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“SHIT AND DIE”, TRIONFO PER CATTELAN - “TORINO HA VOGLIA DI CONFRONTARSI COL CONTEMPORANEO, E DI NON ACCONTENTARSI DELLA CONTEMPLAZIONE DI QUADRI DELL’800’’

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Letizia Tortello per “la Stampa - Edizione Torino

 

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Ben oltre i 30 mila visitatori in 60 giorni. Ieri, ultimo assalto di pubblico, con ingresso gratis. Camillo Benso, padrone di casa, sarebbe contento.

 

E Maurizio Cattelan?

«Un giorno, una custode scherzando mi disse di non tentare mai di trasmettere un’idea al pubblico, ma di limitarci a mostrare loro la vita. Il pubblico, diceva la custode, troverà in se stesso i mezzi per valutare e apprezzare. Credo sia vero: le file di Torino dimostrano che c’è voglia di confrontarsi col contemporaneo, e di non accontentarsi della contemplazione di quadri dell’800. Non avevamo nessuna certezza che sarebbe andata così e siamo rimasti piacevolmente stupiti dalla fila di persone che abbracciava il Palazzo. Una mostra di arte contemporanea che si chiama “Shit and Die” è una scommessa della città con se stessa, e quell’attesa all’entrata ci dice che è stata vinta».

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A proposito di Camillo Benso, omaggiato con una ricostruzione feticista del suo gabinetto… L’ha stupita il fatto che Torino non ha battuto ciglio rispetto alle sue provocazioni? A partire dal titolo, “Shit and Die”… Sabaudissimi anche in questo?

«In realtà, un po’ me l’aspettavo. Ho sempre visto Torino come un vulcano, con una frenetica attività sotterranea, che sobbolle sotto la superficie terrestre. Nel nostro caso, avrà sobbollito un paio di volte in più, ma la crosta è spessa, e ha retto il colpo».

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Quanto deve Maurizio Cattelan a Torino? E’ innegabile che collezionisti come la Sandretto hanno comprato le sue opere, agli inizi della carriera. Istituzioni come il Castello di Rivoli hanno investito su di lei, facendo da sponda con il contesto internazionale.

«Devo tantissimo a molte città, più o meno a tutte quelle in cui sono stato per un periodo: Torino, Milano, New York. Più che al Castello, sono molto grato alla sua regina di allora, Ida Giannelli, che mi sostenne a suo rischio e pericolo. Quel giorno, qualcuno mi disse: pensa fuori dagli schemi, pensa fuori dagli schemi! Ma chi diavolo ha detto che ci sono degli schemi?».

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Mercoledì scadrà il bando per il nuovo direttore di Rivoli. C’è chi si augura che lei partecipi…

«Nel coro della parrocchia, sarei sempre stato scelto per il controcanto. Le melodie principali non sono il mio forte. Mettere in discussione l’autorità è il mio primo istinto, da sempre. Non mi sentirei a mio agio nei panni di chi sta in cattedra, non smetterei mai di desiderare di tornare dietro la lavagna».

 

Cosa pensa del museo oggi? Rabbia, dispiacere, indifferenza, per il «declino»?

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«Sicuramente, Rivoli è passata nella fase post-sabauda, speriamo che entri in fase post-Internet! No, davvero: non è un problema del Castello, ma dell’intero sistema dei musei. Hanno ancora senso di esistere e quale direzione devono prendere le collezioni e i musei oggi, in un mondo dove la maggior parte dei contenuti è prodotto per il web e fruito attraverso uno schermo? Credo che si debba partire da zero, e Rivoli non fa eccezione».

 

La ricetta Cattelan per far recuperare credibilità internazionale al Castello?

«Questa è una domanda che giro al nuovo direttore. Che strada intraprendere? Se sapessi la risposta avrei partecipato al bando!».

 

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Magari non il direttore, ma il curatore speciale a Rivoli lo farebbe?

«Sarebbe bello tornare sul luogo del delitto, dove tutto è nato, come artista, più che come curatore. Mai dire mai».

 

Cosa rappresenta per lei l’Italia? Un luogo in cui venire in vacanza, trovare ispirazione o poter ancora lavorare, come dimostra il successo di Shit&Die?

«L’Italia è il posto dove fare le mie lezioni di mandolino e dove produrre i miei lavori. Rappresenta molte cose contrastanti, è il suo bello e la sua condanna».

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Lei anche un grande collezionista. Un giudizio sull’arte italiana giovane. In crisi come il Paese o interessante e dinamica?

«Ha saputo anche lei della mia collezione di farfalle? Incredibile come girano certe notizie! Scherzi a parte, l’Italia ha sempre prodotto delle correnti-movimenti di altissimo livello. Ormai, credo che sia più interessante parlare di aree geografiche estese oltre i confini nazionali. Consideriamo che tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo sono diversissimi fra loro. Sono convinto che alcuni abbiano molto da “scambiare” con noi. Non mi dispiacerebbe fare una ricognizione tra tutte queste realtà mediterranee».

 

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Esporterà altrove il modello di una mostra-racconto della città, come è stata Shit&Die?

«Era un esperimento importante per me, per Marta e Myriam (le co-curatrici, ndr). Ci ha insegnato moltissimo. È una mostra dedicata alla città. Speriamo che quello che abbiamo imparato venga ripreso in un altro luogo, da noi o da altri, non importa. Certo, non sarà facile trovare un posto così ricco di aneddoti, dove a distanza di pochi anni la cugina di Cavour diventa amante di Napoleone III e Nietzsche scoppia in lacrime in piazza Carlo Alberto, abbracciando un cavallo».