CALCIATORI DI FRODO - SCANDALO SCOMMESSE, PARLA FILIPPO CAROBBIO, IL GRANDE ACCUSATORE DI CONTE: “MI HANNO ISOLATO E INSULTATO COME INFAME ANCHE SUI MURI DELLA SCUOLA DI MIO FIGLIO MA NON MI PENTO - NELLE SERIE INFERIORI LE SCOMMESSE SONO UN AMMORTIZZATORE SOCIALE: C È CHI CON QUELLE SI RICAVA UNO STIPENDIO CHE LE SOCIETÀ NON PAGANO”

 

Luca Cardinalini per “Il Venerdì - La Repubblica

 

La panchina della Nazionale agli Europei, poi quella del Chelsea. La carriera e la vita di Antonio Conte, corrono. «Sono contento per lui, davvero, è il miglior allenatore che ho avuto. Ma su di lui non ho inventato nulla, nemmeno mezza parola».
 

FILIPPO CAROBBIO FILIPPO CAROBBIO

Filippo Carobbio è stato il suo grande accusatore. Erano insieme al Siena in serie B, due le partite che hanno coinvolto il ct azzurro, inizialmente accusato di illecito sportivo per Novara-Siena e Siena-Albinoleffe nel 2011. Squalifica di dieci mesi, ridotti a sei, una sola partita rimasta in piedi per omessa denuncia, il processo penale in corso a Cremona. Carobbio ha deciso, fin da subito, di collaborare con la giustizia, sportiva e non. Ha ammesso di aver venduto partite.

La prima volta che le hanno offerto denaro per vendere una partita, come è andata?
«Un compagno mi chiama da una parte, alla fine di un allenamento, e mi offre dei soldi per fare la partita».
 

E lei?

«Lì per lì non capisco. Non avevo la percezione di fare una cosa per cui finire in galera, insomma. A fine stagione, accordarsi sulle partite si fa da sempre e in tutte le categorie. Negarlo significa essere ipocriti. Comunque: dico di sì».
 

Nessun rimorso?

«Sul momento no, forse anche considerando il mio ruolo, il centrocampista, difficile potessi fare un autogol o una papera. Ho giocato la mia onesta partita, il giorno dopo i giornali mi hanno dato chi 6, chi 6,5. Nessuno tradì emozioni in particolare. Finita la partita ci vedemmo in un parcheggio, lontano dallo stadio e lì venne saldato il conto».
 

CARROBBIOCARROBBIO

Prendere soldi per perdere una partita, è tradire sé stessi e lo sport che è, era, la sua professione.
«Vero, ci sto malissimo. Ma era un sistema tanto diffuso quanto taciuto. Io non ho mai scommesso in vita mia. Sul piano penale ovviamente ha un peso diverso, ma su quello sportivo, non penso ci sia differenza tra me che prendo 10 mila euro "vendendo" la partita e chi, sapendo l' esito perché così era stato detto davanti a tutti, scommette 5 mila euro sulla sconfitta data a 2, e quindi intasca sempre 10 mila euro. Entrambi, con comportamenti certo diversi, abbiamo approfittato di un risultato aggiustato all' origine».

Tornato a casa?
«Tornato a casa, come sempre, dici a te stesso: non lo faccio più, poi ci ricaschi».

Perché?
«Non ho mai avuto, per mia fortuna, problemi economici. Non era quella la molla. Penso che la motivazione sia quella leggerezza dovuta allo status di calciatore professionista, che vive in un mondo dorato e parallelo a quello della vita di tutti i giorni. E poi un senso di impunità, pensi: non potranno mai risalire a me».

Come fa un calciatore professionista a diventare un tramite del clan che combinava partire in mezzo mondo, i cosidetti zingari, guidati dal macedone Hristyan Ilievski?
«Gli zingari li ho visti una sola volta, entri in un ingranaggio infernale, dal quale è difficile uscire».

Il più grande senso di colpa?
«Verso la mia famiglia, verso i tifosi, verso i genitori e verso me stesso. Penso che la ferita non possa mai rimarginarsi del tutto».

Prova rancore verso chi l' ha tirato dentro in questa vicenda?
«No, non avevo pistole puntate alla tempia».

Molti dei protagonisti sono tornati ad allenare e giocare sono tutti tornati a giocare. Quando li vede in televisione, cosa pensa?
«Non mi interessano, sono concentrato sulla mia strada. Più in generale, penso che sia giusto dare una seconda opportunità a chi ha sbagliato e ha capito di aver sbagliato».
 

antonio conte con l over in testaantonio conte con l over in testa

Ha conosciuto la prigione.
«Mi arrestarono a La Spezia, di notte. Otto giorni in carcere, piangevo e dormivo, dormivo e piangevo. Fuori, invece, non ho dormito per mesi, notti passate in bianco, con incubi dove rivedevo Conte, gli zingari».

Conte disse che era «agghiacciante» pensare ad un suo coinvolgimento in una sconfitta, visto che vuol vincere anche le amichevoli.
«Vero, lui non voleva perdere nemmeno in allenamento, così come è vero che a lui importa di ottenere un risultato».
 

Il bersaglio era grosso.
«Non era affatto un mio bersaglio. Ho raccontato quello che avevo visto e sentito, io come gli altri: compagni, staff, dirigenti.
 

antonio conte col ciuffo malgioglioantonio conte col ciuffo malgioglio

Mentre uscivano le mie confessioni, in diretta su Sky Conte con a fianco una schiera di avvocati famosi, sparava a zero su di me. Sei come un pugile mani legate alle corde, devi solo subire».

Auspica, un giorno, di poterlo rincontrare?
«Non penso lui sia disponibile. È come un campo minato, chi salta, salta. Non hai tempo di fermarti a vedere le condizioni dei feriti, si lasciano sul posto e se la cavino da soli».
Stellini, il vice di Conte che ha ammesso e pagato, si è ritrovato prima ad allenare una squadra di migranti, ora allena la Primavera del Genoa.
«Ha fatto le sue scelte, è tornato nel giro, ma forse ha perso un' occasione per far uscire la verità».
Lei è stato dipinto come l' infame, da parte di gran parte dei tifosi juventini.
«Lo hanno scritto anche sui muri davanti alla scuola di mio figlio. Un po' lo metti nel conto, ma mai abbastanza».
 

ANTONIO CONTE CON GLI OCCHIALIANTONIO CONTE CON GLI OCCHIALI

Un' estate, giocando un torneo estivo all' oratorio di, Nembro, vicino Bergamo dove è cresciuto, l' hanno insultata gridandole: «Non l' hai comprata questa partita?», e suo padre, allenatore dilettante, ha reagito.
«Su di me gli insulti hanno un certo effetto, sui miei famigliari un altro. Mio padre è un uomo di sport, uscito dal carcere, mi ha abbracciato, non c' era bisogno di dire nulla. All' ingresso di quell' oratorio c' era una mia foto da calciatore, la rimossero subito, spero la rimettano su, un giorno».
 

Antonio ConteAntonio Conte

Ora lei gioca in serie D, a Ciliverghe. Come l' hanno accolto?
«Si sono fidati di chi, in teoria, non dovevano. Quando sei a terra e qualcuno tende una mano verso di te, invitandoti a rialzarti, è una cosa inestimabile».

Problemi con tifosi e avversari?
«A Piacenza, mi hanno insultato pesantemente. In campo, di meno. Una volta un ragazzino, nemmeno venti anni, mi si è rivolto sprezzante: "Pentito". Gli ho risposto: per ferirmi avresti dovuto dirmi venduto, pentito è una medaglia. Ho raccontato come funzionano le cose, se avessi scelto di fare come tanti altri, dire che ero stato incastrato ingiustamente, mi sarebbe andata meglio».

Cosa si aspetta per il suo futuro?
«Mi piacerebbe fare l' allenatore, anche dei piccoli, so dove ho sbagliato e saprei consigliare. Non voglio che la gente si dimentichi di me, mi piacerebbe farmi ricordare, per cose positive».

Come vive oggi?
«Gioco a calcio e lavoro nella mia palestra, tra fitness e ginnastica per il malati di Parkinson».

Quanti le hanno tolto il saluto?
«Gli amici veri no, altri sì».

Che idea si è fatto della giustizia sportiva?
«Non ha i mezzi giusti per indagare».

Ha una proposta per il calcio malato?
«Ci sarebbe voluto una specie di indulto al momento della vicenda, mettere da lì in avanti regole nuove, chi sbaglia viene radiato».

Le scommesse cosa sono?
«Sono un cancro per l' intero sistema. Nelle serie inferiori, forse, sono un ammortizzatore sociale: c' è chi con quelle si ricava uno stipendio che le società non pagano».
 

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