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Francesco Persili per “Dagospia”
Niente sesso, siamo ciclisti. Ma quando mai? Forse ai tempi di Bottecchia e dei forzati della strada fedeli alla moglie e alla bicicletta. Altro che santuario dell’astinenza, il mondo del ciclismo è un bestiario di gesta eroiche ed erotiche. Da Fausto Coppi e dalla sua relazione “scandalosa” con la Dama Bianca al playboy Cipollini: pedalare, arrapa. Agli occhi dello scrittore e pittore Alberto Savinio «il ciclista con una donna in canna era l’ultima versione del ratto d’Europa». Dimenticate la bicicletta “casta” cantata da Gianni Brera: la tentazione si alza sui pedali, e ogni tanto sale sul podio.
Durante la premiazione del Fiandre 2013 a una bellissima miss bionda che si stava avvicinando al vincitore Fabian Cancellara per baciarlo sulla guancia, Sagan le ha palpeggiato con un sorrisetto malizioso il lato B. Critiche, accuse. La polemica si chiuse col velocista slovacco costretto a chiedere “umilmente” scusa alla ragazza, che da parte sua non l’aveva presa per niente male.
Storie di fughe bollenti e scappatelle da velocisti sono nel libro “Sex and the Bici” (Ediciclo) scritto da Walter Bernardi, cicloamatore e già professore di Filosofia nelle Università di Firenze, Venezia e Lecce. Un Decamerone a pedali che fa a pezzi il mito del ciclista tutto casa e bici.
Lo svizzero Hugo Koblet è passato alla storia non solo per essere stato il primo straniero a vincere il Giro D’Italia nel 1950 ma per un episodio accaduto al Tour dell’anno successivo quando dopo una fuga di 135 chilometri in vista del traguardo tirò fuori dalla tasca un pettine per sistemarsi i capelli e si profumò con un po’ di acqua di colonia. “Il sudore degli dei non contiene cattivo odore”, scrissero su “L’Equipe”. Per il suo fascino misterioso e seducente, i francesi lo ribattezzarono “Le pédaleur de charme”. Classe ed eleganza furono i caratteri di un altro campionissimo, Jacques Anquetil, che ebbe più donne di un sultano (tra cui anche la figlia della sua seconda moglie).
Tra gli italiani il numero uno resta Mario Cipollini, guascone ed irresistibile, al quale vennero attribuiti flirt anche con Cannelle, Manuela Arcuri e Magda Gomes. E poi c’è Marco Pantani che da romagnolo gaudente amava la vita, le belle donne e la musica. E proprio la musica ha contribuito a diffondere la grande carica di liberazione veicolata dalla bici. L’arrivo di una tappa del Tour in Costa Azzurra ispirò Freddie Mercury e nel 1978 arrivò “Bycicle Race” esaltata dal video in cui 65 modelle girano nude in sella alla bici. Pedali ed erotismo, ruote d’acciaio che girano attorno a procaci curve femminili («Fat Bottomed girls»)…
«Bici e moda costituiscono un binomio perfetto», ricorda la showgirl Filippa Lagerback. La bicicletta fa tendenza, contribuisce alla creazione di un nuovo “urban style” fondato sulla mobilità sostenibile e torna ad essere simbolo di libertà, prima di tutto sessuale. Tra ruote e pedali è crollato il grande tabù dell’omosessualità, grazie al coming out di Obree, che nel 1993 tolse il record dell’ora su pista a Moser, e alla vicenda dell’ex scalatore scozzese Robert Millar , quarto al Tour del 1984, che più di vent’anni dopo fu scovato da un tabloid: era diventato donna e si faceva chiamare Philippa.
Qualche tabù, in verità, resiste. Almeno a dar retta a Nibali che nel libro scritto con Enrico Brizzi confessa: «All’inizio difendevo la segretezza del mio amore con Rachele (l’attuale moglie). Sapevo fin troppo bene che nel mondo del ciclismo un corridore innamorato pazzo viene considerato inaffidabile…». L’attuale ct della nazionale di ciclismo Davide Cassani racconta sempre che nel 1976 il responsabile della squadra con cui aveva iniziato a gareggiare lo aveva ammonito «a stare lontano dalle donne e a non fare niente neanche da solo». Disciplina, rigore, sobrietà. Il mito del corridore-asceta torna a regnare sul ciclismo?
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Worls Naked Bike a Madrid
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