DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
1 - E ORA HOLLYWOOD SCHIAFFEGGIA RIAD " NO A FONDI SPORCHI"
Francesca Caferri per “la Repubblica”
C'è chi dice no. Un no che in termini economici, vale 26 volte quello che il 18 marzo potrebbe arrivare da Milano.
mohammed bin salman foto luca locatelli per il time
Protagonista del " gran rifiuto" all' Arabia Saudita e direttamente al suo principe ereditario Mohammed bin Salman ( detto MbS) è Endeavor, l' agenzia delle stelle di Hollywood, il gruppo che rappresenta le più grandi star del firmamento del cinema e della televisione americani, con interessi anche nel mondo dello sport, nella produzione di eventi e nelle scommesse.
Fonti vicine a Endeavor hanno fatto filtrare nei giorni scorsi al New York Times e al Washington Post la notizia che la società ha restituito a Riad 400 milioni di dollari dell' investimento che il fondo sovrano dell' Arabia Saudita (PIF) aveva fatto nel gruppo un anno fa, durante la trionfale tournée americana di MbS. Dietro alla scelta c' è il disagio e il danno di immagine creati a Endeavour dall' associazione del principe con l' omicidio di Jamal Khashoggi, il giornalista saudita ucciso nel consolato di Istanbul su ordine - come ha riferito nei giorni scorsi la commissione di esperti nominata dalle Nazioni Unite sul caso - del governo saudita.
Una scelta clamorosa, che taglia le gambe a uno dei principali accordi firmati dal principe ereditario negli Stati Uniti: il patto - che fu celebrato con una festa di sapore hollywoodiano in cui MbS venne acclamato come l' uomo che avrebbe potuto cambiare il volto del Medio Oriente - puntava a portare in Arabia Saudita le star e le produzioni dell' Endeavor per aiutare il regno a diversificare la sua economia e staccarla dalla dipendenza dal petrolio.
mohammed bin salman trump visit da cbc
Ma già a metà ottobre, due settimane dopo l' omicidio di Khashoggi, il co-amministratore di Endeavor e eminenza grigia di Hollywood, Ari Emanuel, aveva definito «molto, molto preoccupanti» le notizie che arrivavano da Istanbul e aveva iniziato a cercare il modo per fare un passo indietro dall' accordo già firmato.
La soluzione, secondo i due giornali americani, è maturata nei mesi passati, con l' aumento degli investimenti di due soggetti già presenti nel gruppo e la conseguente restituzione (con tanto di salatissima multa) dell' assegno arrivato da Riad.
Nessun commento sulla vicenda è arrivato da Hollywood né tantomeno dall' Arabia Saudita.
i principi carlo e william con il principe della corona saudita mohammed bin salman
Quella di Endeavor è una scelta controcorrente: nonostante un raffreddamento dei rapporti dopo la morte di Khashoggi nessun grande gruppo americano - da Uber al produttore di auto elettriche Tesla, ai giganti della Silicon Valley - ha restituito ai sauditi i fondi che hanno investito in queste società. «Sono i settori "soft" come quello dello spettacolo a rischiare maggiormente danni di immagine nel continuare a fare affari con l' Arabia Saudita post-Khashoggi», argomenta Kristin Diwan, analista del Gulf State Institute.
Una frase che si sposa benissimo con il dilemma che i membri del cda della Scala dovranno sciogliere il 18 marzo, quando saranno chiamati ad esaminare il patto stretto dal sovrintendente Alexander Pereira e dal principe Bader, ministro della Cultura saudita.
A contribuire alla loro decisione potrebbe essere mercoledì la prima udienza, a Riad, nel processo contro le attiviste per i diritti femminili arrestate nel maggio scorso e da allora mai comparse in pubblico. Nei mesi scorsi le famiglie e le organizzazioni per la difesa dei diritti umani avevano denunciato le torture e le molestie sessuali subite dalle donne in carcere. Non fa ben sperare la notizia che a processare le attiviste sarà la corte che solitamente dibatte i casi di terrorismo.
Nei giorni scorsi anche il presidente francese Emmanuel Macron aveva sollevato il caso delle torture e delle molestie, facendo apertamente il nome di Loujain al Hathloun, una delle attiviste arrestate. Ma nonostante le belle parole la Francia non ha mai pensato a restituire a Riad i miliardi di fondi ottenuti per portare avanti lo sviluppo culturale e turistico della regione archeologica di Al Ula. Noblesse oblige.
2 - MA L'ARTE NON BADA AI TIRANNI
Francesco Bonami per “la Repubblica”
Qualche tempo fa il sito Artnet News iniziò una polemica che riguardava la sponsorizzazione di eventi artistici da parte della famiglia Beretta, noti produttori di armi.
Furono interpellati vari personaggi del mondo dell' arte, tra i quali il sottoscritto, al quale venne chiesto cosa ne pensavo e se avrei accettato per qualche progetto un sostegno economico da parte di quell' azienda o privatamente dai suoi proprietari. Mi fu facile rispondere di no, non avendo avuto ne prevedendo offerte di quel tipo.
Aggiunsi però che per il mondo dell' arte, della cultura e pure della moda sarebbe molto complicato tracciare un confine oltre il quale non sia più possibile accettare contributi o guadagni per la natura morale dei benefattori o dei clienti. Infatti paradossalmente oggi le nazioni più interessate al sostegno della cultura, al mercato dell' arte e della moda sono anche quelle non solo più ricche, ma pure con molti problemi di democrazia, libertà di parola e diritti umani. In primis l' Arabia Saudita che proprio in questi giorni ha offerto il proprio sostegno al Teatro alla Scala di Milano.
Salvator Mundi attribuito a Leonardo prima del restauro e, a destra
Davanti a questa difficile decisione artisti, architetti e designer di moda trovano spesso soluzioni di comodo del tipo che la cultura, l' arte, la moda e l' architettura sono espressioni della libertà umana e quindi teoricamente sono strumenti per i vari regimi più o meno dittatoriali per educarsi al cambiamento e alla democrazia. In America si direbbe bullshit ossia "balle". In realtà la decisione si basa su due principi fondamentali della storia dell' umanità.
Pecunia non olet, i soldi non puzzano, e gli stessi profumati soldi servono a far girare una economia globale dove se si toglie un pezzo per questioni di principio o morali si toglie anche il pane di bocca a milioni di persone che preferiscono lavorare e guadagnare che avere da ridire, a pancia vuota, sui propri governanti. Per fare un esempio dei compromessi che il mondo della cultura deve fare per tirare a campare mi viene in mente il grande museo di arte disegnato da Zaha Hadid a Baku in Azerbaigian. Si dice che dall' alto volandoci sopra l' edificio sia la firma del presidente dell' Azerbaigian che lo commissionò.
salvator mundi di da vinci copia
Così come il progetto dell' architetto Giovanni Michelucci per la stazione ferroviaria di Santa Maria Novella a Firenze, una delle più importanti opere dell' architettura razionalista italiana e internazionale, vinse nel 1932 perché anche questo volandoci sopra ricordava un fascio littorio. Simbolo di riferimento del Duce. Così ritorniamo alla famosa frase di Orson Welles nel film Il terzo uomo. Che più o meno diceva così.
I Borgia, i Medici, gli Sforza e i Papi durante il Rinascimento ne hanno fatte di cotte e di crude ma al tempo stesso hanno dato l' opportunità a Leonardo, Michelangelo, Raffaello di creare capolavori. La Svizzera con cinquecento anni di pace cosa ha prodotto? L' orologio a cucù. A me piacciono un sacco gli orologi a cucù, ma se alla prima della Scala aprendosi il sipario il pubblico si trovasse un concerto in B minore per soli orologi a cucù non credo che sarebbe poi così soddisfatto.
daniela de souza e alexander pereira
La cosa però da ricordare è che i sanguinari tiranni del Rinascimento i geni almeno li crescevano a casa loro mentre i sauditi, che io sappia, di Leonardo non ne hanno mai avuto uno finché non se lo sono comprato strapagandolo e nemmeno un Verdi o un Toscanini, essendo probabilmente proibite dalla legge gran parte delle esternazioni creative con sanzioni capitali. Ma non nel senso economico del termine.
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