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Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia
Morta la Juve? Non se ne parla. Per quasi un’ora è stato come quando da pischello c’era il bullo del quartiere e tu lo idolatravi o lo temevi perché per te era una specie di eroe e poi arriva uno da fuori e lo fa sembrare una tremula pippa. Così è sembrata la spauracchia Juventus dei nostri cortili per quell’ora da panico allo Stadium, contro un Bayern dalla prepotenza dei giorni migliori o peggiori se sei juventino.
BAYERN JUVE
BAYERN JUVE
BAYERN JUVE
BAYERN JUVE
BAYERN JUVE
BAYERN JUVE
BAYERN JUVE
BAYERN JUVE
BAYERN JUVE
BAYERN JUVE
Sullo 0 a 2 e gol di Robben serviva, tra Torino e Monaco, un miracolo che nemmeno Gesù Bambino in coppia con Star Treck poteva ipotizzare. Loro, i supereroi no, ma Sturaro sì, nome che vale l’impresa davvero idraulica di stappare un buco che sembrava fin lì ingorgato di cattivi pensieri.
Prima di Sturaro ci aveva pensato il solito Dybala a riaccendere la fiammella in una notte che sembrava esagerata. Pep Guardiola, di gran lunga il miglior allenatore al mondo, si pensava con la testa già a Manchester, ma chi lo pensa così è un cretino o non ha la minima idea di chi sia Pep, del suo perfezionismo demoniaco.
Vogliamo numerare l’imbarazzo della prima ora, sotto gli occhi di Antonio Conte, anche per capire perché alla fine il sospiro dei cinquantamila allo Stadium sembrava un boato? Più del settanta per cento di possesso palla per il Bayern in trasferta e palla che correva solo nella casa della Juve dove stavano tutti con l’elmetto perché non pioveva, grandinava. Buffon contro tutti. Prima il piattone di Thomas Muller, la più velenosa aspide del pianeta, poi Robben. Tutti a casa. Sembrava.
L’impresa comunque c’è stata a Torino. Enorme. Ora ne serve un’altra più enorme a Monaco, dove Guardiola e i suoi saranno ancora più feroci e con una difesa meno improvvisata. Napoletani e altri aspiranti barra deliranti in fila per lo scudetto tiferanno Juve, con tutto la convertibilità del cuore di trasformare l’odio in amore. Interessato, ma sempre amore.
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