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        “PER IL SAMURAI SPALLETTI LA JUVE ARRIVA OGGI, NELLA SUA VITA, AL MOMENTO GIUSTO” – GIANCARLO DOTTO, AMICO E BIOGRAFO UFFICIALE DI "LUCIO", RACCONTA IL RITORNO DEL TECNICO: “L’UOMO È TORNATO FERRO, DOPO ESSERE STATO LANGUORE. MAI COSÌ GUERRIERO. MAI COSÌ SMANIOSO DI RIVINCITA. SE IN NAZIONALE NON CE L’HA FATTA È PERCHÉ, I CALCIATORI, LUI LI DEVE VEDERE TUTTI I GIORNI. DEVONO STARE TUTTI INSIEME NELLA STESSA GABBIA, CHE È POI LA FOLLIA LUCIDA DEL MISTER. LA JUVE, QUESTA SÌ, UNA BELLA VIRATA, UNO SCHERZO, VEDREMO SE SUBLIME O ATROCE, DEL DESTINO. LA 'SIGNORA' È SEMPRE STATA LA SUA CONCLAMATA NEMICA SPORTIVA”
Giancarlo Dotto per il Corriere dello Sport - Estratti
Non fate troppe fantasie. Spalletti in bianco e nero sarà lo stesso che è stato in azzurro vario, molto azzurro, azzurro e nero, azzurro e bianco (Zenit), giallo e rosso, due volte, tutti i colori del mondo.
A Torino, come a Napoli, Milano, Roma, San Pietroburgo, Udine, Venezia, Empoli, Genova, Venezia, Ancona, qualunque buco o meraviglia del mondo. Il perimetro della sua testa è il perimetro del suo mondo. Vale per quasi tutti noi, ma lui esagera, come tutti i paranoici di successo.
Luciano è una specie di samurai. Lui va in guerra ogni volta. La sua testa è già di suo un elmo. Gli basta lucidarla ogni tanto. Va in guerra pure quando entra in un bar di Montaione e pretende di pagare a tutto il mondo, sconosciuti compresi e guai a sottrarsi.
Ti mette al muro (letteralmente). Quando vince, e vince spesso (vince anche quando perde), non sa che farsene, se farsene significa godere, darsi alla pazza gioia. Se perde, il dolore è invece totale.
Spudorato. Non si lecca le ferite, le apre, le allarga, se ne procura una accanto. Va, in quei giorni di masochismo puro, là dove lo amano, gli animali prima di tutto. La sua tenuta nella campagna a due passi da Firenze, l’unico posto in cui si consente di accettarsi, se non di amarsi. Non ha bisogno che lo calino gli altri nel pozzo dopo averlo frustato e ustionato con l’olio bollente. Nel pozzo ci si cala da solo, la corda se la fa con le sue mani di contadino, bella nodosa, la corda e la mano. Non vede l’ora. È fatto così.
(...)
Questa sì, una bella virata, uno scherzo, vedremo se sublime o atroce, del destino. La Juventus è sempre stata la sua conclamata nemica sportiva. Quando sgambettava ragazzino alla Fiorentina, la sua squadra del cuore, alla Roma, all’Inter e poi, peggio mi sento, il Napoli.
Quando la Juve era quella di Allegri, il toscano di scoglio che si dimentica di stringergli la mano a fine partita e lui lo agguanta e poco ci manca che gli mette le manette.
La Juve è sempre stata la sua preda mitica, in piazze così allergiche a quel nome, e tante volte ci ha lasciato le penne. Ma, altre volte, ha goduto, si fa per dire. “Non dobbiamo prendere le loro ripartenze!”, gridava come un ossesso nello spogliatoio prima della partita, cosa che gli viene bene, essendo lui un ossesso vero.
Quel 23 aprile 2023 quasi palindromico a Torino, gol finale di Raspadori e scudetto napoletano in tasca. Nella sua vita accade, però, anche qualcosa di molto juventino, molto gobbo, molto intimo, chiamatelo un presentimento, racconta la sua bellissima biografia fantasma, quando Spalletti dedica diverse pagine commosse a Riccardo e Alessio, i due ragazzi delle giovanili della Juve, annegati nel laghetto di Vinovo. Già, il destino. De Laurentiis s’impuntò feroce due anni fa su quella clausola, il giorno dell’addio. Una sanguinosa penale da pagare se Spalletti fosse andato nei dodici mesi successivi in un club italiano.
 gennaro gattuso luciano spalletti
gennaro gattuso luciano spalletti 
La fobia, in realtà, era che raggiungesse Giuntoli alla Juve. Non accadde e non sarebbe mai potuto accadere. Arrivò, invece, un’altra chiamata, di quelle che ti fanno perdere la testa, se la testa è quella di Spalletti. La Juve arriva oggi, nella sua vita, al momento giusto. «Devo rimettere a posto le cose… la maniera in cui sono uscito dalla Nazionale, la delusione che ho procurato a me e ai tifosi…». Lo Spalletti che parla così è una garanzia.
L’uomo è tornato ferro, dopo essere stato languore. Il ferro con cui monta e inchioda le sue opere geniali sparse nella tenuta di Montaione. Mai così guerriero. Mai così smanioso di rivincita.
 locatelli icardi insigne totti spalletti
locatelli icardi insigne totti spalletti
Se in Nazionale non ce l’ha fatta è perché, i calciatori, lui li deve vedere tutti i giorni, li deve toccare, se li deve coccolare, minacciare, spintonare e accarezzare. Devono stare tutti insieme nella stessa gabbia, che è poi la follia lucida del mister, spaventarli e poi sbalordirli all’improvviso con inaudite dolcezze. Col tempo, e se le cose andranno bene, le dolcezze prenderanno il sopravvento.
Qualche giorno fa si sono incontrati a Roma, lui e l’amico Silvio Baldini. Si sono abbracciati e detti cose affettuose. Bello vederli insieme e meditare. Due bug del sistema, trovarseli in Nazionale, due soggetti la cui dismisurata passione è un attentato costante. Solo che uno non ce l’ha fatta e l’altro rischia di farcela. Baldini, che è un folle vero, attraversato da lampi di genio, ha raggiunto un suo nirvana, è diventato una Bambola mistica tutta d’un pezzo, inalterabile e intangibile.
Non ha più quasi nemmeno bisogno di proferire verbo. E, se verbo deve essere, preparatevi al meglio o al peggio. Lui non ha filtri. E funziona. Ragazzi, non ancora intossicati dalle manfrine e dai dollari del mondo, sono ancora lì, disponibili a farsi affascinare da uno così. Spalletti ci ha creduto davvero.
Ha sguainato e sguaiato la sua iperbole, ma i ragazzi erano nel frattempo cresciuti, s’erano fatti scaltri, ricchi e saputi, viziatelli alquanto, non più disponibili all’incanto. La ferita di Spalletti non è stata la sconfitta, l’esonero e nemmeno la pesante gogna dei soliti vigliacchi alla tastiera. Ma, l’essersi offerto in pasto con tanto candore, illudendosi d’essere un re, e invece era solo un eccentrico signore un po’ fuori di testa. Si è mostrato nudo e alla fine era solo grottesco.
 luciano spalletti giancarlo dotto (3)
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È andato alla guerra, si è voltato, l’ora dell’incubo, e dietro di lui c’era solo il suo Sancho Panza di sempre, Marco Domenichini. Anni fa, su queste pagine, scrissi una specie di lettera aperta ai tifosi napoletani. “State certi, con Spalletti vi divertirete sicuro”. Facile profezia. Si divertirono, eccome, moltissimo. Non mi resta che replicarla e trasferirla ai tifosi della Juventus. Mi sento di aggiungere una cosa. Kenan Yildiz sarà il suo Francesco Totti di oggi e domani. Nella migliore delle versioni possibili.
 totti spalletti amaro montenegro
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