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Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
È la stagione delle grandi aste d' arte d' autunno e puntuali arrivano notizie sulle gesta dei nuovi ricchi, i collezionisti cinesi. La Cina è diventata il secondo compratore di un mercato mondiale valutato in circa 50 miliardi di dollari l' anno. Christie' s rileva che i cinesi hanno aumentato del 47 per cento la loro spesa in arte nella prima metà del 2015; Sotheby' s ha contato un 51% in più.
L' ultimo colpo è di Liu Yiqian, 52 anni, miliardario di Shanghai che l' altra notte ha battagliato, comunicando al telefono i suoi rialzi nell' asta di Christie' s a New York, per un capolavoro di Amedeo Modigliani, il «Nu Couché».
Ha vinto mettendo sul piatto 170 milioni di dollari e spezzando la concorrenza di altri cinque investitori. A maggio, in una sola serata, tre cinesi hanno speso 116 milioni da Sotheby' s: il miliardario dei media Wang Zhongjun ha pagato 29,9 milioni per un Picasso; un anonimo ha preso con 66 milioni un Van Gogh e Wang Jianlin, presidente di Wanda, l'uomo più ricco della Cina, si è aggiudicato un Monet da 20 milioni (si era già portato a casa «Claude e Paloma» di Pablo Picasso per 28 milioni nel 2013.
Non ci sarebbe da sorprendersi, perché la Repubblica popolare è anche la seconda economia del pianeta e conta 596 miliardari. Ma i cinesi, come tutti i ricchi emergenti, sono seguiti da non pochi pregiudizi. Un sentimento che è stato fotografato dal regista Jia Zhangke nel film premiato nel 2013 a Cannes «Il tocco del peccato»: in un cameo Jia interpreta un «tuhao», il classico cafone pieno di milioni della Nuova Cina, che discute al telefono con un suo assistente l' acquisto di un' opera di Xu Beihong, storico nome dell' arte cinese, famoso per i suoi cavalli dipinti a inchiostro. «Xu Beihong? Lo voglio. Grande investimento, prendimelo», dice senza pensarci troppo.
Non gli importa vedere prima il quadro, chiude la conversazione perché ha da fare: si rilassa in un bordello. Liu Yiqian a prima vista appartiene alla categoria di compratori non troppo raffinati: nel 2014 si è fatto (ri)conoscere per l' acquisto da Sotheby' s Hong Kong di una tazzina Ming in ceramica per 36 milioni di dollari.
Si narra che abbia saldato il conto con la sua carta Centurion di American Express e sia rimasto sorpreso quando gli hanno accreditato 422 milioni di punti. Per celebrare, Liu ha voluto bere un tè nel prezioso reperto risalente ai tempi dell' imperatore Chenghua (1465-1487): solo dieci di quelle tazzine sono arrivate intatte fino a noi. Sul web molti cinesi si sono scandalizzati: «Vanesio, pensi di diventare immortale?»; «Incivile, come fai a trattare così un tesoro culturale? Ecco perché nel mondo la gente disprezza i cinesi».
Il signor Liu non se l' è presa: «È stato un attimo di eccitazione, che c'è di male? Ora la tazzina sarà custodita ed esposta nel mio museo privato». E ancora: «L' imperatore Qianlong la usava, ora l' ho usata io, non è un prodotto commerciale per le masse». Il collezionista peraltro si autodefinisce sorridendo un «tuhao».
Liu è partito dal basso: lasciata la scuola a 14 anni aiutava la madre a cucire borse per la spesa che vendeva in strada; per arrotondare faceva il tassista. Finché un giorno dei favolosi anni Novanta ha scoperto che i guadagni delle borse si potevano investire in Borsa. Da allora l' ascesa non si è fermata più: ha in portafoglio 1,5 miliardi di dollari. Poi si è interessato alle aste d' arte. Oggi la sua collezione di ceramiche imperiali è valutata allo stesso livello di quella del Museo nazionale di Pechino.
E ha aperto due musei privati a Shanghai, uno a Pudong e uno sul Bund, con migliaia di opere. I musei d' arte privati sono un nuovo fenomeno della Cina, alimentato da collezionisti come Liu. C' è per esempio un museo aperto a Nanchino da Lu Xun (miliardario del mattone); uno a Shanghai sponsorizzato da Qiao Zhibing, re dei night club; Lin Han e la moglie Wanwan Lei hanno aperto lo M Woods Museum a Pechino. Tuhao o non tuhao, questi sono i nuovi collezionisti-mecenati.
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