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1. CAPITAN FUTURO CONTRO LA SACRESTIA
Giancarlo Dotto per âIl Fatto Quotidiano'
Daniele De Rossi ha un'occasione unica per scrivere il capitolo più forte della sua già notevole biografia: dire un no assordante e definitivo alla Nazionale dei Torquemada in versione barzellettistica, dei Prandelli, degli Albertini, dei Sacchi e di tutto il refettorio annesso di anime belle. Sarebbe il modo migliore, certo quello più scioccante, per denunciare il problema di un potere federale che, tra codici etici e discriminazioni territoriali, sta trasformando una nazione calcistica nella dependance di una sacrestia (ricordate a proposito l'esilarante sanzione al bestemmiatore. Sono spariti di colpo i bestemmiatori o i sanzionatori?).
Per la stessa ragione, la gente dovrebbe disertare in massa gli stadi fino a che resteranno in azione i discriminatori che discriminano, un insulto dall'altro, stabilendo tra l'altro che l'odio folcloristico urlato contro generici e astratti viventi è molto più grave dello sfregio pubblicamente esposto contro i defunti, tanto di nome, cognome e alone mitico, la loro memoria e le loro famiglie.
De Rossi ha tutte le ragioni per ritenersi offeso e discriminato. Lo puniscono con la gogna pubblica, dietro la lavagna, come uno scolaretto qualunque, non tenendo conto della sua storia di professionista e di uomo. A leggere il libro nero del codice etico, De Rossi risulterebbe una sorta di delinquente. Tutti sanno che è l'esatto contrario. Un ragazzo generoso, dall'emotività incandescente, pescato dalle telecamere in un gesto eccessivo, in un contesto da Far West come sono le mischie d'area, dove tutto è eccessivo.
Per quanto orgoglioso e sanguigno, il ragazzo non dirà no alla Nazionale. Scelta più impossibile che coraggiosa, a tre mesi dai Mondiali. Ma sarebbe grandioso se lo facesse. Gli basterebbe concentrarsi intensamente su questo manipolo d'inflessibili inquisitori, immaginarli mentre si consultano febbrilmente al telefono per stabilire che la sua manata, eh sì, aveva violato l'etica.
Decisione tanto più odiosa perché anticipa e orienta la sentenza della giustizia sportiva. Pensi, De Rossi, alla faccia tutta compunta e trapunta d'etica di Prandelli che palleggia il suo codice tra le mani, come faceva Amleto con il teschio di Yorick, vezzeggiando il dilemma: punire o non punire?
No, non è questo il problema. Il problema è un calcio che pretende di confondere nel puzzo d'incenso il suo declino e la sua inettitudine, riportando le sue viziatissime anime a un gigantesco oratorio con tanto sole tanti anni fa.
Facile buttare giù un codice etico. Ovazione garantita. Più complicato applicarlo. Cesarone gongolava quando ha presentato il suo codice etico. Era la sua medaglia al petto in quanto anima, è diventato il suo trappolone. Giù allora con le mediazioni democristiane e gli aggiustamenti bizantini. L'indagato dispensabile Criscito a casa e l'indagato indispensabile Bonucci agli Europei. Un peso e due misure. Una manata in faccia di De Rossi vale più di un tremendo calcione di Chiellini? Non si è etici quando si usa le mani, lo si è quando si usano i piedi? Solo perché i piedi sono gli strumenti di lavoro? Fino a che punto i piedi sono affrancati dall'etica? Lo sono anche se spezzano una caviglia con un fallo gratuito da dietro? Osvaldo che non ritira la medaglia della Coppa Italia non è degno della maglia azzurra, quello che pesta il compagno di squadra lo è? Sì, ma è accaduto più di un mese fa.
Cos'è, il peccato d'etica evapora? Ha una data di scadenza? Buffon che dice "meglio due feriti che un morto" sta dentro l'etica? E Cassano che a suo tempo insulta un giornalista o dileggia i gay? L'onore ferito dei gay vale dunque meno della mascella sfiorata di Icardi? Basta chiedere scusa? Le scuse pubbliche sono l'equivalente di due Ave Maria e un Pater Nostro? E se De Rossi chiedesse scusa? Balotelli che ingiuria a morte l'arbitro Banti e ne fa ogni giorno di ogni colore è punibile alla vigilia di un'amichevole, ma non di una partita decisiva?
Ancora. Se passo i novanta minuti a insultare la moglie o la sorella dell'avversario prima di farmi dare una testata, senza essere intercettato da microfoni o telecamere, sono degno o no della maglia azzurra? Se in campo sono un cherubino e a casa picchio la moglie, sono dentro o fuori il codice etico? L'invisibilità del reato garantisce l'impunità ? Dove sta il confine tra la condotta violenta e la trance agonistica? Non se ne esce. Il codice etico è più indecifrabile del Codice da Vinci. E la frittata, comunque la si rigiri, è ridicola.
Nel frattempo, Prandelli frigge nella sua stessa padella. Non lo potrà mai confessare pubblicamente ma, fosse per lui, lo butterebbe oggi nella spazzatura questo suo codice etico, ignorando persino lo strazio di Demetrio Albertini. Con un Mondiale alle porte c'è da tremare. Se Balotelli mi mette sotto una vecchietta sulle strisce con la sua Ferrari o Buffon mi picchia la Seredova, che faccio, come mi comporto? E se a me, Prandelli, capita di bestemmiare alla vigilia d'Italia-Inghilterra? Che faccio? Mi autoescludo? Già beccato a suo tempo in flagranza di bestemmia, il pio Prandelli si era difeso così: "Ho detto "Zio" e non "Dio", come se velare Dio con Zio non fosse una bestemmia al quadrato. Materia scivolosa, l'etica, caro Prandelli. Non se ne esce.
2. PRANDELLI: âL'EUROPA VA PIU'VELOCE, CALCIO COME PAESE'
(ANSA) - ''L'Europa va veloce, e noi dobbiamo metterci al passo coi tempi''. E' l'analisi che fa all'Ansa Cesare Prandelli, all'indomani di Spagna-Italia. ''Sì, parliamo di calcio e sembra di parlare di politica e di società : la nazionale e il calcio sono come il Paese. Se non abbiamo grandi nomi o grandi numeri, dobbiamo sopperire con grandi idee''.
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