DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1. ASSALTO AL PULLMAN DELLA JUVE - VIDEO
2. COL FIGLIO ALL’ASSALTO DEL BUS
Lodovico Poletto per “la Stampa”
Signor Vincenzo, allora conferma che era proprio lei quello che prendeva a pugni il bus della Juventus domenica, poco prima del derby?
«Sì ero io, però...». A sentire le sue parole così pacate mentre racconta come sono andate le cose domenica, uno non riesce proprio a immaginarsi questo quarantenne tutto buonsenso e «fede granata» stretto in una maglietta da ultrà e pronto a tutto per la squadra.
«Mai fatto a botte»
Padre di due figli, delegato al franchising per conto di una catena di negozi di alimentari, è (per il momento) l’unico tifoso identificato dell’assalto all’autobus della Juve. È lui il papà con il bambino al seguito che batteva pugni sulla fiancata: uno, due, tre, quattro volte, poco prima che qualche altro lanciasse la pietra - oppure la bottiglia, ancora non si sa - che ha mandato in frantumi un finestrino.
«Diciamolo chiaro: io non ho fatto assolutamente nulla di male. Io non sono un delinquente, uno che va allo stadio per fare a botte, che distrugge o prepara i fumogeni. Io sono un tifoso e basta, da sempre». Ma, signor Vincenzo, era o no nel gruppone lungo la strada, e per di più con suo figlio?
Ed ecco qui la risposta, che è un’ammissione di colpa - «Sì ero lì» - ma anche un tentativo di spiegare, di far capire l’atmosfera che si respirava domenica, subito dopo pranzo in via Filadelfia, a due passi dallo stadio. «Allora io sono andato lì con mio figlio perchè volevamo veder passare il pullman del Toro. C’erano cinquemila persone lungo la strada e ad un certo punto è arrivato l’autobus bianconero».
E la folla si è lanciata sulle fiancate. «Ma se guardate bene il video si vede che io batto soltanto sulla carrozzeria. Colpi a mano aperta. Non pugni. In mano non ho nulla, si vede bene, è tutto chiaro».
Lì accanto però c’è suo figlio. Che forse urla - come fa il papà - un po’ di frasi fin troppo colorite contro i bianconeri. «Ma allo stadio queste cose ci stanno. Le diciamo da sempre, le dicono tutti. È il calcio che è fatto così. Io non sono un teppista». Sarà anche vero che tra tifoserie opposte non ci si risparmia nulla, ma con Vincenzo c’era il bambino.
«Guardi che però noi eravamo andati lì per prendere un caffè pre-partita». Ma non aspettava il bus? «Sì, anche quello, ma del Torino, non quello dei Gobbi. Che è arrivato all’improvviso e io ho battuto sulla fiancata». Sì ma era con il bambino? «Ma non c’era pericolo, non c’era gente violenta».
assalto bus juve padre e figlio
Tesserato in tribuna
Anche lui ha chiaro che certe cose non devono accadere: «Ma quando sei lì ti lasci prendere. Del resto, io e tutti gli altri, abbiamo battuto anche sul mezzo del Toro». Ma poi sono arrivati carabineri e polizia in assetto antisommossa: scudi, manganelli, caschi.
Niente scontri, per carità, ma il signor Vincenzo è stato identificato dagli agenti della Digos (che adesso sono al lavoro per identificare anche gli altri) ed è diventato uno dei simboli della giornata di delirio. E per lui potrebbe scattare una denuncia.
assalto al bus della juve assalto bus juve 1
Il signor Vincenzo è piuttosto preoccupato. È andato allo stadio dopo? «Certo che sì». In curva? «Ma no, in tribuna. Io sono un uomo tranquillo, un lavoratore, un imprenditore. Senta, posso dire una cosa?» Prego: «Ma perché quel pullman è passato da lì?» Ma perchè le violenze: «Beh, quelle non ci dovevano essere».
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