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1. IL MARCHIO TORNA ALLA HOLDING
Mario Gerevini per “il Corriere della Sera”
Riassetto societario in casa Ferrari con al centro un asset fondamentale e di grande valore: il marchio. C’è un progetto, già operativo, di ritorno al passato (molto recente) sulla gestione e valorizzazione del brand. La casa automobilistica ha infatti deliberato la fusione nella holding di «Ferrari Brand spa», oltre che di Iniziativa Fiorano.
Ferrari Brand era stata appena creata proprio per scorporare il marchio, per la precisione quello che fino all’anno scorso era identificato come «Divisione Brand». Cioè il ramo d’azienda riferito a tutte le attività di sviluppo, produzione e distribuzione di prodotti non automotive a marchio Ferrari. Un professionista aveva stimato le attività, al netto del valore di avviamento, in 15,2 milioni. Un valore contabile molto conservativo esclusivamente funzionale a un’operazione infragruppo.
Del resto i numeri di questa area di business sono, di per sé, da grande azienda: il volume d’affari è nell’ordine dei 90 milioni con margini elevatissimi, intorno ai 50 milioni di utile. Il brand Ferrari è considerato il più influente (“powerful” ) al mondo, secondo la classifica di Brand Finance, precedendo Coca-Cola e Google, anche se per valore (4 miliardi di dollari secondo stime della stessa Brand Finance) si piazza in 350ª posizione.
La manovra di dare una veste societaria alla Divisione Brand era stata avviata in un consiglio Ferrari dell’8 novembre 2013. Obiettivo, spiegava il presidente Luca Cordero di Montezemolo, «la valorizzazione, mediante trasferimento in autonomo soggetto giuridico, della licenza di sfruttamento del marchio Ferrari e delle attività di concessione in sub-licenza, inclusa la sub-licenza per il parco tematico Ferrari World Abu Dhabi e nuove iniziative analoghe», oltre allo «sviluppo, distribuzione e vendita di prodotti non automotive a marchio Ferrari», sia in franchising che direttamente o tramite ecommerce.
Un passaggio molto delicato perché un asset fondamentale «usciva» formalmente dalla holding pur restando nel recinto del gruppo. Ne erano ovviamente consapevoli in quel cda, come è chiaro dalla verbalizzazione: «Si registra come l’accordo da parte del Consiglio di trasferire le attività di brand ad un nuovo soggetto legale dipenda dal fatto che il consiglio di amministrazione Ferrari stesso mantenga, attraverso idonea contrattualistica e costante monitoraggio, un invariato presidio sulle attività relative al brand Ferrari».
MARCHIONNE AL MEETING DI RIMINI
L’ok è di novembre e con decorrenza operativa 1 gennaio 2014 il ramo d’azienda viene girato a Ferrari Brand. L’operazione si inseriva anche nel piano di crescita dei negozi Ferrari gestiti direttamente dal Cavallino. Creare una società apposita era funzionale, poi, allo sviluppo di sistemi e processi informatici in grado di dialogare con il resto dell’azienda. Ora, a distanza di pochi mesi, il ritorno all’ovile del ramo d’azienda. Il motivo, si sente dire a Maranello, è che il lavoro di integrazione di processi e sistemi informatici è stato ben più efficace e rapido del previsto tanto da indurre Ferrari a eliminare il doppione e quindi incorporare Ferrari Brand. E con l’occasione Maranello si è portata dentro anche un’altra società, Iniziativa Fiorano, fonte di inutili spese amministrative, proprietaria di un terreno edificabile a Fiorano Modenese del valore a bilancio di quasi 5 milioni.
FERRARI, NERVI ALONSO “TROPPI CAMBI, PRESTO PARLERÒ IO”
Paolo Rossi per “la Repubblica”
Le premesse sono più che interessanti. Questo gran premio di Singapore si annuncia, per la Ferrari, sfavillante come le luci che consentiranno la notturna della gara. Non s’era mai visto un Fernando Alonso bello carico come quello visto ieri, e meno male che l’occasione era un omaggio a lui diretto, una scultura al Clarke Quay Central. Ma figuriamoci: lo spagnolo è partito a molla, senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze delle sue parole.
«Ma io non capisco, sto facendo un anno spettacolare, con punti tripli rispetto al mio compagno, e che succede? Che ogni giovedì devo spegnere i rumors. Che provengono dall’Italia, poi». Questa è la cosa che lo fa impazzire di più: gli avevano garantito che la Ferrari è la scuderia più protetta e sigillata che c’è in F1, e dunque non si spiega le voci.
O se le spiega benissimo. «Io non faccio altro che fare squadra, gioco a basket con i ragazzi, ci vado a cena. E poi questo». Ci manca solo che alzi il ditino, e vai con l’aut aut: «Ma quando parlerò io a qualcuno non piacerà. E io parlerò tra qualche settimana ».
Vettel in Ferrari, e Alonso in Red Bull: questo è lo scambio che non s’ha da fare, almeno non in questi termini. «Chi mette in giro le voci non ha a cuore la Rossa, non dico altro». Anzi no, ci ripensa e spara il post scriptum, ultimo messaggio a chi deve capire. «Il quadro è questo: ad aprile è cambiato il team principal, in estate il capo dei motori e a settembre addirittura il presidente».
È il dito nella piaga: non si ricordano, a memoria recente, tanti cambi di panchina a campionato in corso. Gli zuccherini finali sono convenevoli che lasciano il tempo che trovano: «Ho fatto gli auguri a tutti. So che Marchionne ha cambiato per migliorare, così ha detto. E così spero anch’io».
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