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vittorio sgarbi racconta caravaggio (3)
Vittorio Sgarbi per Sette - Corriere della Sera
Visto che siamo in una fase di febbre caravaggesca, ne dirò ora un’altra. Gli studi moderni su Caravaggio si fanno risalire, per autorevolezza e lucidità, a Roberto Longhi. Io ho indicato una primogenitura per Alfonso Frangipane che, avviando nel 1913 le celebrazioni per il terzo centenario della nascita di Mattia Preti, ultimo caravaggesco, inspirò in Longhi una vasta ricostruzione del fenomeno che si sarebbe più tardi chiamato “movimento caravaggesco”, applicandosi nel secondo decennio del secolo scorso a rivalutare Orazio e Artemisia Gentileschi, Battistello Caracciolo e lo stesso Caravaggio. Possiamo affiancargli in quegli anni Matteo Marangoni ed Herman Voss.
Più o meno, la ricostruzione delle origini del revival caravaggesco è questa. Ma mi sono chiesto: e prima? Prima è il buio per tutto l’Ottocento, con qualche bagliore agli inizi del Novecento. Risultano studi sul pittore nell’Archivio storico messinese di V.Saccà, 1906/7; subito dopo il Cantalamessa, 1908, e soprattutto, con anticipo di qualche anno su Longhi, Lionello Venturi (Studi su Michelangelo Merisi da Caravaggio; Opere inedite del Caravaggio), 1910, 1912.
Che percezione si aveva, dunque, del Caravaggio in precedenza? Verificata la bibliografia, e la situazione letteraria (non c’è un D’Annunzio, per Caravaggio, neanche D’Annunzio), posso allora condividere una mia intuizione, prima di oggi non confrontata con dati storici e verifiche bibliografiche. Nel mio spettacolo su Caravaggio, che ha girato molti teatri, un tema chiave è il riferimento a Pasolini e alla suggestione di vite parallele nel tema comune dei “Ragazzi di vita”, coincidenti nell’opera del pittore e nei personaggi del regista fino alla identificazione fisionomica (il Ragazzo con il cesto di frutta e Ninetto Davoli; il Bacchino malato e Franco Citti; l’Amore vincitore e Pino Pelosi, in un crescendo di emulazioni).
RAGAZZO COL CANESTRO DI FRUTTA CARAVAGGIO
Ma un passaggio intermedio, nel travestimento di ragazzi di strada in personaggi mitologici, è nella finzione fotografica di Wilhelm von Gloeden. Il barone tedesco nato nel castello di Völkshagen, nei pressi di Wismar, nel 1856, si laureò in storia dell’arte all’Università di Rostock (1876), proseguì in pittura alla Grossherzoglich-Sächsische Kunstschule Weimar (1876–1877) e, sofferente di quella che sembra essere stata tubercolosi, si trasferì nell’Italia del sud, prima a Napoli e subito dopo a Taormina, a partire dal 1878. Caravaggio in quel tempo era del tutto dimenticato, come abbiamo visto, mentre la presenza di von Gloeden a Taormina fece rumore e fece tendenza, contribuendo ad aprire la città e il suo turismo a una dimensione internazionale.
vittorio sgarbi racconta caravaggio (1)
Inizialmente, come un hobby, von Gloeden scelse per modelli adolescenti e ragazzi, e fece ritratti di contadini del luogo e fotografie di paesaggi. Questa passione si trasformò in una professione redditizia a partire dal 1893, quando la sua opera fu esibita a Londra: il suo studio di due giovani con una colonna ionica fu pubblicato assieme ad uno di Frederik Rolfe, e ciò accrebbe l’interesse per il suo lavoro. Dopo il 1895, quando la sua famiglia ebbe un crollo economico, presentò le sue fotografie a Il Cairo (1897), Berlino (1898-99, anche in una mostra personale), Philadelphia (1902), Budapest e Marsiglia (1903), Nizza (1903 e 1905), Riga (1905), Dresda (1909) e Roma (alla fiera mondiale del 1911).
Celebrità locale a Taormina, il suo lavoro (e i suoi modelli) attirarono in Sicilia personaggi in vista dell’epoca, come Oscar Wilde (nel dicembre 1897), il “re dei cannoni” Friedrich Alfred Krupp, Richard Strauss, nonché l’imperatore tedesco Guglielmo II. La maggior parte dei lavori di von Gloeden si colloca in questo periodo fino allo scoppio della prima guerra mondiale.
Le sue idilliache “illustrazioni di Omero e Teocrito”, ovvero fotografie di giovani scarsamente vestiti in pose classiche, vennero anche riprodotte come cartoline e souvenir di Taormina. Fra queste alcune sono non solo nel clima dei ragazzi di vita del Caravaggio, ma evidentemente ispirate ai modelli del pittore.
Più d’uno: ma è particolarmente esplicito nella foto, interpretata con un accentuato gusto decadente, derivata,in tutta evidenza, dal Ragazzo con la cesta di frutta della Galleria Borghese, opera sulla quale von Gloeden ha certamente lavorato,tra gli anni 80 e gli anni 90 del XIX secolo, in piena astinenza caravaggesca, con la sostituzione (pertinente) della natura morta con una fiasca di fiori (ma osservate la perfetta coincidenza delle pieghe della camicia sul braccio).
Risulta così inoppugnabile che la fortuna moderna (e internazionale) di Caravaggio inizia con lui, prima che con qualunque illustre studioso (Venturi o Longhi) italiano. Il primo critico di Caravaggio è un fotografo.
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