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STASERA CONTRO L’ESTONIA LA PRIMA DELL’ITALIA DI GATTUSO. RONCONE: “RINGHIO OPTA PER SCHEMI DA PRIMA CATEGORIA, QUALCHE GIOCATORE GLI HA RIFERITO CHE SPALLETTI LI RIMBAMBIVA. LUCIANO CONTINUAVA PURE A PARLARGLI ADDOSSO NELLO SPOGLIATOIO, NELLA HALL DELL’ALBERGO, A CENA. POVERINI: UNA PRESSIONE PSICOLOGICA INSOPPORTABILE. RINO HA CAMBIATO APPROCCIO. QUESTI RAGAZZI SONO RICCHI E VIZIATI E DISTRATTI, STORDITI DALLA PLAYSTATION, O DALL’ULTIMA PROTAGONISTA DI TEMPTATION ISLAND. RINO LI COMPATISCE. MOLTI CALCIATORI DI LIVELLO MODESTO, DONNARUMMA RESTA L’UNICO FUORICLASSE - L’ITALIA, PER ANDARE AI PROSSIMI MONDIALI, DEVE VINCERE TUTTE LE PARTITE DEL GIRONE, RECUPERARE ALLA NORVEGIA UNA DIFFERENZA GOL DI 12 RETI, E POI BATTERLA IL 16 NOVEMBRE AL MEAZZA: UN MIRACOLO”
Fabrizio Roncone per il Corriere della Sera - Estratti
Tutti noi dobbiamo volere bene a Rino Gattuso. Anche solo a descrivervelo: arruffato, grifagno, gli occhi neri e profondi, pieni di vita e di paura. Lo sa che è finito dentro una storia dall’enorme potenziale drammaturgico. La conferenza stampa è inutile. Questo non è più nemmeno calcio. Mica puoi chiedere a uno se si sente pronto a compiere un miracolo.
L’Italia, per andare ai prossimi Mondiali, dovrebbe vincere tutte le partite del girone di qualificazione, recuperare alla Norvegia una differenza gol di 12 reti, e poi persino batterla il 16 novembre al Meazza. Datemi un pizzicotto per svegliarmi.
Luci al neon, l’aria è appiccicosa, quel ketamitico di Musk vorrebbe portarci su Marte, però intanto stiamo ancora qui a combattere inutilmente contro le zanzare. Entra un whatsapp sul cellulare, mentre Rino sta parlando.
La formazione potrebbe essere questa: un’occhiata sommaria per leggerla. Ma guarda: ci sono Zaccagni e Politano sulle fasce, c’è Barella in mezzo. Bagliori sinaptici di consapevole amarezza. Siamo messi così. Il materiale umano è lo stesso che aveva a disposizione Luciano Spalletti.
Molti calciatori di livello modesto, pochi quelli buoni, Gigio Donnarumma resta l’unico fuoriclasse accertato. Ogni tanto siamo tentati di illuderci che la situazione non sia così complicata. Ma prendete la nostra coppia di centrali, con cui stasera affrontiamo l’Estonia. Calafiori non è titolare fisso nell’Arsenal.
Quanto a Bastoni: se davvero fosse Krol, il Real o il Psg o il Bayern quest’estate si sarebbero presentati da Giuseppe Marotta con 100 milioni cash (e Marotta sarebbe svenuto dalla felicità). Invece non è successo.
Rino però li schiera perché sono comunque i due migliori che abbiamo da mettere al centro della difesa. Partiamo con i quattro in linea, dietro. Dice che è il suo sistema preferito e non ci rinuncia. Sarà una difesa «rotante». In fase di possesso, Di Marco salirà a sinistra: e, dall’altra parte, Di Lorenzo stringerà al centro. Roba semplice.
Schemi banali che, ormai, applicano anche in Prima categoria. Rino ha capito che non è il momento di lavagne, filmati, ossessioni tattiche. Qualche giocatore gli ha riferito che Spalletti li rimbambiva. Te tu ti vai a mettere lì, così poi ci si ritrova tutti insieme laggiù. «Calcio relazionale». Lo chiamava così.
E, dopo averglielo spiegato, continuava pure a parlargli addosso nello spogliatoio, nella hall dell’albergo, a cena. Poverini: una pressione psicologica insopportabile, debilitante, al punto da essere poi presi a pallate, quasi, da chiunque. Rino ha capito di dover cambiare approccio. Nei quattro giorni di ritiro, a Coverciano, li ha accarezzati con sorrisi complici e premurosi e, sul prato, s’è solo sentito qualche urlaccio. «Forza!». «Vallo a prendere alto!». «Devi chiudere prima!».
Il tentativo (disperato) di scatenare in chi indossa la maglia azzurra non il talento necessario, ma almeno qualche dose di giusto amore ed entusiasmo. Intendiamoci: dovrebbero essere sentimenti spontanei.
gennaro gattuso antonio cassano
Ma questi ragazzi sono ricchi e viziati e distratti, spesso storditi dalla playstation, o dall’ultima protagonista di Temptation Island. Rino li compatisce, ovvio. Però non può che assecondarli. Gli toglie pressione, e cerca di restituirgli almeno un briciolo d’orgoglio: forse è più fico giocare in Nazionale, che mettere le chiappe sull’ultimo modello di Ferrari (sicuro che glielo dica proprio così).
(…) La verità è che a Gattuso sono arrivati alla fine e che per questo, proprio per questo, a Rino dobbiamo tutti portare rispetto.
È una persona che sprizza coraggio. E non ha bisogno di retorica pelosa. Lasciate stare le suggestioni del soprannome che aveva da calciatore, «Ringhio», un calabrese abituato a superare i propri limiti. Anche perché il suo valore da tecnico è noto. «Però sulle panchine di Napoli e Milano sfiorai la Champions per un punto, eh»: ma è poco, dicono, è pochino. In più, ci sarebbero anche le esperienze opache da Sion a Creta, fino a Valencia, Marsiglia, Spalato.
Comprensibile che nessun grande club italiano, nelle ultime rumbe di allenatori, abbia mai pensato a lui. D’accordo: e allora?
Chi se ne frega, Rino, di Wikipedia.
Fagli baciare la maglia. E portaci alla fine di questo miracolo.
gattuso buffon
gattuso
gattuso buffon
gennaro ringhio gattuso
buffon gattuso gravina
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