DAGOREPORT – IN POLITICA IL VUOTO NON ESISTE E QUANDO SI APPALESA, ZAC!, VIENE SUBITO OCCUPATO. E…
Andrea Sorrentino per il Messaggero
È stato l'ultimo grande centravanti dei romantici, l'ultimo a potersi permettere di far calare 426 gol, non uno ma 426, da appena 170 centimetri, l'altezza media dell'uomo medio. Una specie di prodigio extrasensoriale, visto che ormai gli attaccanti di primo livello devono essere almeno 1.90 per avere speranze in questo calcio di omaccioni, che stressa e mette a dura prova troppi cuori.
Perché il Sergio Agüero detto il Kun era anche un campione che ha scoperto di avere un cuore malato a carriera avanzata, come tanti prima di lui: l'esempio di Eriksen è recentissimo, ma all'epoca lo stesso Thuram si ritirò per una malformazione cardiaca scoperta a 36 anni, e i Khedira e i Lichtsteiner si operarono al cuore dopo i 30, come Daley Blind un anno fa.
Agüero, 33 anni, della sua ha saputo da poco, dopo un malore in Barcellona-Alaves del 30 ottobre che evidenziò un'aritmia cardiaca dai medici ritenuta incompatibile con l'attività agonistica, e ieri ha dovuto dire addio, squassato dalle lacrime e dai singhiozzi, la voce un falsetto.
CONFERENZA STAMPA RITIRO SERGIO AGUERO
Al Camp Nou c'era tutto il Barcellona, il suo ultimo club a cui ha dato solo 165 minuti e un gol, ma segnato al Real Madrid, il 24 ottobre; c'erano anche Guardiola e Beguiristain in rappresentanza del Manchester City, dove ha giocato 10 anni per 260 gol in 390 partite, dirigenti dell'Atletico Madrid e dell'Independiente, le sue altre squadre, e il console argentino a Barcellona, perché il Kun ha offerto anche 41 gol alla nazionale. Gli arrivano gli auguri dell'amico fraterno Leo Messi, che lo aveva convinto a raggiungerlo a Barcellona, salvo poi andarsene lui a Parigi: «Fa male vederti smettere».
TESTA ALTA
Sergio ha chiare le priorità: «Al primo posto c'è la mia salute. Il fatto positivo è che sono qui a raccontarlo, è un bene che abbiano scoperto il problema. Dal calcio ho avuto tutto, ma non credo di essere stato un crack. Ringrazio i miei club e la selezione argentina, quella che amo di più. Me ne vado a testa alta, non so cosa mi aspetta nella nuova vita ma tanta gente mi vuole bene, sarà più facile. Sono nelle mani dei medici», o per rimanere all'attualità cinematografica nella mano di Dio, visto che il Kun ha avuto una relazione e un figlio con Gianinna Maradona, figlia di Diego, che fu pure il suo ct al Mondiale 2010.
Più tardi scriverà che «è doloroso ma non è un dramma, i drammi nella vita sono altri». Il Kun ha chiuso la sua epopea nel City in maggio, con 13' giocati nella finale di Champions persa col Chelsea: era arrivato nel 2011, fortemente voluto da Roberto Mancini, a cui regalò il titolo all'ultima giornata col celebre gol al Qpr al minuto 93'20, dopo uno-due con Balotelli. Attaccante rapido come il lampo, affamato di aria e di gol, una prima punta che sapeva far danni su tutto il fronte, ambidestro, imprevedibile. Per fortuna che è qui a raccontarlo, ha proprio ragione.
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