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1. NELL'HINTERLAND LE CAMPANE A FESTA
Da Ansa
Campane a festa per la sconfitta della Juventus. E' accaduto sabato sera a Nichelino, comune dell'hinterland torinese. La chiesa è quella della Santissima Trinità e il parroco è don Riccardo Robella, conosciuto anche perché cappellano del Torino.
"La bravata è frutto di un mio collaboratore - scrive su Facebook il sacerdote - il quale ha agito a mia insaputa. Mai e poi mai mi sarei permesso un gesto simile", aggiunge il prete, scusandosi "per il suo atteggiamento irresponsabile" e prendendone "le distanze".
2. MA QUALE MALEDIZIONE CHAMPIONS!
Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera
Non esiste nessuna maledizione della Coppa Campioni, o Champions League come si chiama adesso. Semplicemente, la Juve ha perso contro una squadra più forte; e l' evento di piazza San Carlo a Torino era organizzato male. Se è proprio necessario - ai tempi dell' Isis e della paura dell' Isis - tenere un grande assembramento in una piazza barocca del centro storico (anziché magari in un parco), occorre farlo in altro modo. In piazza San Carlo c' erano 30 mila tifosi juventini: tanti quanti a Cardiff.
Ma a Cardiff c' erano i metal detector, la birra veniva servita in bicchieri di plastica e non in bottiglia, nella folla erano numerosi gli agenti in borghese, mimetizzati bene ma non benissimo, a vigilare sugli assembramenti. Risultato: non è accaduto nulla, nonostante la presenza di 30 mila avversari (con i madridisti gli juventini non hanno né fraternizzato né antipatizzato: le due tribù si sono ignorate, come l' acqua e l' olio).
Anche a Torino sarebbero serviti varchi di controllo: non solo per scoprire eventuali malintenzionati, ma anche per la tranquillità di tutti gli altri. Il divieto di portare o vendere bottiglie di vetro non doveva essere solo teorico, ma fatto rispettare. Le vie di fuga devono essere sempre aperte, protette, ben segnalate. E siccome il procurato allarme è reato, agenti in divisa e in borghese avrebbero arrestato i responsabili (o li avrebbero dissuasi). I costi si potrebbero coprire con un biglietto d' ingresso anche solo simbolico.
Detto questo, i paragoni con l' Heysel sono fuori luogo e anche irriguardosi nei confronti dei 39 morti e dei loro familiari. Stavolta gli errori logistici si sono sommati a una certa fragilità psicologica, esasperata dal risultato della partita: se la Juve avesse vinto, probabilmente gli sciocchi che hanno seminato il panico sarebbero stati ignorati o sommersi dalla felicità generale.
Qui torniamo alla Champions, e a un' altra forma di suggestione collettiva: la cabala, il sortilegio. In realtà, ogni finale fa storia a sé. Dybala, che non era un fenomeno ieri e non è una schiappa oggi, con ogni probabilità non ha mai sentito nominare Longobucco o Magath, e forse neppure Rep o Dino Zoff. A Belgrado la Juve autarchica del 1973 incontrò una squadra troppo superiore.
Ci fu una sola epoca in cui i bianconeri erano decisamente i più forti al mondo: l' epoca di Platini, che vide appunto l' amara vittoria di Bruxelles e la sconfitta di Atene, quella sì incredibile. A Cardiff si respirava un clima fin troppo fiducioso, che non ha aiutato a impostare correttamente la partita, come lo stesso Allegri ha riconosciuto: la Juve ha bruciato tutte le sue energie fisiche e psicologiche per rimontare e imporsi nel primo tempo; poi è crollata contro il numero uno del calcio mondiale e una squadra costruita attorno a lui .
Non è vero che i bianconeri non sanno vincere in Europa: sono stati i primi a conquistare tutte e tre le Coppe. Semplicemente, in Europa la società torinese ha più concorrenza e meno potere che in Italia (come le ha ricordato a Cardiff l' arbitro Brych, non decisivo ma comunque pessimo). Il Real Madrid è in questo momento il club più ricco del pianeta; e la ricchezza al nostro tempo cresce in modo esponenziale, rende difficili i confronti, per cui in Italia il giocatore più pagato, Higuain, faceva in Spagna la riserva neanche di Ronaldo ma di Benzema.
Resteranno, di questa finale, il sollievo per il dramma evitato in piazza San Carlo, e l' orgoglio ferito della comunità juventina, non cittadina ma nazionale, oggi malmostosa ma pronta a rimettersi in marcia verso Kiev (finale di Champions 2018) o verso Mosca: dove si giocano i prossimi Mondiali, e la difesa della Juve oggi bistrattata sarà ancora l' ossatura della Nazionale. Il resto è superstizione: uno dei tanti mali del nostro per altri versi fortunato Paese.
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