"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON……
Giulia Zonca per "la Stampa"
Come conquistare il Real Madrid in 10 mosse. Carlo Ancelotti ha usato la parola «perfezione» per definire il successo in Champions contro lo Schalke 04. E non si tratta solo dei 6 gol segnati, ma del momento ideale perché dopo mesi di critiche facili e dubbi da infedeli, Ancelotti ha tra le mani giocatori, società e pubblico. L'intero mondo blanco.
All'inizio del campionato lo accusavano di proporre un gioco noioso.
Era la critica media, frequente anche dopo le vittorie. Ancelotti non ha chiesto tempo, non ha fatto pesare classifiche sempre in linea con i programmi, ha solo assecondato l'onda: «Con tanto talento dobbiamo crescere». Così ha smontato gli oppositori. Mossa numero due: mai giocare la carta Mourinho. Come sa bene Roberto Mancini, non c'è modo di uscire indenni dal frullatore mediatico che parte schiacciando il tasto José. Non importa chi ha fatto o detto cosa, dentro il tritatutto non si può gestire il flusso. Meglio stare alla larga.
Possibilmente su un altro pianeta come quello calmo e indifferente abitato da Ancelotti. Terzo punto del decalogo: affrontare la maledizione della «decima», la stramaledetta Coppa Campioni-Champions attesa da 12 anni e sfuggita a 7 allenatori. Giusto ieri Ancelotti ha ripetuto: «Non è un'ansia, è una motivazione. à ora di parlare di titoli».
Punto 4, spegnere la diatriba tra portieri. Diego López in campionato, Casillas in Champions: pareva una scelta senza senso e invece ha placato gli animi e convinto lo spogliatoio. E nemmeno l'intervista di Katia Ancelotti a «Vanity Fair», con presa di posizione a favore di Lopez, ha scalfito la pace.
Quinto passo, la BBC che ora è una sigla da gol a ripetizione ma in estate si basava su una sola lettera: la C di Cristiano. Lui segna quanto prima solo che adesso lo seguono pure Bale e Benzema. E ognuno riconosce il merito ad Ancelotti. Sei: zero polemiche. Per la prima volta dall'universo Real non esce una singola zuffa. E questo è il vero marchio di fabbrica dell'allenatore. Sistema gli armadietti prima delle posizioni in campo. Voce sette, smontare la sfida con il Barcellona o almeno non renderlo il chiodo fisso della stagione.
Questa Liga lo aiuta, domenica c'è il derby con l'Atletico Madrid, secondo in classifica, e la concentrazione è assicurata. Otto, non finire schiacciato dall'ombra di Zidane. Il rischio esisteva, Zizou per la prima volta sta in panchina, nello staff tecnico, nella parte più viva della gestione ed è un idolo, un semidio. Non ha rubato la scena a Carlo perché lui non gliel'ha lasciata. Toni pacati e gomiti larghi.
Al numero nove c'è Cristiano Ronaldo, per forza centro del gruppo eppure stavolta non unico punto di riferimento del Real. Coccolato e non spremuto, equilibrio da idillio. E per chiudere il rapporto con il presidente Perez. Considerato ma tenuto a distanza dalla lavagna tattica. E anche qui Ancelotti è un maestro, si è allenato con i più invadenti in circolazione. E li ha sempre incensati senza rischiare invasioni. Perfetto è la parola giusta.
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