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1. DOTTO: “CULO O GENIO? GENIO ASSOLUTO. SENZA IL MINIMO DUBBIO. QUELLO CHE, PER SEMPLIFICAZIONE, CHIAMIAMO TIRO È L’ATTO CHE PRECEDE IL PENSIERO. L’ESSENZA DEL GENIO” 2. ''UN’OPERA D’ARTE CADUTA DAL CIELO'': COSI' IN SPAGNA HANNO DEFINITO LA MAGIA

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VIDEO - IL GOL DI FLORENZI (CON TELECRONACA ED ESULTANZE IN RUSSO)

 

 

1. DOTTO: “CULO O GENIO? GENIO ASSOLUTO’’

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di Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia

 

Andate a riascoltarlo. L’”incredibile” picciniano, un canone della sua telecronaca esclamativa, questa volta gli resta strozzato in gola. Muore nel suoi dirsi, come un’ernia fuoriuscita tra la terza e la quarta sillaba. Soffocato da se stesso. L’”incredibile” più credibile di sempre tra le migliaia declamate negli anni da Sandro Piccinini.

 

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Andate a riguardarvi Ter Stegen, il portiere del Barca, nell’attimo in cui realizza. Ha una specie di scossa, si ritrae quasi spaventato. E’ spavento il suo, come se avesse visto la Madonna o il demonio, fate voi. La reazione di Florenzi. La più interessante. Lui è l’autore del capolavoro, l’ha firmato lui con il suo destro da sniper e mirino elettronico incorporato. Cecchino? No, accecato. Florenzi si copre il volto. Si acceca. Come Edipo.

 

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Non sostiene la vista. Può sopportare quello che ha fatto solo cancellandolo dagli occhi. E’ roba sua. Farina del suo piede. Potrebbe scatenarsi in un birignao di feste. E invece no. Muto, accecato. Il suo capolavoro lo eccede, lo trascende, talmente oltre e talmente smisurato da non appartenergli. Non basteranno gli abbracci dei compagni, gli oooh dei tifosi, gli omaggi degli avversari, i titoli di tutto il mondo: prima ancora di essergli fuggita di piede, la “cosa” gli è fuggita di testa. Il tabellino certifica che il gol è suo, ma la firma di chi è?

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Ozioso dibattito del giorno dopo. Culo o genio? Genio assoluto. Senza il minimo dubbio. Quello che, per semplificazione, chiameremo tiro è l’atto che precede il pensiero. L’essenza del genio. Maradoniano puro. Cosa accade in quel preziosissimo, memorabile trentunesimo minuto? Che tutti, più o meno, Messi svogliatello incluso, stanno giochicchiando una partita di calcio, un copione già scritto a monte, di qua la stanca orgia da possesso palla del satrapo blaugrana, di là una squadra che cerca di parare i danni, si chiama “umiltà”. L’umile cerca di fare fesso il satrapo.

 

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Ma il satrapo è già avanti. Storia già scritta. Mezz’ora e già si sbadiglia rassegnati. L’incredibile, l’impossibile e l’impensabile accade, al 31’, come un cortocircuito dell’immediato. Una folgore nel piatto. Lunga cinquantacinque metri. Non prevista nel copione di giornata, in qualunque copione.

 

Vedo la partita con un amico romanista. La palla è lì, inconfutabile, in fondo al sacco, ma noi ci guardiamo negli occhi per qualche secondo. Cerchiamo l’uno la conferma dall’altro. Non crediamo ai nostri occhi. La folgore di Florenzi straccia il copione, trasforma la partita, la rovescia. Diventa un’altra cosa. Messi e compagni, straniti, perdono quota nella loro arroganza. L’Olimpico diventa le Termopili. Quelli della Roma si convertono in Leonida e compagni. Quel dono venuto dal cielo deve essere difeso col sangue.

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Colpi così inauditi vengono di solito da enormi fuoriclasse o da clamorose schiappe. Sono, in questo caso, i colpi della domenica. La storia di Florenzi è molto interessante. Lui non è l’uno, né l’altro. E’ un grande calciatore, ma questo è banale. Ce ne sono a pacchi. Lui è diverso. Ha la faccia di quello che doveva essere il suo destino, fare il cameriere nel bar di famiglia. Ne incontri a mucchi di quelle facce nelle periferie romane.

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Ma, guardatelo bene, quando spaventa il tedesco o corre a sbaciucchiare la nonna in tribuna, è la follia che lo attraversa e lo benedice. Può ucciderlo solo una cosa, che, stranito da tanti adulatori, inizi un giorno a credere d’essere davvero lui, Alessandro Florenzi, e non ciò che lo trascende, la sua follia, l’autore dei suoi capolavori.

 

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Ale Florenzi ha una mina nel petto. Ogni tanto esplode. Se ne fotte dei copioni e dei pensieri a monte. Rischia l’indecenza. Si fida solo del suo furore. Riguardatevi la folle corsa all’ultimo minuto, match di fine campionato all’Olimpico con il Genoa della scorsa stagione, tutti allocchiti dalla calura, compagni e rivali, lui parte, si fa tutto il campo, smulinando le gambette secche, arriva in zona ed esplode la palla sotto il sette incredulo, lui come tutto lo stadio. Una meraviglia. Che Dio lo conservi così!

 

 

2. LA GRANDE BELLEZZA

Guglielmo Buccheri per “la Stampa”

 

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Un’opera d’arte caduta dal cielo. Il calcio è anche questo, bellezza pura quando meno te lo aspetti e che Alessandro Florenzi telecomandasse il pallone in fondo alla rete da oltre 50 metri nella notte di Roma-Barcellona nessuno poteva immaginarlo.
 

«NON ENTRAVA MAI...»

Un’opera d’arte caduta dal cielo è la definizione che in Spagna hanno dato della magia del giovane romano e romanista. Florenzi non ha chiuso occhio durante la notte e, al risveglio, l’incredibile parabola gli appare in tutta la sua grandezza. «Il pallone non arrivava mai, tre, quattro secondi in aria. Quando ho visto il portiere correre all’indietro - spiega - ho cominciato a pensare che forse il tiro era indirizzato nello specchio della porta: l’ovazione dello stadio l’ho inizialmente capita come un applauso al solo tentativo da quella distanza, ma poi...». Florenzi avrebbe voluto girare l’Olimpico, da Nord a Sud per mille volte, invece è rimasto fermo con le mani sulla testa. In un attimo, la sua bellezza ha ridato luce a Recoba, Vieri, Quagliarella, Stankovic, Beckham, Rooney, Martin Palermo, Maradona, in ordine sparso, ma tutti uniti dalla stessa follia.

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ORGOGLIO DI ROMA

Fare centro da metà campo non è la regola, ma una rarità che, per gli strani destini del pallone, ha la forza di ripetersi a intervalli non prevedibili. Stavolta è toccato al ragazzo della porta accanto, il meno bomber fra quelli che ci hanno provato. «Entrerà nella storia», dicono Totti e De Rossi, il numero uno del Coni Giovanni Malagò, gli avversari del Barcellona. Lui, Florenzi, si coccola il cane che lo segue fin dentro il quartier generale di Trigoria e si becca del «somaro...» dal padre, perché «somaro - racconta papà Luigi - come si alza un palmo da terra sono io il primo a tagliargli la capoccia. Ma Ale non lo fa perché è umile».

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La famiglia è la sua forza, l’amore per la Roma la sua vita. Florenzi ha spaccato in due la notte dell’Olimpico ed è finito sulle prime pagine di tutto il pianeta: al suo datore di lavoro, il patron giallorosso a stelle e strisce James Pallotta, ha fatto un effetto strano ritrovare la Roma sul «Washington Post» e, di prima mattina, ha telefonato al suo ragazzo.
 

TESTIMONIAL DEI NONNI

L’opera d’arte caduta dal cielo esalta chi l’ha vista dal vivo o in tv. La traiettoria di Florenzi è la più cliccata sul web, una delle più ricche nella storia della Champions League. Il suo autore pensa al Sassuolo e alla Sampdoria, prossime avversarie in campionato della Roma. Ma, Florenzi, pensa anche al 2 ottobre, quando avrà le luci addosso come testimonial della Festa dei Nonni: Aurora, la sua di nonna, fu sommersa da un abbraccio del giovane nipote sulle tribune dell’Olimpico dopo la rete al Cagliari.

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