DAGOREPORT - A.A.A. ATTENZIONE ALLA MONETA: RITORNA MINACCIOSA SULLA SCENA GEOPOLITICA DEL MONDO -…
Claudio Savelli per “Libero quotidiano”
A Lorenzo Pellegrini si può concedere una deroga al detto "tre indizi fanno una prova". Ne bastano due, come i gol che ha segnato nelle altrettante partite del nuovo ciclo dell'Italia, per affermare che sì, è il numero 10 che la Nazionale cercava, e sì, la "dieci" è la maglia che merita di indossare.
Nessuno ha provato a dire il contrario negli ultimi giorni, cosa accaduta con quasi tutti i prescelti post-Totti: attaccanti come Di Natale, Osvaldo e Balotelli, centrocampisti come De Rossi, Thiago Motta e Verratti, esterni come Candreva, meteore come Vazquez, interpreti interdetti come Giovinco e Bernardeschi, non erano ritenuti giusti o degni dell'iconica casacca.
Solo quando l'ha indossata Insigne l'opinione pubblica si è placata, seppur con qualche riserva. Su Pellegrini, invece, non c'è stato niente da dire: chi tace, acconsente. Lorenzo finora è stato considerato una seconda linea di lusso da Roberto Mancini, il dodicesimo uomo, il primo cambio dietro ai tre intoccabili centrocampisti Verratti-Jorginho-Barella o ai tre davanti.
DECLASSAMENTO
centrocampo, nella zolla da mezzala di Verratti, ma ha segnato quasi alla stessa maniera. Diverso il ruolo, simili i gol. Ciò dimostra che Pellegrini è interprete di un calcio libero dagli schemi, un gioco totale. È quindi l'incarnazione del numero 10 contemporaneo che galleggia tra le linee, ispira i compagni nella stessa misura in cui segna, rispetta la tattica in fase difensiva con un ottimo senso del sacrificio ma si lascia guidare dall'intuito in quella offensiva. Come piace a Mancini.
Sono diversi i motivi per cui ha conquistato soltanto ora, a quasi 26 anni, la Nazionale. Il primo è una certa dose di sfortuna, visto che saltò l'Europeo per un infortunio dell'ultimo minuto. Il secondo è che non era ancora del tutto maturo prima dell'arrivo di Mourinho alla Roma. José l'ha reso capitano della squadra e leader assoluto, lui ha ripagato con una straordinaria continuità di impiego (41 partite stagionali) e di rendimento (14 gol e 8 assist). Non ha osato indossare la "dieci" giallorossa del suo idolo Totti, preferendo la 7, ma ha saputo sostenere l'onere della fascia di capitano da romano e romanista nella Roma: un compito tutt' altro che facile considerando, ad esempio, le difficoltà di Insigne a Napoli, giocatore di cui ha preso il posto in azzurro.
PROGETTO
Ciò dimostra che Pellegrini ha bisogno di sentirsi al centro di un progetto per rendere al massimo. Non soffre il peso delle responsabilità, semmai ne gode: è più concentrato e continuo, meno falloso e bizzoso. Anche in famiglia va così: Lorenzo è sposato con Veronica da quattro e ha due figli, Camilla (quasi tre anni) e Thomas (1). Se non gioca, è con loro. Se non è con loro, si prende cura del fisico, conosciuto e accettato dopo qualche infortunio muscolare di troppo. Aveva ragione Mancini, Pellegrini non era pronto per prendersi l'Italia. Ha ragione di nuovo Mancini: ora lo è. E con ogni probabilità sarà sempre titolare, in un ruolo o nell'altro, con la "dieci" di Totti e pure del ct sulle spalle.
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