Michele Serra per “la Repubblica”
Sandro Veronesi e Michele Serra
Cari voi tutti dell’Unità ( chi la scrive e chi la legge), in mezzo ai quali sono cresciuto e ai quali devo tantissima parte della mia formazione culturale e della mia sorte umana. Sono ovviamente triste per la morte (annunciata, e da almeno vent’anni incombente) del giornale. Ma oso chiedervi di non cercare un colpevole se non nel tempo che passa, e smonta di continuo ciò che abbiamo montato con tanta pazienza e passione.
UNITA GIORNALE
La politica, i partiti, i giornali: è la trinità che ha illuminato la giovinezza di chi oggi viaggia dai cinquanta in su. Trovatemi qualcuno, al di sotto dei trentacinque anni, che consideri un partito o un giornale parte decisiva della propria identità. Figurarsi un giornale di partito.
Che indossi una testata così come la indossavamo noi, che appena svegli si andava all’edicola per avere sottobraccio o in tasca il “nostro giornale”. Anche se di soldi ne avevamo pochissimi, qualunque prezzo ci sembrava insignificante rispetto alla fortuna di sentirci parte di una comunità. Ora anche il centesimo, nel mare delle news nel quale pescare a piene mani, e gratis, pare un macigno.
foto di Enrico Berlinguer
E l’identità è tutt’altro affare, i ragazzi se le cercano in rete, o nella fitta socialità di strada e di bicchiere, o dove pare a loro, oppure non la cercano affatto, sembrandogli già un miracolo non affogare nel nulla della crisi. Non è finito il mondo, ovvio, ma il nostro mondo sì. Ognuno viaggia più solo e più smarrito: in questo senso toccherà tornare ragazzi anche a noi adulti, e non è detto che non ci faccia bene.