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Alberto Fraja per "Libero quotidiano"
In un libro tratto dalle Bustine di Minerva, la celeberrima rubrica culturale che Umberto Eco tenne sull'Espresso fino al 2016, il grande semiologo elencava alcune spassosissime e argute «Regole di Scrittura» cui attenersi rigorosamente quando si è al cospetto di una pagina bianca da imbrattare.
Il ricettario era prevalentemente indirizzato a quegli studenti che un attimo prima di affrontare un compito di italiano o una traduzione di latino odi greco vengono còlti da patologie respiratorie, cardiache o gastrointestinali di origine palesemente ansiosa.
Un momento drammatico cui nessuno di noi è sfuggito allorché, ai tempi della scuola, venivamo chiamati a scogliere un micidiale groviglio di itoti, analessi, chiasmi, metonimie, antifrasi, preterizioni e altri artifizi linguistici. Nomi che evocavano malattie mortali di altri tempi mai del tutto debellate.
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Figure retoriche di cui nessuno o quasi aveva e continua ad avere contezza pur adoperandole quotidianamente nel linguaggio corrente. Che è un po' come mangiare un buon piatto ignorandone gli ingredienti, oppure suonare senza conoscere le note, ovvero fotografare senza avere la minima idea di dove e come scattare.
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CACIO SUI MACCHERONI L'EGO - HUB
Certo, delle figure retoriche si può fare tranquillamente a meno, andando a istinto, a orecchio, per imitazione. Ma vuoi mettere il piacere e la soddisfazione di conoscere, di poter andare più in profondità, godersi le sfumature, i dettagli, riuscire a tirar fuori il meglio da ciò che facciamo e decodificare in maniera più efficace ciò che fanno gli altri?
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A questo proposito cade come icing on the cake (traduzione alla buona: cacio sui maccheroni) un delizioso libretto intitolato Si figuri! (Clichi Edizioni, 64 pagine, 19 euro) scritto da Elisa Puglielli. L'agile volume della Puglielli non è il primo della specie. Negli annidi libri dedicati a questi archibugi del discorso scritto e parlato ne sono usciti molti: saggi accademici, manualetti per studenti disorientati, corsi per manager d'assalto, albi illustrati per bambini.
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Ma Si figuri ha una marcia in più siccome alle parole unisce le immagini, così da rendere più chiari certi concetti astrusi quant' altri mai. E la cosa non meravigli considerando che il volume altri non è se non la tesi di laurea in Design, Comunicazione Visiva e Multimediale dell'autrice, apprezzata designer e illustratrice romana. Ma cos' ha fatto, in soldoni, madame Elisa? Utilizzando a sua volta una figura retorica (la metafora) per tradurre in immagini alcune espressioni di uso comune, ha compilato una vera e propria guida (appunto) illustrata che spiega, uno a uno, ben 44 modi di dire, in rappresentanza di altrettante figure retoriche.
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Cogliamo fior da fiore. Sapete come va definita l'espressione: «Non ha un briciolo di cervello»? Iperbole, che vuol dire più o meno esagerazione. E «passare a miglior vita»? Quanti di voi sanno che trattasi di eufemismo, parola o locuzione adoperata in luogo di quella propria? «A me mi» (esempi: a me mi piace la pasta all'amatriciana, a me mi piace Belen) oltre che un qualcosa di grammaticalmente poco ortodosso, è un pleonasmo.
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E dicesi pleonasmo un'espressione che potremmo definire sovrabbondante. Ancora. «Uno per tutti» è un chiasmo, inquietante lemma che può essere rappresentato come un incrocio immaginario tra due coppie di parole, in versi o in prosa, con uno schema sintetico AB.BA.
«La morte non è un male» è la descrizione di un fatto che contraddice l'opinione comune o l'esperienza quotidiana. E questo è tanto vero che, a margine dell'espressione, metterebbe conto di consigliare all'interlocutore l'espletazione di prudenti gesti apotropaici. Vulgo: se maschietto, abbandonarsi senz' altro allo sfregamento dei propri penduli bargigli.
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ERRORI E ALTRI ARTIFICI
E «Mangia che ti fa bene» sapete cos' è? È un anacoluto (non è una parolaccia), ovverosia una sgrammaticatura che consiste nel cominciare un periodo in un modo e finirlo diversamente. «Guadagnarsi il pane» è una metalessi, tipo di metonimia in cui un termine indicante l'effetto è sostituito con uno indicante la causa.
C'avete capito qualcosa? No? Allora mettiamola così: dicesi metalessi un escamotage grammaticale che consiste nel sostituire l'espressione diretta con un'espressione indiretta, cioè nel fare intendere una cosa per mezzo di un'altra che la precede. Il Bel Paese (copyright Dante Alighieri) è una perifrasi, ovverosia un giro di parole con cui si significa una qualsiasi realtà cui ci si potrebbe riferire direttamente con un unico termine.
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Se il palloncino ha fatto «Boom» siamo di fronte a una onomatopea, vale a dire la riproduzione attraverso suoni linguistici di una determinata lingua, il rumore o il suono associato a un oggetto o a un soggetto. Bene. Se finito di leggere questo articolo ne sapete meno di prima, tranquilli: nessuno vi impedirà di continuare a parlare come mangiate.
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