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GIOCHI PROIBITI - A RIO NON CI SARA’ L’ATLETICA RUSSA: LA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE CONFERMA LO STOP PER SOSPETTI DI DOPING DI STATO - LA CAMPIONESSA DEL SALTO CON L’ASTA ISINBAYEVA: E’ UNA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI. RICORREREMO AI TRIBUNALI”

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Enrico Sisti per “la Repubblica”

 

Semaforo rosso. Semaforo russo. Lo sport sprofonda in una nuova Guerra Fredda. La Russia rimane fuori dall'atletica mondiale. Questa la decisione unanime dei 24 membri degli consiglio della Iaaf riuniti a Vienna al gran completo in una delle loro più drammatiche e ambigue sedute. 

 

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Viene confermata la sospensione per sospetti di doping di stato comminata a novembre dopo la richiesta della Wada, viene chiusa la porta di Giochi di Rio, viene condannato altresì l'insufficiente tentativo del sistema sportivo di Mosca di riparare alle falle, peraltro tardivamente riconosciute: "Una decisione attesa ma ingiusta. Reagiremo", dicono subito da Mosca. La Isinbayeva conferma la posizione espressa nei giorni scorsi a supporto del suo paese: "E' una violazione dei diritti umani, ricorreremo ai tribunali".

Nessun risultato ha prodotto lo sforzo di mettersi in regola con i parametri richiesti dalla task force dell'investigatore norvegese Rune Andersen, che non ha avuto modo di rilevare apprezzabili cambiamenti nel "corrotto" sistema anti-doping nazionale: "Solo piccoli ma insufficienti progressi". Sino a una settimana fa alcuni atleti russi avrebbero cercato di sfuggire ai controlli interrompendo la propria gara di proposito o nascondendo una sacca di urina nel proprio corpo per alterare il risultato dei test.

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Un colpo mortale allo sport, già piegato di suo, infarcito di chimica in ogni angolo e carico di sospetti, ben oltre i confini di un solo stato. Singolarmente gli atleti russi banditi potranno ricorrere al Tas di Losanna e per quanto riguarda la loro partecipazione ai Giochi, come ha ribadito lo stesso Coe, l'ultima parola non spetterà al Cio che si riunirà martedì prossimo a Losanna: "L'eleggibilità degli atleti russi è pertinenza esclusiva della Iaaf".

 

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Se il Tas non dovesse cancellare qualcuna delle sospensioni e se rimanesse attiva la pesantissima sanzione collettiva (il Tas potrà solo valutare caso per caso), per la prima volta dal 1984, quando l'Unione Sovietica boicottò i Giochi di Los Angeles, non vi saranno russi nelle gare olimpiche d'atletica. Putin aveva chiesto il perdono sulla base di una considerazione: "Non è mai esistito doping di stato, non si possono punire atleti puliti per colpa di atleti macchiati, bisogna fare distinzioni. È un trattamento ingiusto e iniquo. Ci sono principi di diritto universalmente riconosciuti e uno di questi è che la responsabilità dovrebbe essere sempre personificata".

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Il Ministro dello sport russo Mutko aveva cercato di dimostrare che erano stati fatti consistenti passi avanti per ritrovare l'equilibrio: "Ora siamo in regola". Molte federazioni importanti avevano chiesto alla Iaaf il pugno duro.  La Iaaf non ha ascoltato le invocazioni di Mosca, forse intrappolata nei meandri torbidi dei meccanismi con cui ha, a seconda dei casi, in passato, aperto e chiuso gli occhi, in combutta con la non altrettanto limpida posizione operativa della Wada, l'agenzia mondiale anti-doping. Ed è anche questo che colpisce. E' il pulpito da cui viene la predica a non convincere e rendere acida la decisione del "governing body" dell'atletica mondiale.

Proprio mentre è chiamato, da presidente della Iaaf, a decidere del destino di atleti, ma soprattutto di un'intera rappresentativa, quella russa, Sebastian Coe deve rispondere dalle accuse, sempre più dettagliate, dei Pm inglesi sulla sua possibile copertura di doping a carico degli stessi russi alla vigilia dei Mondiali di Mosca del 2013, quando era vice-presidente della Iaaf capitanata con metodi inauditi dal suo predecessore, il "cancellato" Lamine Diack. In un cortocircuito totale, fra aspirazione al lecito e protezione dell'illecito, la Iaaf condanna la Russia per un reato che essa stessa aveva cercato in passato di nascondere.

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E la posizione di Coe, come spiega il Pm inglese Collins, sta diventando insostenibile: "O dà delle robuste spiegazioni o per lui saranno guai". Decisamente c'è qualcosa che non torna in questa sceneggiatura. L'atletica è a pezzi e quando dovrebbe poter contrare su qualcuno che la tiri su, su un modello di riferimento indenne da compromessi, non trova uno straccio di appoggio. Ma soltanto altra confusione, vorrebbe risposte e trova domande. Essere in buone mani è un'altra cosa.

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