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Francesco Persili per ‘Dagospia’
«Ma come, non doveva essere il genio che ci faceva vincere il mondiale?» Se le cose in Brasile dovessero andar male, statene certi, in Argentina sul banco degli imputati finirebbe di nuovo lui, Leo Messi, come successe già quattro anni fa e prima ancora nel 2006 dopo l’eliminazione nei quarti sempre contro la Germania. Avrà vinto anche 4 volte il Pallone d’Oro ma in due mondiali la Pulce ha segnato un solo gol in 8 partite.
Con la maglia del Barcellona ha vinto tutto, con la Selección ai mondiali ha sempre fatto flop. Come se non bastasse già il peso dell’inevitabile confronto con Diego, Messi arriva in Brasile dopo una stagione massacrante: gli infortuni, il tira e molla sul contratto, l’indagine del fisco e le frequenti crisi di vomito in campo. Tutto congiura per mandare in rovina i piani del ct Sabella.
PAPA FRANCESCO BERGOGLIO CON LEO MESSI IN VATICANO
Ma la voglia di riscatto di Leo, unita al desiderio di rivincita dell’Albiceleste che non vince un torneo ufficiale dalla ‘Copa America’ del ’93, accende il sogno del popolo argentino: alzare la Coppa in casa del rivale di sempre, il Brasile.
Per far felici 40 milioni di suoi connazionali, Alejandro Sabella, ex vice di Passarella che i tifosi del Parma ricorderanno a fianco del “Caudillo” nelle 5 sconfitte 5 del 2001, ha sfidato l’impopolarità lasciando a casa, dopo il campionato-monstre e lo scudetto vinto con la Juve, Tevez, el jugador del pueblo. Senza di lui sarà “very difficult”, i tifosi del Boca non hanno perso occasione anche in Brasile di contestare il ct per la sua decisione.
Leo Messi e la maglietta che provoca lInter Ci lasceremo la pelle
Ci sono Aguero e Gago, però. In entrambi i titoli vinti con la maglia albiceleste – campionato under 20 e Olimpiadi – Messi aveva Gago alle spalle e Aguero come partner in attacco: Sabella è il primo ad aver costruito una squadra intorno al suo numero 10. Fin dall’inizio della sua gestione lo ha coccolato e responsabilizzato con la fascia da capitano.
LEO MESSI CON IL SUO QUARTO PALLONE D'ORO
Fiducia ricambiata. Il momento di svolta? La partita contro la Colombia nelle qualificazioni mondiali. Tra cronaca sportiva e letteratura il racconto di quella sfida a Barranquilla, la città natale della cantante Shakira, nella biografia della Pulce firmata da Guillem Balague. Sotto di un gol e ridotta fisicamente ai minimi termini dal caldo, l’Argentina viene presa per mano da Messi.
18 wags antonella roccuzzo e leo messi
Prima il pareggio, poi il gol vittoria di Aguero. Todo cambia. Dopo quella partita epica in Argentina hanno iniziato a vedere Messi con occhi diversi. Messiento enamorado. Per la sua centesima partita con la maglia della nazionale, il Monumental di Buenos Aires celebrò con striscioni e una standing ovation da brividi quello che non era più il giocatore “freddo”, “arrogante” spernacchiato dalla stampa argentina al termine del mondiale sudafricano ma il miglior giocatore del mondo.
LEO MESSI POSA PER DOLCE E GABBANA FOTO LAPRESSE
È la sua storia, quella di non sentirsi accettato, fin da quando lasciò l’Argentina in lacrime per sbarcare a Barcellona, dannato da quel nomignolo: “il ‘Nanerottolo”. È il suo destino passare attraverso dolori, fragilità e sofferenze e riuscire a farcela, comunque. Ma chi nasce a Rosario è abituato così. Venceremos adelante.
Non per nulla quella città sul Paranà, in cui venne innalzata per la prima volta la bandiera argentina, ha tra i suoi figli Ernesto Che Guevara, il cantante Fito Paez, il disegnatore e scrittore Roberto El Negro Fontanarosa e il ct dell’Argentina che trionfò nel ’78, Luis Cesar Menotti, quello che disse ai suoi giocatori al tempo della giunta militare: «Dovete vincere per il popolo e non per quei figli di puttana in tribuna». Senza contare che la scuola calcistica di Rosario ha forgiato anche Mario Kempes e Valdano. Due campioni del mondo, nell’accezione più ampia che il titolo porta con sé.
Si torna sempre lì, all’Argentina campeon. Con un Paese flagellato dalla crisi economica, dalla disoccupazione e da un’inflazione galoppante, ci si aggrappa al calcio e alla speranza di una vittoria al Mondiale. «Questa volta possiamo farcela, cercate di evitarci», sostiene Leo Messi, il “Frank Sinatra” della Selección che mai come questa volta è stata cesellata in funzione del suo leader.
LEO MESSI CON DOMENICO DOLCE FOTO LAPRESSE
Sabella ha seguito i consigli di Guardiola (“Proteggilo e fallo sentire amato”) e dopo avergli dato le chiavi del gioco ha anche coniato per le sue prodezze un neo-logismo: “Immessionante”. Maradona lo ha accolto nell’empireo calcistico: «Tra Messi e Neymar non c’è storia. Come io sono stato più forte di Pelè, Messi lo è di Neymar. Deve stare sereno e non ascoltare gli idioti». E, poi, ci sono i brasiliani che, per esorcizzare lo spettro di un altro Maracanazo, lo hanno ribattezzato “Chucky”, la bambola assassina protagonista di diversi film horror. Piccolo e pericoloso, quel Nanerottolo, nato nel 52esimo anniversario della morte di Carlos Gardel, la voce del tango, sembra inoffensivo, ai margini della partita e poi, all’improvviso, colpisce. Ma, soprattutto, è lui che fa girare la squadra.
Più passano le ore più si ingrossa il partito di Messi: dall’ex campione tedesco Matthaeus ad Allegri fino a Belen. Tutti convinti che la Pulce trascinerà in alto l’Argentina che prima dell’esordio si è trovata anche a fare i conti con l’inchiesta aperta dalla Fifa per lo striscione dei giocatori sulle Falkland-Malvinas. Si comincia questa sera, alle 19 locali (mezzanotte in Italia) a Rio. Toccherà all’Albiceleste ‘aprire’ il Maracanã contro la Bosnia di Pjanic e Dzeko.
Il sogno di tutti gli argentini, neanche a dirlo, è quello di giocare in questo stadio il 13 luglio la finale del mondiale. Se l’Argentina si fermerà prima riprenderanno fiato i parrucconi critici («Visto? Lo sapevamo. Leo non è come Maradona»). Altrimenti racconteremo di quella Pulce gigante che dopo aver messo, ancora una volta, a tacere tutti proverà a zittire anche il Maracanã. Come è riuscito solo a Ghiggia, al Papa e a Frank Sinatra.
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