
DAGOREPORT – TRUMP HA FINALMENTE CAPITO CHE NON POTEVA PERMETTERSI, COME È SUCCESSO A FERRAGOSTO IN…
“IL NO DI SINNER ALLA COPPA DAVIS? IO NON AVREI MAI RINUNCIATO” – DOPO PIETRANGELI, ANCHE ADRIANO PANATTA STRONCA LA SCELTA DELL’ALTOATESINO: "SE AI MIEI TEMPI QUALCUNO DELLA SQUADRA AVESSE RINUNCIATO, SAREBBERO STATI I COMPAGNI E IL CAPITANO, PRIMA ANCORA DELLA FEDERAZIONE, A CHIEDERE SPIEGAZIONI NEL MODO PIÙ DURO POSSIBILE. I TENNISTI OGGI SONO COME MILITARI CHE DEVONO PREPARARE UNA MISSIONE E LA FINALE DI DAVIS È TROPPO VICINA ALLE FINALS, IL CALENDARIO NON AIUTA DI CERTO SINNER. MA FOSSI STATO AL SUO POSTO UNO SFORZO IN PIU' L'AVREI FATTO..."
Adriano Panatta per il "Corriere della Sera" - Estratti
Ci sono situazioni in cui mi sento un dinosauro parlante, e commentare la decisione di Jannik Sinner di non giocare la Final Eight di Coppa Davis è una di queste. Che posso farci? Dice: facci l’abitudine! Sì, ma non è facile. Ho giocato quando la vecchia Coppa era una delle priorità che si contavano sulle dita di una mano. Così ci insegnavano.
Stava alla sensibilità di ognuno dei tennisti azzurri metterla al primo, secondo o terzo posto, ma la cinquina «delle cose da fare» ruotava intorno a Roma, Parigi, Wimbledon, la Davis, e forse, per ultimi, gli US Open. Degli Australian Open nessuno parlava, manco li seguivamo sui giornali. Io ci sono stato una volta, giovanissimo, Borg credo mai. Il tennis è cambiato, e non sempre l’ha fatto nei modi migliori.
Questo non fa che aumentare il mio disagio…
Avrebbe senso giudicare gli avvenimenti di oggi, le persone, i loro comportamenti, con il metro di ieri? Io alla Davis non avrei mai rinunciato, e se qualcuno della squadra l’avesse fatto, sarebbero stati i compagni e il capitano, prima ancora della federazione, a chiedere spiegazioni nel modo più duro possibile. Ma non è mai successo.
(...) la Davis era al centro dei nostri programmi, le altre scelte ruotavano intorno a essa. Oggi non è più così.
Posso dire a Sinner che mi dispiace, che fossi stato in lui uno sforzo l’avrei fatto, che sarebbe stato utile anche per tirarsi fuori dalle polemiche che di sicuro prenderanno fuoco. Ma posso dargli torto quando viene a dirci che l’unica priorità è cominciare bene il 2026 e che una settimana di riposo o di lavoro, alla fine, fa la differenza?
Il tennis odierno esige dai tennisti un atteggiamento di adesione completa, quasi di devozione. I giocatori sono i Ceo delle aziende che portano il loro nome. Sono come militari che devono preparare una missione. Sinner di Davis ne ha vinte due, ora ha bisogno di una pausa per rilanciare le proprie ambizioni: vincere negli Slam, battersi alla pari con Alcaraz, riprendersi il numero 1.
Queste sono le sue priorità. Sarebbe stato più facile se il tennis avesse colto i cambiamenti in atto, nei modi di essere dei giocatori soprattutto. La finale di Davis è troppo vicina alle Finals, il calendario non l’aiuta di certo. È un tennis da ripensare nella sua complessità, non per compartimenti stagni. Quando lo faranno, non sarà mai troppo tardi.
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