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La grande novità, dentro il periodo più cupo o quasi della storia del Milan, è che gli americani non si accontentano di una fetta, ma vogliono mangiarsi tutta la torta. E' questo quello che trapela dal viaggio londinese dei vertici rossoneri anche se di ufficiale, e ci mancherebbe, non c'è nulla.
Dalla ricerca di un socio di minoranza, qualcosa di simile a una benefattore disposto ad accollarsi i debiti - a partire dai 32 milioni della ricapitalizzazione - per decidere poco o niente, si è passati più logicamente ad acquirenti interessati immediatamente alla maggioranza del club. C'è anche una percentuale, il 75% delle quote, quanto basta per mettere il proprio nome in cima all'organigramma lasciando temporaneamente a Li un pezzo meno significativo del Milan.
L'altra grande novità è che i potenziali acquirenti sono tre, sono americani e tutti hanno mandato avanti le banche. Una per ciascuno e ognuna con una sede a Londra dov'erano ieri in missione Fassone, Han Li e il Chief Commercial Officer Lorenzo Giorgetti: Goldman Sachs, Morgan Stanley e Merril Lynch. I pezzi grossi della finanza made in Usa. La prima, in questa potenziale corsa, avrebbe messo il muso davanti alle "avversarie", ma la partita, nonostante la necessità di fare in fretta, non è ancora chiusa.
Sui nomi il riserbo è assoluto anche se qualcosa, nelle scorse settimane, era trapelato. Interessati al Milan sarebbero - ma la notizia è da prendere con le pinze - il proprietario dei Dolphins, Stephen Ross (Goldman?), il magnate di Real Estate e fondatore del marchio di abbigliamento Gap, John J. Fisher (Morgan Stanley?) e una cordata sponsorizzata da un imprenditore italiano. Anche l'entità dell'offerta non è certa, ma si parla di 500 milioni per, appunto, il 75% delle quote con Yonghong Li destinato a uscire in un paio d'anni massimo, il tempo di ricavare il più possibile da una futura quotazione in Borsa del club.
Restano infine le scadenze da rispettare e il ruolo di Elliott da ridefinire. Entro venerdì Li, o chi per lui, è chiamato a versare i 32 milioni della ricapitalizzazione. Se non lo farà, Elliott subentrerebbe alla proprietà cinese pretendendo entro dieci giorni il rimborso del prestito, "pena" l'escussione del pegno, vale a dire del Milan.
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