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Articolo di Ivan Zazzaroni per corrieredellosport.it
Per la prima volta inizio un’intervista con un banalissimo, ma inevitabile, come stai? «Sono sotto trasloco, adesso tanto stanco. Da Firenze, dove avevo una casa grande, a Roma dove la mia l’ho scoperta fin troppo piccola. Sto buttando un sacco di roba. Sbuca di tutto, ovunque.
Alcune cose finiscono nel cassonetto, altre le distribuisco. Mi devo liberare. Ho magliette della Roma d’ogni tipo, una ventina con l’8 che non ho mai indossato. Trasloco anche i pensieri dallo spirituale al materiale. Ho scoperto che la casa ti lega a un posto. Devo fare ordine».
(...)
«Non riesco a star fermo, devo muovermi, gioco a padel, ho la palestra in casa. Ti dicevo dell’appartamento di Firenze che ho lasciato...».
lazio roma bove colpito dalla bottiglietta
Prosegui pure.
«A un minuto dal Duomo, ci sono stato solo dieci mesi eppure mi sento legatissimo a un posto in cui ho vissuto più emozioni negative che positive. Firenze, la città, è stata importante.
Quando non avevo cose da fare andavo in giro, il Lungarno, le strade del centro, vedevo solo cose belle, incontravo gente che mi copriva d’affetto. Alla fine le cose più dolorose sono anche le più potenti. La sofferenza, se condivisa con gli altri, enfatizza i rapporti, oltre che i ricordi».
Qual è il tuo rapporto col dolore, oggi?
«Mi fa sentire vivo, lo riconosco e non mi spaventa, lo accolgo. Tanto è inutile respingerlo. Il dolore mi ha fatto pensare a una vita normale. Ho tanti amici che studiano o lavorano e ci sono stati momenti, in questi mesi, in cui ho temuto di dover smettere di giocare. Se non avessi avuto quell’incidente, questa parte di vita non l’avrei conosciuta. Mi sono ritrovato a riflettere su cosa avrei fatto da grande. Situazioni come la mia sono piene di step».
E il prossimo qual è?
«Il ritorno in campo. Bisogna fissare il come, il dove e quando».
E chi lo fissa?
«Edoardo». Sorride.
Hai tenuto il conto degli esami ai quali ti sei sottoposto da gennaio a oggi?
«Le visite saranno state una decina, molte di semplice controllo, elettrocardiogramma, prove sotto sforzo, holter pressorio, oltre a aritmologiche e a studi elettrofisiologici. Sono preparato. I medici hanno giustamente tutte le cautele... Ci vuole ancora un po’ di tempo, ma sento che si sta chiudendo il cerchio».
il fratello di flavio cobolli e edoardo bove
Al punto che...?
«Stiamo parlando con la Roma».
Sei sotto contratto.
«Fino a giugno 2028, è ancora lunga».
So che ti sei sentito con Christian Eriksen.
«Più di una volta, nei primi giorni e anche in estate. Abbiamo qualcosa in comune, pur non conoscendoci di persona. Me lo sento vicino e sono contento che abbia trovato un’altra squadra...».
Ti stai spendendo parecchio per informare sull’importanza del primo soccorso.
«Che può salvare tante vite. Ci sono persone che non hanno la percezione dell’importanza dell’immediatezza dei soccorsi. Il primo, la tempestività, la preparazione di chi lo porta sono passaggi fondamentali. I vantaggi concreti includono la stabilizzazione dell’infortunato, la riduzione di ulteriori danni e altro ancora».
Il periodo nero è passato del tutto?
«Quando mi sono ritrovato senza certezze, ho attraversato una crisi che definirei d’identità. Fino ad allora non avevo fatto altro che giocare a calcio. In momenti come quelli ti poni un sacco di domande, ti chiedi cosa sarai senza il pallone. Mi hanno aiutato la famiglia, gli amici, i compagni, i tifosi, la Fiorentina, e non mi riferisco solo alla squadra, ma anche ai dirigenti».
Il sogno di calcio è sempre ricorrente, la notte?
«Sì, e sono sogni frequenti. Un gol in rovesciata, sotto la traversa, quelli che non mi competono». Sorride di nuovo.
La giovane età in qualche modo ti aiuta. Hai davanti a te ancora tanti anni di professione.
«È successo a me, in fondo ringrazio il destino perché mi ha fatto capire tante cose. Non ho paura del futuro».
Qualche momento positivo non è mancato.
«Il ricordo più bello resta l’accoglienza dell’Olimpico prima di Roma-Fiorentina, un insieme di emozioni fortissime».
A proposito, guardi ancora le partite?
«Solo quelle di Fiorentina e Roma, le altre mi danno fastidio... Anche mio padre vede meno calcio, pur essendo appassionatissimo. Trovo che sia una reazione più che naturale. Per me, in particolare all’inizio, non è stato difficile come per i miei: io non capivo la gravità della situazione, pensavo di essere semplicemente svenuto. Loro invece sapevano di avere corso il rischio di perdere un figlio».
Ti ci volle una bella forza per andare subito a rivedere quelle immagini.
«Le situazioni preferisco prenderle di petto, sono sempre stato così. Voglio capire. Quando so di poter cambiare il corso delle cose, non certo il destino, mi sbatto».
Rispetto volentieri la tua scarsa voglia di parlare del calcio giocato dagli altri. Perciò qualcuna te la risparmio.
«Ti confesso che in questi giorni sono particolarmente felice per Lorenzo (Pellegrini, nda), un ragazzo d’oro, positivo. Lollo è uno che sta sulle sue, è riservato. Forse per questo qualcuno non l’ha capito».
roma atalanta maglietta per bove
Ogni tanto voli all’estero per seguire Cobolli, il tuo ex compagno di giovanili, amico al punto da essersi tatuato sul braccio destro la numero 52 della Roma. La tua maglia.
«Flavio mi ha fatto una videochiamata cinque minuti fa dalla Cina, ha vinto contro uno davvero forte... A calcio ero più bravo io. Saprai anche che in estate ho sentito Mourinho, il mio papà calcistico, si era fatto vivo subito, a dicembre, con mio padre che lo adora».
Chiariamolo una volta per tutte, per lui non sei mai stato “cane malato”.
«Rispose così a una domanda in conferenza stampa, per lui ero e resto Edu. Alla portoghese. Eduardo».
La legge non ti consente di giocare in Italia e dubito che in futuro potrà cambiare.
«Non escludo niente. I medici non sono ancora giunti a una conclusione, potrei anche essere a posto, non credi? Ho la piena consapevolezza della situazione, sto da Dio e ho una gran voglia di tornare alla mia passione».
Pensa, potresti anche ritrovarti più forte tecnicamente.
«Dovrei fare del muretto, non della palestra».
(...)
Bove ha incassato lo scossone, oggi sembra che segua un percorso obbligato solo per discostarsene meglio. Mentre gli parlo ne percepisco l’equilibrio, l’armonia, la sensibilità.
L’ossessione del controllo ti è passata?
«Non ho potuto controllare ciò che mi è successo, e quindi, sotto sotto, sulle prime ero arrabbiato proprio per quello. Ora non sono più incazzato con me stesso, sono semplicemente proiettato verso quello che sarà, che dovrà essere».
Riflettevo sul fatto che sei una delle migliori espressioni del vivaio della Roma. Dunque, in Italia lavorare bene con i giovani, formarli per il grande calcio e la vita è possibile.
«Quelli della mia classe, 2002, sono diventati tutti professionisti: Calafiori, Zalewski, Cancellieri, Milanese, Darboe, altri sono in B o in C... L’unico autentico fuoriclasse resta uno del ’55, Bruno Conti. Per il quale provo tanto affetto e riconoscenza».
malore in campo per edoardo bove durante fiorentina inter foto lapresse4
malore in campo per edoardo bove durante fiorentina inter foto lapresse2
edoardo bove
malore in campo per edoardo bove durante fiorentina inter foto lapresse5
damiano maneskin bove
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