Dario Salvatori per Dagospia
colapesce&dimartino
Ieri tutti i quotidiani a testate unificate hanno riportato una intervista a Colapesce e Dimartino. Praticamente una velina. Oggetto: la loro prossima partecipazione al Festival di Sanremo, dove saranno in gara con il brano “Splash”. Scontata la curiosità dei cronisti, un po’ meno quella dei due interpreti: “E’ una canzone che ha due livelli di lettura. Può alludere a qualcosa di brutale, ma che racconta anche il peso delle aspettative e di come queste influenzino la nostra vita. E’ un brano sulla direzione che pensiamo stia prendendo la nostra vita. Le aspettative logorano l’anima. La canzone è una grande metafora. Per chiunque ascolti il significato è aperto". Urca.
dimartino e colapesce
Una delle strategie che propone il brano è di quelle che non si dimenticano: “Come stronzi galleggiare per non sentire il peso delle aspettative.” Beh, a questo punto non è proprio la “musica leggerissima” del 2021 che doveva anestetizzare la pandemia. E le influenze? “Luigi Tenco di –Mi sono innamorato di te-, Domenico Modugno di –Vecchio frac- e –Nel blu dipinto di blu-, Peppino Di Capri di –Mondo crudel-, Lucio Battisti di –Anima latina-“
Se fossero nati in America Colapesce e Dimartino sarebbero depositari del nuovo easy-listening, di quella musica che piace agli studenti bianchi, provenienti dalla costosissima Juilliard non certo dalla Berklee che invece è frequentata da italiani e latini. Park Avenue e Simon&Garfunkel centrifugati. In Italia il loro genere suggerisce Erasmus, Luiss, aperitivo tutto l’anno, il “corsivo” di Tik Tok, Roma nord.
COLAPESCE DIMARTINO
A pensare che con lo splash c’è chi ci campa. I Beach Boys, per esempio, da sessanta anni. In Italia e nelle canzoni italiane è un termine proletario, da fagottari con le melanzane alla parmigiana. Però “Domenica d’agosto”(1969), scritta da Gianni Morandi e portata al successo da Bobby Solo, dimostrò che gli steccati ideologici e culturali poco contavano quando le canzoni avevano gli ingredienti giusti per catturare il pubblico: “Domenica d’agosto, che caldo fa/la spiaggia è un girarrosto, non servirà/bere una bibita/se in fondo all’anima sogno l’oceano, Splash!”. Brano entrato negli spot televisivi.
Ancor più proletario il ritornello di “Pinne, fucile ed occhiali”(1962) proposto da Edoardo Vianello: “Con le pinne, fucile ed occhiali/ quando il mare è una tavola blu/ sotto un cielo di mille colori/ ci tuffiamo con la testa all’ingiù. Splash!”. Indispensabile l’armamentario da sub della domenica. Proto trash la copertina: Vianello con lo smoking, goffo e immerso nell’acqua, a suo agio Maria Grazia Buccella in versione sirena. Una delle canzoni più campionate del cantante romano.
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Tornando in America come dimenticare “Splish splash”(1958), di Bobby Darin (1936-1973), italo-americano (Roberto Cossotto) del Bronx, talmente bravo che l’anno dopo già interpretava Kurt Weil. I fans del rock and roll lo odiavano un po’ perché aveva sposato Sandra Dee(1942-2005), la reginetta dei teen film. Ai teenagers piaceva lei, non Marilyn Monroe, considerata un mito da “adulti”. Non a caso in “Grease” Olivia Newton John per sedurre John Travolta sguaina un’arma infallibile: “Look at me! I’m Sandra Dee!”.
dario salvatori parlami d'amore
Intanto il termine splash era entrato in tutti i comparti. Anche a Cape Canaveral per esempio. Quando il 23 marzo 1965 decollò Gemini 3, il primo volo spaziale effettuato con una capsula con un equipaggio composto da due astronauti, Gus Grison e John Watts Young, il termine era già in uso. Mentre gli astronauti scendevano cantavano “Blue moon”, ma da quel giorno non si chiamò più ammaraggio bensì “splash down”.
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