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Arianna Ravelli per "Il Corriere della Sera"
Forse l'anno prossimo Clarence Seedorf, modestamente sicuro che sarà «un grande allenatore», insegnerà ai rossoneri la meditazione, seguendo le orme del coach di basket Phil Jackson, come ha annunciato di voler fare a un sito brasiliano.
Ora, un po' di training autogeno potrebbe servire anche a questo Milan strattonato da ogni parte, che sbarca a Glasgow con tante domande in testa, molta paura nel cuore e la contestazione dei tifosi a casa, perché «isolarsi» (lo dice anche il saggio Kakà ) è diventata la parola d'ordine di questi tempi agitati. Ma, appunto, è solo una parola. «Tutto quello che succede all'esterno non ci deve interessare», ripete Massimiliano Allegri.
Per mostrare la vicinanza della proprietà ieri Barbara Berlusconi è stata a Milanello, dove ha parlato a lungo con il capitano Riccardo Montolivo, e si è fermata a pranzo. Ma a portare maggiore chiarezza, avviando quella rivoluzione societaria che da tempo preme per cominciare, potrebbe e dovrebbe essere suo padre, il presidente Silvio Berlusconi.
«Sono costretto a restare in politica nonostante abbia molti hobby, tra cui il Milan, che avrebbe un estremo bisogno del mio interessamento», ha convenuto ieri, nella sede di Forza Italia, ricordando però come altre urgenze gli impediscano di occuparsi subito della sua creatura. Alla domanda, poi, se Allegri resterà l'allenatore del Milan il presidente non si è, al solito, troppo sbilanciato: «A San Siro le darò la risposta».
Si può ipotizzare che questa fase magmatica continui fino ad aprile, al contrario di quanto auspicherebbe l'amministratore delegato Adriano Galliani, che vorrebbe essere liberato subito (anche perché l'accordo sulla buonuscita non sembra lontanissimo). Oppure che, passata l'emergenza della decadenza, Berlusconi intervenga.
Comunque, visto che la situazione è questa, più che indulgere nella meditazione, servirebbe una bella sveglia. Una sveglia che aiuti intanto Mario Balotelli ad arrivare puntuale alle convocazioni a Milanello (fissate un'ora prima dell'inizio dell'allenamento) perché dopo i 10 minuti di ritardo di domenica, ha bissato ieri con 25'.
Allegri, che nega come alla radice dell'involuzione del numero 45 ci sia una difficile relazione con lui («Abbiamo un ottimo rapporto, stasera giocherà e ci aspettiamo tanto da lui»), l'ha presa bene e male assieme: «Di solito me la sbrigo da solo, un ritardo può capitare, in questi tre anni e mezzo al Milan è successo anche ad altri, ma sono molto arrabbiato che escano notizie dallo spogliatoio. Per di più false: non ci sono affatto stati cinque giocatori ritardatari».
Due sì (l'altro era Robinho) ma, come si vede, Max non vuole drammatizzare. Non è il momento: sa bene quanto la partita di stasera sia importante («Ma non serve a me per tenermi il lavoro, perché io credo che sarò qui anche a gennaio, però può essere decisiva per la qualificazione della squadra»).
Certo gli basterebbe che la sveglia per Mario suonasse in campo e che in Champions League tornasse quello che in campionato non si è, quasi, mai visto. «Mario resta al Milan al 101 per cento - ha assicurato Galliani prima di salire sull'aereo diretto in Scozia -, è il nostro titolare nella buona e nella cattiva sorte». Resterà , sostiene Galliani, anche El Shaarawy «per il quale ho ricevuto un'offerta da un noto allenatore italiano all'estero», che con ogni probabilità è Roberto Mancini, seduto sulla panchina del Galatasaray. Ma il Faraone questa sera è ancora indisponibile, come Mexès, De Sciglio, Muntari e Pazzini.
Così, in campo contro un Celtic che l'allenatore si aspetta «molto diverso da quello visto a San Siro, più aggressivo», dovrebbe andare un Milan ad albero di Natale, con Birsa e Kakà dietro Balotelli. «Sperando che in cima ci sia la stella». E sotto l'albero, il primo regalo della stagione: il passaggio agli ottavi.
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