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    “NON METTEREMO IL TUO VIDEO PORNO ONLINE E NON LO VEDRANNO NELLA TUA CITTÀ. TI DIAMO FINO A 6000 DOLLARI” - SI È CONCLUSO IL PROCESSO CONTRO "GIRLSDOPORN", IL SITO PORNO ORA CONDANNATO PER FRODE, COERCIZIONE E VIOLENZA SESSUALE – BARBARA COSTA: “AVETE MAI VISTO UN SUO VIDEO? QUELLE RAGAZZE, IN QUELLA CAMERA DA LETTO, NON ERANO ATTRICI CHE GIRAVANO UN PORNO, MA RAGAZZE CHIUSE IN UNA STANZA, FORZATE A SUBIRE ATTI SESSUALI NON RICHIESTI, E NON PAGATI, DIVULGATI A LORO INSAPUTA…” – L’INCREDIBILE STORIA


     
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    Barbara Costa per Dagospia

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    Non lo saprà nessuno. Non metteremo il tuo video online. Non lo vedranno nella tua città. E il tuo nome non comparirà. Ti diamo fino a 6000 dollari. Cash. Lo fai? Firma qua. E sei all’inferno.  Si è concluso il processo contro "GirlsDoPorn", il sito porno ora condannato per frode, coercizione e violenza sessuale. Avete mai visto un suo video? Forse sì, e non avete nulla da rimproverarvi: come sapere che quelle ragazze sul video, in quella camera da letto, non erano attrici che giravano un porno, ma ragazze chiuse in una stanza, forzate a subire atti sessuali non richiesti, e non pagati, e divulgati a loro insaputa?

     

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    Ecco qui i fatti: GirlsDoPorn nasce a San Diego nel 2009 a idea di due neozelandesi, Michael Pratt e Matthew Wolfe. Sul web, reclutava ragazze giovanissime, dai 18 ai massimo 25 anni, proponendo loro servizi fotografici o brevi video di nudo non pornografici o, se pornografici, destinati non al web ma a dvd privati, e fuori dagli USA. Per questi video, offrivano paghe molto alte, dai 2000 dollari in su, viaggio aereo e alloggio in hotel compresi. A tali annunci rispondevano per lo più studentesse universitarie, precarie e/o disoccupate, attratte dalla possibilità di lauti guadagni extra. E facili.

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    Appena una ragazza lasciava i suoi contatti per più informazioni, veniva raggiunta da mail e sms di sue sedicenti coetanee, che le si presentavano quali ex o attuali modelle, che avevano posato per questi signori, e si erano trovate benissimo: la paga era quella proposta, via cash, e ogni cosa si svolgeva nella massima correttezza. Nel momento in cui una ragazza accettava il lavoro, le arrivavano biglietto aereo e indirizzo dell’albergo.

     

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    Tutto spesato. Tutto secondo i piani… e invece ecco che, sbarcata a San Diego e giunta in hotel, e fatte a lei firmare ingannevoli liberatorie (e che in realtà attestavano il suo illimitato consenso per uso e distribuzione web del materiale da girare, nonché la perdita su di esso di ogni diritto: moduli che le sventurate non leggevano, o in ogni modo non capivano, data la giovane età), veniva serrata in camera, e sottoposta a filmato sesso totalmente non consensuale. A fine "trattamento", veniva pagata e un’inezia rispetto a quanto pattuito, buste che tante tra loro non controllavano, per l’angoscia e la fretta di fuggir via.

     

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    Poco tempo, e ogni ragazza ritrovava il suo video in rete, nei siti porno i più frequentati (come Pornhub) spesso col suo vero nome, e presentata quale attrice. Molte ragazze hanno subìto bullismo e molestie online, hanno perso il posto (tali video sono stati visti dai loro datori di lavoro, dai loro padroni di casa), e deteriorato affetti familiari e personali, costrette a trasferirsi per tentar una nuova vita altrove. Non denunciavano per paura e vergogna, ma principalmente per assenza di prove a loro discolpa: non solo i contatti che avevano non erano più attivi quando vi ricorrevano devastate, ma anche le identità dei loro violentatori erano false, falso il nome della società che intendevano accusare. Soprattutto si sapevano imprigionate a quei documenti, a quella firma che le esponeva quali consenzienti porno performer amatoriali.

     

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    GirlsDoPorn ha proseguito la sua condotta criminale, e pure con spot sui più noti social – e a farci soldi, e parecchi, visto che agli utenti era chiesto un abbonamento mensile di 30 dollari, che a loro fruttavano introiti milionari – fino al 2020, cioè fino a che un gruppo di donne, incoraggiate da avvocati decisi, ha finalmente denunciato. L’attore con loro nei video è stato riconosciuto, così il cameraman. Alle prime denuncianti, se ne sono aggiunte molte altre, forti della legale garanzia che i loro nomi non sarebbero stati dati in pasto ai media. Così è stato.

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    Tutt’oggi, non sappiamo i nomi reali delle ragazze nel processo denominate Jane Does 1, Jane Does 2 e così via, e però quelli di GirlsDoPorn sono stati arrestati e, nonostante abbiano tentato di sottrarsi al processo con un’istanza di fallimento giudicata frivola (e per la quale sono stati a parte condannati), alla fine si sono dichiarati colpevoli – e con loro le "ragazze" che telefonavano alle vittime spacciandosi quali modelle: in realtà era la contabile di GirlsDoPorn… – e sono stati condannati a 20 anni di reclusione, più al pagamento di risarcimenti di oltre 12 milioni di dollari (ma l’ammontare complessivo sarà stabilito a ottobre, le donne da risarcire sono 402, sia testimoni al processo sia no, e il loro numero aumenta, e probabilmente che si aprirà un nuovo processo: si teme che vi siamo rimaste coinvolte minorenni).

     

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    Cosa importantissima, ogni vittima di GirlsDoPorn ha tratto i diritti di proprietà e immagine del materiale girato, e solo così è riuscita a ottenere la rimozione dei filmati in rete, a partire da Pornhub. Pornhub che da 50 donne è stato tacciato di sapere come operava GirlsDoPorn. Pornhub che dai video di GirlsDoPorn ha ricavato cifre notevoli. Pornhub che aveva GirlsDoPorn in Top 20, (era tra i brand più visti, con quasi 700 milioni di views (ma, se si sommano i video di GirlsDoPorn postati su altri frequentati siti porno, le views sono miliardi).

     

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    Pornhub ribatte che non ne sapeva niente, che ha tolto GirlsDoPorn dal suo bouquet nel 2019, prima dell’imposta chiusura giudiziaria, e che con le sue 50 querelanti ha raggiunto un accordo extragiudiziale i cui termini sono tenuti riservati.

    E non è finita qui. Michael Pratt, il capo dei capi di GirlsDoPorn, al contrario dei suoi complici, è riuscito a sfuggire all’arresto, è tuttora latitante e irreperibile – si dice sia in Nuova Zelanda – e sulla sua cattura, o per notizie che la possano agevolare, l’FBI ha posto una taglia di 10mila dollari da ultimo aumentata a 50mila.

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