DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Giampaolo Visetti per “la Repubblica”
«Sederi caldi, teste vuote». La sentenza è senza appello e, grazie alla ricercata volgarità, riaccende lo scontro diplomatico tra Cina e Giappone. Sul banco degli imputati, per la propaganda cinese dei media di Stato, questa volta finiscono ufficialmente i connazionali.
L’attacco è diretto però agli odiati vicini e i leader rossi non si lasciano sfuggire l’occasione per sottolineare «il sorpasso anche tecnologico» di Pechino su Tokyo. Ad accendere la miccia, il boom delle mitiche tavolette riscaldate dei wc “made in Japan”. Ex status symbol dei capricciosi miliardari dell’Asia, si sono trasformate nell’oggetto del desiderio degli ex compagni post-rivoluzionari, zoccolo duro della nuova classe media cinese. Risultato: al di qua della Grande Muraglia tutti sognano oggi di sedersi su un wc riscaldato, con il coperchio intelligente e i sensori che comandano bidet e phon per le parti intime.
Da mesi la “tazza calda” dei cugini nipponici è finita nel mirino dei media di Stato cinesi, scatenati contro «corruzione, lusso ed eccentricità». Per la prima volta però la demonizzazione psicologica delle autorità, ostili anche verso i profumi francesi, ha fallito.
Durante le feste per il capodanno lunare, i cinesi hanno preso d’assalto le località turistiche del Giappone e in particolare i suoi centri commerciali. Migliaia i turisti tornati a casa trionfanti, con la preziosa tavoletta termica sotto il braccio. Un disastro: il conservatore Global Times ha calcolato che per intiepidirsi le natiche nel momento del bisogno, i cinesi in una settimana hanno investito 848 milioni di sterline.
«Una vera beffa — ha scritto il Quotidiano del Popolo in un appassionato editoriale — mentre le autorità da due anni invitano al boicottaggio dei prodotti giapponesi». Passi per auto, tivù, sushi e sake: in Cina il consumo delle icone dell’export di Tokyo, dopo lo scoppio del conla flitto sull’arcipelago conteso Diaoyu-Senkaku, è regolarmente crollato. Per il copri-water elettrico non c’è invece nazionalismo che tenga e anche gli oltre 80 milioni di iscritti al partito comunista non vedono l’ora di trovare 300 sterline per assicurarsi «una seduta calda come una tazza di thè».
La propaganda di Pechino incassa e sposta così l’obbiettivo. Da un «eccesso per i livelli bassi», passa allo sfottò contro il «tramonto dell’hi-tech dei samurai». I media di Stato assicurano che «il Giappone non è più il pioniere della tecnologia » e che anche in ricerca e design «il sorpasso cinese è consumato ».
«Tokyo dominava il mercato globale degli elettrodomestici — ha scritto il China Daily — ora stenta a tenere la posizione anche su sedili per wc e bollitori per il riso». La tesi è che Pechino «ormai fa meglio anche quelli» e che la Cina «ha comunque aspirazioni più alte rispetto ad assicurare al fondoschiena evacuazioni confortevoli».
La “guerra del water riscaldato” è tutt’altro che futile e non solo per il suo valore commerciale. Dopo la distensione fotografica tra il presidente Xi Jinping e il premier Shinzo Abe, a metà novembre, rivela che il 2015 sarà ben più caldo dei cessi contestati. A settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, che per l’ennesima volta oppose Pechino a Tokyo, nelle due nazioni tornano a montare odio, nostalgie e tentazioni revisioniste. Ai primi di settembre Xi Jinping, per celebrare la «capitolazione degli invasori nel 1945», ha organizzato la sua prima parata militare in piazza Tienanmen.
In Giappone la maggioranza che sostiene il governo Abe, solleva invece dubbi sulla legittimità del tribunale internazionale che condannò i crimini di guerra nipponici, “donne di conforto” comprese, imponendo «condizioni esagerate dopo l’olocausto di Hiroshima e Nagasaki». In agosto l’anniversario atomico si annuncia così ad altissima tensione: e Pechino non vuole che i cinesi «festeggino la vittoria seduti sui water nemici ».
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