DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia
Napoli campione d’inverno, un titolo che non titola e significa poco o niente. Significa che Higuain e compari scoppiano di salute, ma quattro mesi sono tanti e ci sarà pure il salasso coppa da febbraio in poi. Bucherellati da parte a parte i volenterosi ciociari, falli anche non volenterosi, e avendo già goduto delle falle viola, romanista e interista, quelli di Sarri hanno sbizzarrito a campo aperto i loro talenti, l’argentino (diciotto gol su diciannove partite) e Hamsik su tutti, mostrando anche nell’occasione la qualità di due o tre seconde linee.
Il guaio per loro e per tutte le altre ambiziose, da cui è il caso di sfilare la Roma, oramai più nel range del Sassuolo e dell’Empoli che del Napoli, si chiama Juventus. Nona vittoria consecutiva, anche senza Marchioro e vocazione all’assoluto, che significa vincere schifosamente sempre, ovunque e comunque. Ergo, sarà suo anche questo campionato e almeno un altro a seguire per tre solidissime, inconfutabili ragioni.
1) L’acciaio retrò dei Buffon, Chiellini e Bonucci,
2) Sapientissimi nella spesa. Marotta e soci non sbagliano una mossa. Una lista interminabile. Da Pogba all’ultimo Dybala ma, per dire, contro la Samp, uno dei migliori si chiama Khedira, suo anche il secondo gol,
3) il rispetto ai limiti della deferenza trasforma gli avversari in tremule donzelle e vittime predestinate (la Sampdoria ha cominciato a giocare dopo lo 0 a 1 anche lui predestinato) e gli arbitri in occasionali e devoti affiancatori.
Continuo a credere più all’Inter che al Napoli, come eventualissima rivale. Dopo aver ferito più volte è stavolta perita dell’1 a 0, crudelissimamente inflitto da un rigore all’ultimo secondo che Berardi non sbaglia, e dopo aver mancato una decina di occasioni. Ma Inter viva e dominante, contro il magnifico Sassuolo di quasi sempre.
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Da notare. E da prendere come possibile lezione. Il Palermo che vince sull’ormai spacciatissimo Verona, nonostante e forse grazie all’assenza dell’allenatore, essendo ormai il Ballardini un convitato di pietra al seguito, chirurgicamente escluso anche dall’abbraccio festoso di gruppo. E se fosse un precedente da studiare con attenzione? Togliere al branco l’alibi dell’allenatore, responsabilizzare i calciatori e trasformarli in padroni del loro destino.
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