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Linda De Sanctis per “la Repubblica - Roma”
Due “pittori pittori”, affascinati entrambi da quello che c’è fuori dalla realtà. Ma due modi diversi di usare la pittura, e due esplorazioni differenti per conoscere dietro e oltre il mondo. Due artisti che negli anni ’90 partono da Roma per essere subito riconosciuti sulla scena internazionale.
Sono Alberto Di Fabio e Cristiano Pintaldi, cui il Macro Testaccio dedica due personali, curate rispettivamente da Laura Cherubini e Stella Santacatterina.
Di Fabio ha la passione per le scienze naturali fin da bambino, quella dell’arte poco dopo, a Roma, al liceo artistico prima e poi in giro per il mondo, a Parigi e a New York. Quindi il ritorno a Roma negli anni ’90 con una serie di punti fermi: uscire dall’estetica, dalla pittura ossessiva per dipingere sulla base del confronto con le leggi che regolano la realtà scientifica e fisica.
Analizzare la materia e l’antimateria che regolano l’universo, le forze magnetiche e fisiche che ne regolano i processi evolutivi, con il segno, il gesto, il colore, sulla scia dell’astrazione e del dripping di Pollock. Oggi, le grandi tele esposte al Macro si spostano in avanti: vogliono rapire chi guarda per “andare oltre”, lasciare la realtà e congiungersi con l’infinito.
Tele che invitano alla meditazione, che nascono studiando e dipingendo i paesaggi himalayani, con le montagne che trasportano la mente di chi guarda ad altezze elevatissime, che passano poi per “i giardini della mente”, rosa, verdi, celesti e infine si elevano verso l’infinito, perdendosi in un blu assoluto, dove la dimensione è atemporale, le visioni sono extrasensoriali, e lo spettatore è invitato, con grande poesia, a raggiungere l’elevazione e la permutazione dello spirito.
Cristiano Pintaldi, fin da bambino gioca con pennarelli e colori nello studio dei genitori, pubblicitari e appassionati d’arte. Con loro inizia a dipingere, a scoprire le immagini, a essere affascinato da quelle in movimento del mondo del cinema.
Quando comincia a dipingere inventa una tecnica personale, con cui scompone le immagini in pixel, che gli consente di ricreare sulla tela le immagini digitali. Si concentra, negli anni ’90, sulle immagini della televisione, il contenitore unico di “realtà condivisa”: i volti di Hollywood o i paesaggi famosi sono ricreati con la costruzione di un personalissimo pointillisme catodico.
Nelle tele in mostra il lavoro si è evoluto, le immagini condivise oggi sono quelle della Rete, dei social network. Anche il pixel acquista una nuova forma rotonda e l’indagine si sposta “ai confini della realtà”. Le grandi tele blu raccontano di ufo e di alieni che arrivano sulla terra, di fulmini che squarciano i cieli come descritto nell’ Apocalisse di san Giovanni, di potenti della terra circondati dai segni della massoneria. «Penso che la realtà stia mutando in poco tempo, e presto avremo coscienza della cose fuori di noi», dice guardando le sue tele misteriose e affascinanti.
Macro Testaccio, Piazza O. Giustiniani 4, Fino al 10 gennaio,tel. 060608
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