![forza italia marina pier silvio berlusconi antonio tajani martusciello barelli gianni letta gasparri](/img/patch/02-2025/forza-italia-maria-pier-silvio-berlusconi-antonio-tajani-martusciello-barelli-gi-2097859_600_q50.webp)
DAGOREPORT - SE IN FORZA ITALIA IL MALCONTENTO SI TAGLIA A FETTE, L’IRRITAZIONE DI MARINA E PIER…
“HANNO PROVATO A FARMI SMETTERE DI ARBITRARE PERCHÉ AVEVO PERSO I CAPELLI. A 24 ANNI HO SOFFERTO DI ALOPECIA TOTALE” – PIERLUIGI COLLINA, PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ARBITRALE FIFA, RACCONTA LA SUA MALATTIA: "I VERTICI ARBITRALI MI FERMARONO PER 3 MESI. IO SONO STATO FORTUNATO, ERO GIÀ ADULTO. PROVATE A PENSARE COME SIA NON AVERE CAPELLI PER UN BAMBINO, DI FRONTE ALLA CRUDELTÀ DEI COETANEI” – LA BATTUTA DI RONALDO, IL DILUVIO DI PERUGIA-JUVE E LA PROPOSTA DI CAMBIARE LE REGOLE SUI RIGORI: “I PORTIERI SONO PENALIZZATI. FACCIAMO COME COME NEI PENALTY DOPO I SUPPLEMENTARI...”
Matteo Pinci per “la Repubblica” - Estratti
Vent’anni, una vita intera. Era il 2005 quando Pierluigi Collina ha detto basta. Per molti il miglior arbitro della storia, certamente l’unico diventato un simbolo. Anche per la Fifa, che nel 2017 lo ha nominato presidente della sua commissione arbitrale.
Collina, le è mai capitato di sognare di arbitrare una partita?
«Ho avuto la fortuna di decidere io quando smettere. Ma da subito mi sembrava che mi avessero tolto qualcosa: il primo weekend andai con degli amici fuori in barca, era metà agosto, e anziché godermela ero lì che mi sentivo strano. Dov’era la partita? Sì, mi capita di sognare di arbitrare, perché a me piaceva: mi piaceva tantissimo. Il problema è che poi arriva il mattino».
(…)
Ha mai avuto la tentazione di lasciare il campo per degli insulti?
«No, mai. Ma hanno provato a farmi lasciare il campo. Anzi: a farmi smettere di arbitrare perché avevo perso tutti i capelli. Quando a 24 anni ho sofferto di alopecia totale, nel giro di due settimane ho perso tutte le forme pilifere e solo perché ero “bravino” ho continuato. I vertici arbitrali mi fermarono per 3 mesi. Poi mi fecero un test: mi mandarono ad arbitrare una partita a Latina, uno stadio caldo, per vedere che effetto facessi alle persone. Sarò sempre grato a quel pubblico: a loro quel giorno non poteva fregare meno di avere un arbitro senza capelli».
Cosa ha pensato in quei tre mesi senza calcio?
«Che fosse un’ingiustizia. Ma nello stesso periodo uno dei miei migliori amici stava facendo la chemio per un osteosarcoma. Eravamo entrambi senza capelli, ma il vero problema era il suo, non il mio».
Lei si è speso molto per aiutare bambini e ragazzi colpiti da alopecia che rischiavano di essere discriminati.
«Mi diedero un tapiro dopo che a una cerimonia di premiazione venne fatta un po’ di ilarità sui miei capelli, non capendo che la mia è una malattia di cui soffre tanta gente e che psicologicamente può creare grossi problemi. Perché colpisce trasversalmente: bambini, donne. Io sono stato fortunato, ero già adulto.
Provate a pensare come sia non avere capelli per un bambino, di fronte alla crudeltà dei coetanei. O cosa possa significare perderli per una ragazzina di 13 o 14 anni».
Come reagì a quelle ironie?
«Quel premio finì in un cassonetto, e poi mi diedero un tapiro perché pensavano che io fossi arrabbiato. Lo ero, lo ero molto. Per me e ancora di più per i tanti che soffrono di questa malattia».
Eppure la sua unicità, insieme al suo talento, l’ha resa popolarissimo.
«Essere stato sulla copertina di un videogioco ti dà grande visibilità, certo. Mi fa sorridere che mi riconoscano i ragazzini di 12, 13, 14 anni, che non erano neanche ancora nei progetti dei genitori quando io ho smesso di arbitrare. E mi chiedo: come fanno a sapere chi sono e cosa ho fatto?».
Suo malgrado è diventato anche il volto di un sito che trasmette illegalmente le partite.
«Purtroppo la caricatura non è tutelata, chiunque la può usare. Lo ha fatto a mia insaputa George Michael nel video di un suo brano, Shoot the dog . E anche il cartoon Holly e Benji , dove ero l’arbitro della finale del mondiale tra Brasile e Giappone».
Lei è un collezionista?
«Ho una collezione che potrebbe fare invidia a un museo del calcio.
C’è il pallone della finale della Coppa del Mondo 2002: quel giorno ho fischiato la fine della partita con credo 13 o 14 secondi di ritardo, ininfluenti per il risultato, per avere la certezza che il pallone fosse fra le mie mani, per portarlo a casa con me.
Alla premiazione, prima di ricevere la medaglia, una persona dell’organizzazione mi disse: “Pierluigi, se mi dai il pallone te lo tengo io”. Gli risposi: “Non ci penso neanche lontanamente, il pallone resta con me”. Nelle foto della cerimonia sono sempre con quel pallone in mano».
E ora dov’è il pallone?
«Nello studio dove lavoro: ci sono un po’ di palloni, di magliette. A chi ama il calcio luccicherebbero gli occhi. Ho la maglia di Ronaldo, sempre della finale 2002: arrivò negli spogliatoi, me la diede dentro un sacchetto ancora sudata. E di quel giorno ho anche quella di Cafu. E di Hamann».
Una maglia storica, quella di Ronaldo: per i due gol decisivi e per l’acconciatura a mezzaluna…
«Con Ronaldo ho un ottimo rapporto. Anni dopo ci siamo rivisti a un evento benefico e chiacchierando gli dissi: “Ronnie, ma quel taglio di capelli?”. E lui mi disse: “Ma proprio tu parli?”».
A proposito di partite particolari: in un Foggia-Bari del 1997 fece cambiare il campo alle due squadre nel secondo tempo.
«Quella volta dagli spalti tiravano di tutto verso il portiere del Bari ed evitai che dovesse restare nella porta sotto la curva del Foggia: l’allora giudice sportivo Maurizio Laudi, una persona straordinaria, disse che l’interpretazione data era ultra legem sed non contra legem . Era la maniera per portare a casa la partita, con la condivisione dei protagonisti.
Giocatori e tecnici mi chiedevano: “Ma si può fare?”. Dissi: “Se voi mi dite che vi va bene, lo facciamo”».
E poi Perugia-Juve del 2000, lo scudetto alla Lazio in rimonta e lei sotto il diluvio con l’ombrello.
«Quello che fu sicuramente anomalo, fu il tempo tra quando fu sospesa la partita e quando riprese. Ma le condizioni del campo non erano poi così brutte, abbiamo visto situazioni peggiori. Chi era lì lo scrisse sul giornale e i giudizi furono unanimemente positivi».
(…)
C’è un momento nella vita in cui quest’abitudine può diventare un problema?
«È chiaro che quando sei abituato a prendere decisioni tendi a prenderle, anche quando magari dovresti demandarle. Ma a casa ho sempre cercato di creare una sorta di riserva indiana, dove entri e sei un po’ isolato dal contorno: ti aiuta molto».
Ha mai vissuto in campo conflittualità particolari?
«Mi ricordo che una volta, due o tre settimane dopo una partita, mi arrivò a casa una foto in cui eravamo ritratti io e Casiraghi faccia a faccia. E non eravamo sereni. Ma la cosa buffa è che dietro c’erano due frasi scritte a mano da lui: “Anche se dalla foto non sembra, la stima è sempre tanta”. Fu bello».
A tanti non piacciono i gol annullati per un centimetro di fuorigioco visto con il microscopio della telecamera.
«L’accuratezza però è sempre un vantaggio. Poi potremmo dire: due centimetri sono così determinanti? A 40 metri dalla porta forse no, magari in area di rigore lo diventano. Mettere una soglia? Bisogna sempre cercare di capire se la soluzione risolve il problema, o se invece ne crea un altro, magari peggiore. E poi: fino a quanto i centimetri non sono rilevanti? Due, cinque, dieci? Oggi grazie alla tecnologia nel fuorigioco, così come nel gol-non gol, abbiamo una certezza quasi assoluta».
Abbiamo visto recuperi fiume, ai Mondiali in Qatar, accolti da reazioni contrastanti.
«Quando hai partite in cui si gioca per 42 minuti effettivi secondo me ti devi porre la domanda: è giusto? Certe interruzioni vanno compensate. Il gol è un momento di gioia, dover interrompere l’esultanza di chi ha segnato per tutelare chi lo ha subito e il suo diritto di riprendere il gioco è una cosa illogica. In Qatar dopo un gol vedevi le riserve entrare in campo per festeggiare con i compagni di squadra. Per me questo è fair play».
Capitolo rigori: capita spesso che l’attaccante sbagli ma segni sulla respinta. Non è un vantaggio enorme per chi calcia?
«Credo che esista un gap eccessivo tra le possibilità che ha l’attaccante e quelle del portiere. Già si segnano in media il 75% dei calci di rigore, e spesso il rigore è un’occasione maggiore di quella che è stata tolta con il fallo. In più si dà anche la possibilità di giocare la respinta del portiere? Secondo me i portieri dovrebbero lamentarsi».
Che soluzione suggerisce?
«L’ho già detto in discussioni che abbiamo avuto all’Ifab: una soluzione è il one shot. Come nei rigori dopo i supplementari: non c’è respinta, o fai gol o si riparte da un calcio di rinvio, punto. E così eviti anche il teatrino che oggi c’è prima di un calcio di rigore, con tutti lì intorno all’area. Sembrano i cavalli ai canapi prima della partenza del Palio di Siena».
(…)
DAGOREPORT - SE IN FORZA ITALIA IL MALCONTENTO SI TAGLIA A FETTE, L’IRRITAZIONE DI MARINA E PIER…
DAGOREPORT - SERVIZI E SERVIZIETTI: IL CASO ALMASRI E' UN “ATTACCO POLITICO” ALLA TRUMPIANA MELONI?…
DAGOREPORT – IN UN MESE, TRUMP HA MACIULLATO L’ORDINE MONDIALE: RIABILITATO PUTIN, ISOLATA LA CINA…
SANREMO DIVENTA UN TALENT SHOW? LA SALA STAMPA RIBOLLE, SI SENTE DEFRAUDATA DEL POTERE DECISIONALE…
DAGOREPORT – IL VERTICE DI MAGGIORANZA DI IERI HA PARTORITO IL TOPOLINO DELLA CONSULTA: L’UNICO…
DAGOREPORT – QUANTO DURERA' LA STRATEGIA DEL SILENZIO DI GIORGIA MELONI? SI PRESENTERÀ IN AULA PER…