg mac zuckerberg

     

    E no, non è un algoritmo. Hai assunto ben quattro squadre composte da esseri umani di cui una in Texas, una in California, una in Irlanda e una in India. Due miliardi e trentotto milioni di utili in un trimestre e hai quattro team addetti al controllo di un miliardo e 700mila utenti. Che poi ce lo vedo un indiano a tradurre “MA CHE SANG' E CHI V'È MUORT!”.

     

    Magari è lo stesso indiano che ha analizzato “Selvaggia Lucarelli lavora in tangenziale” e s’è convinto che sia una dipendente Anas. Che poi diciamolo: fai beneficenza e ti guardi bene dal creare una rete di dipendenti proporzionata alla dimensione della tua azienda. Non regalare, assumi. Ne ha bisogno fb e ne hanno bisogno tanti ragazzi, molto più della tua elemosina in giro per il mondo.

    selvaggia lucarelli freddie kruger selvaggia lucarelli freddie kruger

     

    E allora che succede caro Mark. Succede che magari una come me si sente impotente e se non può far rimuovere dei contenuti almeno li denuncia pubblicamente. E qui viene il bello. Se uno mi scrive puttana nel 99 per cento dei casi dovrò rivolgermi al mio avvocato perché il tuo indiano non lo rimuoverà.

     

    Se però io faccio uno screenshot di quell’insulto e scrivo “Guardate cosa scrive la gente” il tuo team implacabile cancellerà quel commento. Addirittura sospenderà il mio account perché per Facebook io faccio del bullismo. Se io pubblico il post di qualcuno che deride la Cantone tu blocchi me, non lui, in un vortice di contraddizioni e surreali controsensi che creano quel senso di frustrazione per cui qualcuno alla fine, si suicida.

     

    Il dubbio che sia Facebook il più grande bullo del pianeta, il più alto della classe, quello di cui hanno paura pure le maestre naturalmente non ti viene mai. Nel frattempo, caro Mark, io su di te ho maturato due certezze: quella che tu chiami “difesa della libertà di espressione” ci sta privando della libertà di frequentare Facebook senza sentirci costantemente aggrediti. Tu giri con sedici guardie del corpo, noi siamo un miliardo e mezzo e a difenderci hai messo un cecchino orbo che spesso sbaglia bersaglio e spara alla vittima. Pensaci, prima del prossimo morto sulla coscienza.

    TIZIANA CANTONE TIZIANA CANTONE

     

    p.s.

    Se esce un video o un pezzo non autorizzato le major discografiche riescono a costringere fb a rimuovere tutto in 6 nanosecondi. Chissà come mai.

     

     

     

    2. GUIDA SU COME DIFENDERSI DA FACEBOOK (E DA SE STESSI)

    Giulia Cazzaniga  per Libero Quotidiano

     

    Internet non dimentica niente. Tutto quello che diffondi nel web - foto, video - viene a galla anche dopo anni dalle reti "darknet", dai siti non indicizzati dai motori di ricerca. Quando lo ha capito, Tiziana Cantone, a 33 anni, si è tolta la vita.

     

    facebook rimuove pure il gelato di evelyne axell facebook rimuove pure il gelato di evelyne axell

    La sua imprudenza l' aveva portata a condividere i suoi video privati con ben otto amici. Il direttore Vittorio Feltri ha espresso chiaramente la sua opinione su questa storia dopo che il Tribunale di Napoli ha condannato Facebook per non aver rimosso prontamente il video imbarazzante. La colpa non è del social network che, ha spiegato il direttore, è una bacheca su cui ognuno annota ciò che gli garba; il punto è che la giovane donna ha sbagliato a diffondere le sue immagini.

     

    Ma a parte questo caso in cui a cominciare a condividere il video è stata la stessa donna che poi si è tolta la vita, cosa bisogna fare per difendersi dal web? I genitori possono pubblicare le immagini dei propri bimbi? Si possono salvare fotografie compromettenti sui propri dispositivi senza rischiare che finiscano nel mare magnum della rete? A Ivrea, qualche settimana fa, un 28enne è stato denunciato per aver pubblicato su Facebook filmati a sfondo sessuale di un' amica.

     

    Glieli avrebbe rubati dal telefonino, prestato per atto di gentilezza, e sono diventati virali. È successo anche a La Spezia. Lui 15 anni, lei poco più che maggiorenne: si sono ripresi con lo smartphone, il ragazzo ha condiviso il video con gli amici, poi non è stato più possibile fermarlo.

     

    E nel tritacarne del web è finita pure una nota conduttrice televisiva, che ha raccontato che qualcuno le ha rubato foto private dal telefono.

    FACEBOOK CENSURA FACEBOOK CENSURA

     

    LA BIBBIA 3.0

    Puoi chiedere che il materiale che ti riguarda venga rimosso dal web: si chiama "diritto all' oblìo" ed è pure stato ribadito da una sentenza della Corte di giustizia europea.

     

    Ma se il video è diventato virale «è un diritto di fatto tecnicamente irrealizzabile», secondo Alessandro Curioni, autore di "Come pesci nella rete": «Nelle aree profonde e nascoste del web, dove tecnologie sofisticate rendono inefficaci i tradizionali mezzi di accertamento delle identità online, esiste un grande file che si chiama "Bibbia 3.0", che raccoglie il peggio del web. Un mostruoso dossier di materiale pedopornografico o hard rubato».

     

    È lì che Curioni ha scovato il video porno del 2001 di cui Libero ha potuto visionare dei fotogrammi. «Le persone pensano che il web sia solo quello in cui navighiamo. Ma non è così: esistono i siti non indicizzati dove potrebbero finire le nostre foto private, le nostre chat, i nostri video». E non pensare di essere in salvo perché di filmini osé non ne hai mai girati o perché li custodisci in cassaforte su una memoria fisica in casa.

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    Marzio Ferrario è a capo dell' agenzia investigativa Phersei e ne vede di tutti i colori. «Negli ultimi tre anni», racconta, «registriamo l' aumento di casi di violazione d' identità. Le persone si rivolgono a noi perché hanno scoperto che sono stati attivati sui social network profili falsi. Con la nostra unità specializzata che svolge indagini informatiche scopriamo che dietro questi "fake" ci sono sia gli "ex" compagni di vita, ma anche dipendenti che vogliono danneggiare il capo, che magari li ha licenziati. O parenti con i quali i rapporti si sono fatti difficili. O anche colleghi».

     

    VENDETTE E RIPICCHE

    Ferrario ricorda il caso di un collega che «aveva trovato il modo di ritrarre quello che considerava il suo "nemico" in momenti privati». Con queste foto faceva di tutto: le truccava, le diffondeva, cercava di distruggere l' immagine del cliente. «Con i social network è bene seguire alcuni consigli», spiega l' investigatore: «Più le impostazioni sulla privacy della propria pagina sono aperte alle interazioni, meno sei al sicuro. Solitamente i detrattori rubano le foto dai tag di gruppo. I filtri dei social network, se ben impostati, possono essere un deterrente. L' altro consiglio è di essere tempestivi.

     

    Una volta che si viene a conoscenza di una violazione, bisogna rivolgersi subito alla Polizia. Il nostro ruolo come agenzia investigativa è quello di intervenire subito per identificare il soggetto che ha divulgato in modo illegittimo dei dati personali e di aiutare con un' azione legale a far valere il proprio diritto all' oblio». Fabio Ghioni è un esperto a livello mondiale di tecnologie non convenzionali. È diventato famoso per essere stato a capo del Tiger team di Telecom.

     

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    Gli chiediamo se sia possibile che chi vuole distruggere la tua reputazione assoldi un hacker per violare le nostre memorie online. Ci spiega che «chi ha vera competenza è praticamente impossibile che si presti a queste vendette private». Quando il nome di Ghioni salì agli onori delle cronache, ci racconta di aver ricevuto decine di richieste di persone che domandavano con una scusa se potesse recuperare la password di una email, o se poteva cercare sul WhatsApp della fidanzata le prove di un tradimento. La domanda, quindi, c' è.

     

    ANTIVIRUS

    L' offerta di questo tipo di prestazioni, secondo Ghioni, invece no: «Il 99,9% dei casi di diffusione di immagini e video personali sono dovuti semplicemente alla mancanza di buon senso e di intelligenza dell' utente», ci dice.

     

    «L' italiano medio custodisce tutto nel telefono, ma è disattento e lo lascia in balìa di persone estranee. Così mette a rischio password, immagini, video, dati. Soprattutto, la stragrande maggioranza di chi usa Facebook, non ne ha mai letto le regole. Pensa che pubblicando online i dettagli della propria vita personale, questi possano rimanere privati. Ma così non è, lo dice il termine stesso social network». Ghioni consiglia quindi di usare il miglior antivirus del mondo: il cervello.

     

    Se non si è cauti, può capitare di essere vittima del fenomeno di sex extortion anche se si instaurano rapporti sentimentali o di fiducia esclusivamente online. Ci sono adescatori che invitano le loro vittime a mostrarsi attraverso foto, video o chat che lo ritraggono in atteggiamenti ambigui, in pose sexy o in situazioni equivoche. E poi ricattano il malcapitato per estorcergli denaro. Ma ogni tua foto resa pubblica sui social potrebbe potenzialmente essere utilizzata da qualcuno che ti vuole screditare. Basta cercare su google "porno fake" (avvertenza: per stomaci forti) per vedere cosa sono in grado di fare con le foto. Certo, più sei noto e più sei a rischio.

    TIZIANA CANTONE TIZIANA CANTONE

     

    PEDOFILI

    Ma la regola vale anche per i bambini. Le immagini più innocenti possono essere truccate per crearne di nuove dai pedofili. Sul tema, la risposta della Polizia Postale è chiara. Più della metà delle foto contenute nei siti pedopornografici proviene dalle foto condivise dai genitori sui social network. «Mamme, tornate in voi, scrivono gli agenti sulla pagina "Vita da social". Se i vostri figli sono la cosa più cara al mondo, non divulgate le loro foto in internet».

     

    LA NUVOLA

    Che un tuo video o una tua foto siano su internet, non vuol dire per forza che tu le abbia pubblicate sui social. C' è anche il "cloud", la nuvola informatica su cui salviamo le nostre immagini.

    Restano private, è vero. I sistemi sono sicuri, sì. Ma solo se li sai usare. «Salvare le proprie foto e i propri video sulla "nuvola" è come salvarli sul computer di qualcun altro», ci spiega Matteo Flora, esperto di reputazione digitale e fondatore di The Fool: «Quando metti qualcosa in rete, la cancellerai con molta difficoltà».

     

    PASSWORD

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    Le "porte blindate" di questi edifici virtuali esistono, ma molti non le utilizzano: è consigliabile attivare la funzione dell' autenticazione doppia, che prevede che il sistema ti invii un sms se qualcuno cerca di accedere alla tua memoria». «Molto sconsigliato - prosegue Flora - è il riutilizzo delle password, simili o addirittura uguali, per diversi strumenti. Una password facile, o uguale, è una serratura di plastica. Bisogna poi chiedersi se si ha davvero bisogno di salvare foto e video privati online e se chi sincronizza i propri dispositivi tra loro sa che i propri dati vengono salvati nel cloud».

     

     

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