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Stefano Mancini per “la Stampa”
«La Mercedes ha progettato il motore assieme alla Federazione. Ecco perché hanno cominciato così forte». La teoria complottista è di Bernie Ecclestone, il padre padrone della Formula 1.
Dopo il desolante Gran premio di Australia, con 15 piloti al via, 11 al traguardo e 5 a pieni giri, Mister E lancia un’accusa pesantissima alla squadra che ha dominato nel 2014 e continua a essere irraggiungibile: «Loro sapevano un po’ di più di queste power unit. Ora qualcuno li deve riprendere».
Altro che efficienza e metodo tedeschi: la Mercedes, secondo Ecclestone, era nella stanza dei bottoni quando sono state scritte le regole che definivano i motori turbo ibridi e da questa situazione ha tratto l’enorme vantaggio che ha oggi. Campionati falsati? Ecclestone si limita a dare una soluzione pratica: «Credo che ci sia ancora una regola introdotta da Max Mosley. Nei casi in cui un motorista o un costruttore avessero fatto qualcosa di magico, come la Mercedes in questo momento, la Fia può livellare le cose».
La situazione si aggrava
La situazione della F1 intanto si aggrava. La Red Bull minaccia di lasciare, altri tre o quattro team rischiano di fallire e nessun grande costruttore di automobili si sognerebbe oggi di entrare in F1. L’ultimo a farlo è stata la Honda come fornitore di motori: grandi proclami, l’intesa con la McLaren.
Sappiamo come sta andando: Jenson Button è finito ultimo nel Gp di Melbourne, tra due domeniche in Malesia ci sarà al suo fianco Fernando Alonso: due campioni del mondo destinati al doppiaggio sistematico. I tecnici giapponesi hanno commesso degli errori, come facilmente succede in uno sport ipertecnologico, ma non possono rimediare. Hanno nove gettoni da spendere entro luglio: cioè possono apportare nove modifiche, quando invece sarebbe tutto da rifare.
Il motore ibrido
La tecnologia del motore turbo ibrido è complessa: la Ferrari sta recuperando, la Renault (che medita di comprare la Toro Rosso) è in crisi, mentre la Honda è a zero, con centinaia di milioni investiti e un ritorno di immagine catastrofico senza possibilità di intervenire.
Eppure la rivoluzione dei motori aveva l’obiettivo opposto: sviluppare una tecnologia con ricadute sulla produzione di serie strizzando l’occhio a colossi come Toyota e Audi. Qualche tecnico prevedeva che la power unit della F1 sarebbe stata adatta anche alla 24 Ore di Le Mans. Il discorso è caduto: chi corre le gare endurance fa ricerca su filosofie motoristiche diverse, chi è in F1 gioca con i gettoni.
L’incontro dei boss
Sabato a Melbourne si sono incontrati Toto Wolf e Niki Lauda per la Mercedes, Chris Horner e Helmut Marko per la Red Bull. «Siamo insoddisfatti di queste regole, potremmo andarcene» minaccia la Red Bull. C’è poi la questione costi: diminuendo da cinque a quattro il numero di motori utilizzabili senza penalità, le spese sarebbero dovute diminuire. Sicuro. Però i piloti girano meno il venerdì e vanno più piano la domenica per evitare guasti. Al via del giro di formazione c’erano soltanto 15 monoposto: mai così poche dalle 16 del Gp di Spagna 1970. Il 29 marzo in Malesia si replica. Rientrerà l’infortunato Alonso, correranno forse anche Mehri e Stevens con le Manor: chi dei tre andrà più piano.
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