DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Stefano Mancini per “La Stampa”
È la medaglia del record quella che Luigi Busà, primo campione olimpico dI Karate kumite, chiama «la mia biondina». La solleva, la morde, ci gioca e la mostra orgoglioso: è la 37ma di questa straordinaria spedizione italiana a Tokyo a cui, proprio nei momenti dell'esultanza, si aggiunge quella della 4x100 dell'atletica. Le belle notizie viaggiano in tempo reale e si fondono in unico abbraccio tra il karateka e il suo entourage. «Questa è davvero la medaglia di tutti, senza una squadra di grandi professionisti a sostenermi non sarei arrivato fin qui», assicura il karateka azzurro.
La festa comincia negli scantinati del Nippon Budokan, il palazzo dello sport di Tokyo a forma di pagoda che è simbolo dell'identità e delle tradizioni del vecchio Giappone. Qui gli atleti raccontano la loro impresa e i sacrifici che l'hanno preceduta. La vittoria è il lieto fine, ma dietro si nascondono quasi sempre storie tristi e non banali. L'inizio della favola narra di un bambino che amava abbuffarsi.
Busà, 33 anni, siciliano di Avola, provincia di Siracusa e terra di buoni vini, rivela il suo passato: prima di diventare campione di un'arte marziale, era obeso e veniva bullizzato dai compagni di scuola. «Un giorno vi mostrerò le mie foto - promette -. A 13 anni pesavo 94 chili ed ero più basso di adesso. Ero grassissimo, come potevo pensare alle Olimpiadi? Il mio messaggio, anzi il messaggio di questa medaglia è che la vita non è facile. Io ho subìto insulti, vengo da un paesetto del Sud un po' così, bellissimo per carità, ma devi sgomitare per uscire. Però ce l'ho fatta. Non mollate mai».
LUIGI BUSA SALUTA LA MAMMA DOPO L ORO NEL KARATE A TOKYO 2020
È stato il padre a intravedere in lui le stimmate del campione, o forse semplicemente a trovargli un'attività che lo rimettesse in forma. Papà Sebastiano è un «sensei», un maestro. Vedeva che il figlio vinceva campionati cadetti e qualcosa di serio poteva diventare. «Il problema è che a 16 anni combattevo nei pesi massimi - racconta ancora l'atleta azzurro -. Mi fecero capire che a livello internazionale non sarebbe stata una buona scelta, perché colpi e impatti sono troppo duri. Dovevo dimagrire, scendere nei medi sotto i 75 chili. Ho fatto la dieta, e da quella categoria non mi sono più mosso».
Tutta la famiglia è legata al karate: la moglie Laura Pasqua è stata medaglia di bronzo ai Mondiali 2014, mentre il fratello Nello ha fatto l'allenatore delle nazionali giovanili. Ma non è a loro che Luigi ha pensato quando ha stampato il volto sulla telecamera che riprendeva l'incontro e ha urlato «mamma, ce l'ho fatta».
LUIGI BUSA ORO NEL KARATE A TOKYO 2020
Ora per il suo ritorno ad Avola vuole i caroselli per strada. L'incontro decisivo contro il suo rivale storico, l'azero Rafael Aghajev, è stato molto combattuto e si è concluso sull'1-0. «Se la finale olimpica non fosse tesa, non sarebbe fra i due migliori del mondo», dice l'oro olimpico. Il paradosso di questa impresa è che potrebbe rimanere unica. Il Cio ha deciso di cancellare il karate dal programma a partire dai Giochi di Parigi 2024, dopo averlo introdotto a Tokyo. Potrebbe ripristinarlo nel 2028 a Los Angeles, ma si tratta di ipotesi.
«Se può servire, ci parlo io con il presidente del Cio. Il karate è uno sport bello da vedere e complesso, è un errore toglierlo». Intanto, a domanda sul suo futuro risponde che si preparerà per le Olimpiadi, che siano fra tre o sette anni. «Lo faccio soprattutto per i giovani: vorrei che tutti avessero l'occasione di provare le mie stesse sensazioni». Probabilmente non saranno mai così intense le sensazioni dei suoi eredi. Il motivo? Busà è andato a vincere a Tokyo, praticando un'antica disciplina giapponese e all'interno di un luogo simbolico.
LUIGI BUSA ORO NEL KARATE A TOKYO 2020
È l'Italia che vince l'Eurocontext con i Måneskin, che sbanca Wembley agli Europei con la Nazionale di Mancini e che batte ogni record ai Giochi. È l'Italia multidisciplinare che ci fa scoprire un aspetto nascosto del nostro retroterra sportivo: siamo una potenza nelle arti marziali orientali e siamo andati a imporci là dove hanno le radici più profonde: una vittoria nel taekwondo (coreano), due bronzi nel judo, un oro e un bronzo nel karate. Finirà domani, ma non è un sogno.
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