"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON……
1. LUIS ENRIQUE RESTA AL BARCA, MOURINHO CHIAMA MESSI
Domenico Calcagno per il “Corriere della Sera”
Luis Enrique ha garantito di non avere problemi con Leo Messi né con la squadra e tantomeno di avere ricevuto ultimatum dalla società alla vigilia della partita di Coppa del Re con l’Elche (domenica, invece, l’avversario in Liga sarà l’Atletico Madrid). Ma le cose nell’ex paradiso chiamato Barcellona sembrano essere molto più complesse.
Josep Maria Bartomeu, il presidente, ha annunciato che le elezioni per il rinnovo delle cariche si terranno a fine stagione e non, come previsto, nel giugno 2016. «Una decisione — ha spiegato il successore di Sandro Rosell — presa per ridurre la tensione». Ha anche garantito, il presidente, che Messi «è contento e felice di stare dov’è, ha appena rinnovato il contratto fino al 2018 e non è in vendita».
Sarà, ma il problema vero del Barcellona edizione 2014-15 è proprio il rapporto tra Messi e Luis Enrique. Una storia piena di spigoli andata fuori controllo domenica scorsa, quando il tecnico ha tenuto fuori dalla formazione titolare anti Real Sociedad Messi e Neymar.
Il lunedì successivo alla sconfitta l’argentino non si è presentato all’allenamento causa gastroenterite e, avendo tempo, è andato su Twitter per iniziare a seguire il Chelsea, Filipe Luis e Courtois. Non bastasse, il papà di Leo, che gli fa anche da procuratore, avrebbe ricevuto una telefonata — pare non di auguri — da José Mourinho.
Voci prive di fondamento? Possibile, ma è dall’anno scorso che circolano e se circolano un motivo ci sarà. Prima il contratto da rinnovare, poi la presunta tristezza, insomma Messi, per una ragione o per l’altra, non sembra più «contento e felice» di stare al Barcellona ed è logico che, chi può, stia alla finestra in attesa di un segnale chiaro. Messi ha 27 anni, la clausola di rescissione del suo contratto è fissata a 250 milioni di euro, il suo stipendio è di 20 milioni lordi.
Per acquistarlo, quindi, occorre un investimento di almeno 350 milioni di euro. Una follia, sicuro, ma nel calcio ci sono ancora tre club che possono permettersela o perlomeno farci più di un pensiero: il Chelsea di Abramovich, appunto, il Paris Saint Germain di Nasser Al-Khelaifi e il Manchester City dell’altro sceicco Mansour. Ovviamente, un’operazione del genere sarebbe fuori qualsiasi parametro previsto dal fair play finanziario, ma per quello una soluzione si può sempre trovare. Basta volerlo.
2. LA SCALATA A MESSI L’UOMO CHE È PIÙ DI UN CLUB
Giulia Zonca per “la Stampa”
I giocatori straordinari non sanno solo vincere partite da soli, cambiare la geografia del tifo, entusiasmare il mondo, sono in grado di smontare un club. Succede.
Lionel Messi non è la sola stella che ha causato il terremoto dentro una società, spesso quando i talenti si spostano i cicli finiscono ma stavolta l’implosione è pubblica, continua, un pezzo al giorno e il Barcellona ormai è in piena emergenza, tanto che il suo attuale presidente Bartomeu ieri ha annunciato le elezioni anticipate. Il club si sottometterà presto al voto dei soci perché la confusione è totale: «La priorità è abbassare la tensione».
JOSEP MARIA BARTOMEU BARCELLONA
I blaugrana hanno perso il direttore sportivo, sono banditi dalle prossime due sessioni della campagna acquisti e anche se hanno passato il turno di Champions in testa al girone e in campionato hanno solo un punto in meno (e una partita in più) del Real Madrid capolista la formazione sembra sull’orlo di una crisi di nervi. O più semplicemente di un fuggi fuggi generale.
Pulce o piccolo dittatore?
In mezzo al caos la questione più delicata resta il mal di pancia di Messi, la finta gastroenterite che gli ha fatto saltare l’allenamento dopo la panchina mal digerita e il reale fastidio per un ambiente che un tempo considerava casa. La Pulce ha sempre avuto l’insofferenza facile, persino ai tempi di Guardiola, nel 2011, ha saltato un pomeriggio di lavoro dopo una sostituzione di troppo. Allora la catena di comando era solida e le vittorie asfaltavano le incomprensioni. Ora è diverso: dal 2013 Messi si sente meno protetto.
La società non lo ha sostenuto nel processo con il fisco, il suo caro amico Fabregas se ne è andato ben felice di lasciare la compagnia, Tata Martino, oggi ct dell’Argentina, ha liquidato la parentesi Barça come «un totale fallimento» e chiarito che il gruppo aveva troppi guai per una programmazione serena. Tutti segnali di allarme, al resto ci ha pensato Luis Enrique.
Luis Enrique anti-talenti
L’allenatore ha esordito nella prima conferenza stampa di stagione con l’illuminante frase: «Il fulcro di questa squadra sono io». In teoria spiegava che Messi e Neymar non dovevano contendersi il ruolo di stella e in pratica replicava il trattamento riservato a Totti alla Roma. Metodo che non sembra dare risultati brillanti. Una guida testarda, una struttura indebolita, la normale flessione di una squadra che ha vinto tutto, dirigenti poco preparati ad affrontare la crisi e pure la politica giovanile messa in questione dalla squalifica Fifa. Quanto basta per non sentirsi più troppo comodi con la camiseta blaugrana.
Trattativa da fantacalcio
Messi è stufo ma partire è complicato e gli strappi non gli sono concessi: il Barcellona lo ha cresciuto, guarito, accontentato e va bene cercare una seconda vita altrove però ci vuole il dovuto garbo. Il quattro volte Pallone d’Oro ha da poco rinnovato il contratto e la clausola di rescissione dice 250 milioni. Anche se la cifra diventasse trattabile, vista la volontà del giocatore di cambiare aria, resta un cartellino stimato sui 172 milioni e uno stipendio da 20 milioni l’anno. Insomma per meno di 200 milioni è quasi impossibile che Messi diventi davvero uomo mercato eppure gli approcci per tentare la trattativa si fanno pressanti.
Prima il Psg, in realtà bloccato dal Fair play finanziario, ora il Chelsea che avvicina cauto il padre-procuratore di Leo. Non si parla del mercato di inverno ma del prossimo anno. E di un’altra dimensione. I 100 milioni per Bale sembreranno niente di fronte a questo contratto, ammesso che qualcun o abbia davvero il coraggio di metterci la firma.
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