DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
Andrea Cuomo per “il Giornale”
La guerra nella ex Jugoslavia non finisce mai, soprattutto quando c' è di mezzo il pallone. Era il 13 maggio 1990 quando i tumulti quasi tribali durante il superclassico del campionato jugoslavo tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa Belgrado - nella capitale croata - fecero da antipasto alla imminente apertura del mattatoio balcanico che per tutto l' ultimo decennio del Novecento slabbrò e dilaniò tra schizzi di sangue quella nazione posticcia, la Jugoslavia inventata da re Alessandro I nel 1929 unendo popoli di lingue, religioni e sentimenti differenti. E ancora oggi, ventinove e passa anni dopo, il calcio diventa trincea simbolica che divide nazionalità ormai separate ma ancora rancorose.
Non è certamente un gesto scherzoso quello escogitato ieri dai tifosi della Stella Rossa di Belgrado, che in occasione del match di ritorno dei playoff di Champions League contro lo Young Boys di Berna (capitale della nazione neutrale per antonomasia) hanno piazzato un bel carro armato, un T-55 acquistato da un deposito militare (cingolatissimo, uniproprietà) come attrazione per coloro che si avviano allo stadio. Sul mezzo - parzialmente pavesato con i colori del club serbo, il bianco e il rosso, con una stella rossa che ne è ovviamente il simbolo - i tifosi possono salire, farsi fotografare, in un clima giocoso ma anche vagamente minaccioso.
L' episodio è forse collegato all' aggressione ai danni di alcuni tifosi della Setella Rossa che stavano guardando la partita di andata (finita 2-2) in un bar di Knin, località in territorio croato ma a maggioranza serba. Ma è certamente stato visto dai croati come l' evocazione dell' attacco delle forze serbe alla città croata di Vukovar, posta ai confini con la Serbia, nel novembre 1991, dopo lunghe settimane di assedio.
Da qualche mese la Croazia si era dichiarata indipendente dalla federazione, di cui la Serbia costituiva il cuore, la «scatola nera». Era già accaduto alla Slovenia, che era però riuscita a staccarsi da Belgrado in modo quasi incruento. L' addio della Croazia fu invece lungo e spaventosamente drammatico, anche a causa della importante componente serba della popolazione.
La guerra durò quattro anni ed ebbe nella battaglia di Vukovar uno dei suoi primi e più orribili episodi. In quell' occasione i soldati di Belgrado assaltarono ferocemente la città che divenne martire, uccidendo, distruggendo, stuprando, compiendo ogni sorta di crimine di guerra. Il 19 novembre Vukovar (la «Stalingrado croata») cadde ma la vittoria finì per rivelarsi una sconfitta per i serbi che presero a essere considerati dalla comunità internazionale i macellai d' Europa.
Un anno e mezzo prima c' era stata invece la battaglia dello stadio Maksimir di Zagabria. La Jugoslavia era già una polveriera, un mix di nazionalità che si detestavano, e il 13 maggio 1990 si capì che l' ordalia sta per arrivare. La Stella Rossa aveva già aritmeticamente vinto lo scudetto e si recò a giocare in casa della rivale storica, la Dinamo Zagabria, per la più allucinante delle partite inutili della storia del calcio. Avvicinandosi a Zagabria i tifosi serbi, le «Tigri», guidati da Zeljko Raznatovic, alias il famigerato il comandante Arkan, devastarono il devastabile.
Allo stadio le tifoserie opposte entrarono in contatto, si picchiarono, si lanciarono di tutto. La polizia, pure se rafforzata, sembrò più buttarsi nella mischia che riportare la calma. La partita fu sospesa. Zvonimir Boban, allora ventunenne stellina del calcio croato, ruppe con un calcio la mascella di un agente federale che stava manganellando un giovane tifoso della Dinamo e rischiò l' arresto. Per quell' episodio fu poi squalificato per sei mesi e saltò i successivi mondiali di Italia '90. La battaglia andò avanti per tutta la notte nelle strade adiacenti lo stadio, il bilancio fu di 137 feriti e 148 arresti.
Davanti allo stadio Maksimir di Zagabria c' è una targa che celebra «i tifosi della squadra che sui questo terreno iniziarono la guerra contro la Serbia il 13 maggio 1990». Davanti allo stadio Marakana di Belgrado c' è un T-55 dai cingoli bianchi come la neve e rossi come il sangue.
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