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SE QUESTO È UN MICHELANGELO – DIETRO L’ATTRIBUZIONE A MICHELANGELO DEI BRONZI ROTHSCHILD LA FEBBRE DA SCOOP E LA MANO INVISIBILE DEL MERCATO – ANCORA IN SOSPESO IL PARERE DEGLI ESPERTI

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Marco Vallora per “la Stampa”

 

BRONZI MICHELANGELOBRONZI MICHELANGELO

È quasi diventato un morbo stagionale, una malattia mediatica, un virus inarrestabile, quello che fa sorgere, a intervalli quasi prestabiliti e calendariali, un nuovo Caravaggio, sgorgare un inedito Leonardo, esplodere una «sorpresa» Michelangelo (che è il «top», vista la sua natura scorbutica e imprevedibile).  Come una sfilata di moda: ci deve almeno essere, a ogni stagione, anche nel mondo delle attribuzioni, il piccolo «choc» Prada, la mini-rivoluzione Gaultier, o il panterume leopardato romano, che è davvero il massimo.

michelangelo buonarroti michelangelo buonarroti

 

Uomini burberi, a cavallo di belve irose, come ci mostrano le fotografie londinesi di questo scoop un po’ azzardato: eroi con il braccio teso, più da ribelli che da atleti, anatomie sonoramente scolpite, un equilibrio assai precario, da collage antiquariale, a mosaico.

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Un ruggito sistino, per una sorta d’improbabile acquamanile: perché, a quanto ci raccontano le cronache di queste ore, rischiando anche date delicatissime (e gettando sul tavolo cifre pericolosamente esatte, che ruotano intorno al 1508), si darebbe ora per scontato che Michelangelo, appena giunto riottoso a Roma, per prepararsi obtorto collo all’avventura degli affreschi della Sistina, e furioso col papa Giulio II, con cui trova poi una tregua, per aver dovuto abbandonare l’epopea delle Tombe Medicee a Firenze, che a nessun costo avrebbe voluto disertare, si sarebbe poi «dato la briga» di mettersi a versar bronzo celliniano (e non «sbozzare», come errano le fonti!).
 

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Operazione non così innocua: per duplicare queste due sculture simmetriche, di cui non pare trovarsi notizia documentaria, né motivazioni di committenza. E che, a guardarle sommariamente, parrebbero più un ninnolo terribilista da Vittoriale dannunziano, che non compagni di strada plastici delle Sibille eritree. Quello che stupisce è che ci sono di mezzo, questa volta, dei nomi prestigiosi, e non degli scagnozzi qualunque, che non conoscono nemmeno lontanamente quali siano i protocolli scientifici. Nomi attendibili, come quelli dello studioso di disegni Joannides e di una istituzione quale il Fitzwilliams Museum, che, inusualmente, anticipa i risultati filologici (si fa per dire) di un convegno estivo, a proposito. 
 

Cristo ligneo di Michelangelo Cristo ligneo di Michelangelo

Vuol dire che la febbre dello scoop è diventata davvero epidemica, perché non ha senso dare un verdetto così sensazionalistico senza ascoltare prima le opinioni di molti esperti prudenti (che han già manifestato le loro perplessità) e, in più, di moralità specchiata (perché i cosiddetti Bronzi Rotschild, dal nome dei primo acquirente ottocentesco, che era già convinto di acquistare dei Michelangelo, sono oggi ancora sul mercato privato. Preda di appetiti mercantili; e, così, meglio si spiega questo battage mediatico propulsore. Ma è vero anche che il verdetto finale sarà più quello del mercato, che non quello dei cosiddetti esperti, che in mancanza di serie, ulteriori documentazioni, certo non si esporranno più di tanto). 
 

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Non basta certo a certificare un Michelangelo, un disegnino d’un allievo del Maestro, pallidamente similare, che magari riprende un esemplare antico: una vaga «idea», che prova pochi trapassi. Né basta una mistura alchemica, assai à la page: uno schizzetto di prova chimica, sui materiali d’epoca. Una proposta stilistica (anche se le date andrebbero, manieristicamente, assai avanzate). Un esperto d’anatomie cinquecentesche (cioè, va da sé, michelangiolesche). Più un tocchetto di sciamanesimo tattile: «Le ho toccate di nascosto e ho subito sentito: sì, è Michelangelo».