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Alain Elkann per “la Stampa”
Peter McGough, lei e David McDermott siete due celebri artisti americani: vi siete conosciuti a New York nel 1980 e questo incontro ha cambiato le vostre vite. Com’è successo?
«Mi corteggiava. È stato come nella fiaba “Il gatto con gli stivali”. Mi chiese cosa volevo fare della mia vita e gli risposi: “Sono un artista”. E lui: “Se vuoi venire con me, farò di te un famoso artista”, e così è stato. Ma l’ha fatto a modo suo. Furbescamente, perché sapeva che ero così deciso a diventare un artista che avrei fatto io il lavoro».
Perché avete voluto diventare un artista con due nomi?
«Eravamo due pezzi spaiati e insieme siamo diventati un tutto. Penso anche che David sia molto intelligente, ma che non sapesse che fare di se stesso. Nulla gli era mai andato per il verso giusto e aveva già 26 anni. Io avevo 21 anni e avevo ambizione e disciplina. Così ho preso le idee e le ho fatte diventare reali».
Voi avete uno stile di vita che è arte in sé, perché entrambi vivete la vita quotidiana in un tempo diverso: è così?
«Prima di incontrarlo ero solito indossare gli abiti di mio padre, vedere vecchi film e guardare le immagini del passato. Ma, quando ho incontrato David, mi ha dischiuso il passato».
Vivevate nell’East Village di New York e avete iniziato la vostra carriera contemporaneamente a Jean-Michel Basquiat, Keith Haring, Julian Schnabel. Come andava con la vostra ossessione con il passato?
«La cosa grandiosa dell’East Village, all’epoca, era che la maggior parte degli artisti era povera: guardavano il mondo alla rovescia. Ed è per questo che la gente normale adora e idolatra gli artisti, perché loro hanno una vita banale».
Com’è la vita dell’artista?
«Gli artisti, per la maggior parte, sono simili: amano la droga, l’alcol e possono lavorare senza andare in ufficio. Hanno meno paura rispetto a una persona comune».
Ma c’è bisogno di disciplina e David sembrava non averne?
«Io ho disciplina e lui ne ha per la nostra “macchina del tempo”. Farò un esempio: quando iniziammo ad avere successo con i nostri quadri negli Anni 80, David è stato molto bravo nel ricreare la nostra casa. Perfino l’armadietto dei medicinali doveva avere vecchie bottiglie».
E lei ha usato una macchina fotografica dal Novecento per scattare le foto?
«Sì. Io ero dietro alla macchina fotografica e David e i suoi interni erano il soggetto».
Siete andati a vivere a Napoli e poi vi siete trasferiti in Irlanda. È così?
«Sì. Napoli fu la nostra prima esperienza europea, nel 1986. C’eravamo andati per una mostra alla galleria di Lucio Amelio e abbiamo portato tutti i nostri vestiti. Quando si apriva il nostro baule da viaggio, c’era uno scomparto solo per i cappelli a cilindro. Ci vestivamo come nel periodo edoardiano e tutto era perfetto: vivevamo la vita come se fosse un’opera d’arte e quindi creavano arte nell’arte».
La vostra vita e il vostro stile sono cambiati da allora?
«Abbiamo perso tutto nei primi Anni 90. L’ufficio delle tasse ci ha preso tutto perché non pagavamo le tasse. D’altra parte nessuno pagava le tasse nel XIX secolo».
Non potevate difendervi?
«Eravamo depressi perché il nostro ragazzo ci aveva lasciato ed eravamo abituati a un ménage à trois. Poi David disse: “Voglio andare in Irlanda perché un artista in Irlanda non deve pagare le tasse. E io voglio vivere in un Paese che protegge i suoi artisti”».
Ora siete di nuovo a New York?
«Sì».
E siete ancora insieme?
«Sì, da 35 anni».
Cos’è cambiato per voi?
«Il periodo temporale. Siamo passati agli Anni 30. Quello che ci rimane è la nostra mitologia e quindi quello che stiamo facendo ora è mettere insieme le nostre vite con i resti scampati alla distruzione. Siamo un caso clinico».
L’omosessualità ha a che fare con il vostro mondo poetico?
«Sì. Abbiamo basato il nostro lavoro sull’omosessualità e sul tempo come Basquiat ha basato il suo sul fatto di essere nero. Abbiamo fatto un dipinto che proclamava in lettere maiuscole “Queer” e quel lavoro ha aperto la strada per gli artisti negli Anni 90».
Che tipo di artisti siete?
«I dollari non ci influenzano. Siamo artisti veri, non siamo artisti affaristi».
Peter e David hanno una mostra alla M77 Gallery di Milano fino al 15 maggio. Non perdetela!
Traduzione di Carla Reschia
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